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Racconti sulla nostalgia

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IL '68 di MARA

Mara si trovava dietro un alto finestrone dell'Università. La vetrata nella parte superiore era quasi opaca per la polvere ma in basso si riuscivano a scorgere con chiarezza tutti i dettagli del palazzo di fronte.
Sul cornicione numerosi uccelli svolazzavano di qua e di là.
Un piccione aveva appena pulito col becco il suo bel piumaggio iridescente ed ora stava compiendo numerosi giri di corteggiamento attorno ad una femmina.
Questa, dal testino più dolce e corpo snello, fingendo indifferenza si postavacontinuamente ma appena l'altro si distraeva cercava di interessarlo tubando
Mentre era così attenta ad ammirare quello spettacolo, Mara fu colpita da un vociare nel cortile sottostante.. Un folto gruppo di studenti parlava piuttosto animatamente.
Presa dalla curiosità scese e si fece spazio per capire cosa stesse accadendo.
Si discuteva di occupazione
A Nantes in Francia c'erano state già le prime agitazioni, la Sorbonne era stata occupata. Anche in Italia stavano scoppiando le prime proteste universitarie.
Tutto sembrava così strano ed eccitante a Mara abituata ad una scuola dogmatica ed autoritaria. Sotto certi aspetti si sentiva fuori luogo là ma voleva capire, interessarsi a
quel nuovo fenomeno che cambiava le sue certezze.
Nella sua vita scolastica non aveva nemmeno mai sentito parlare di scioperi! E così la sera restò là, all'interno dell' Università con gli altri, a vedere, a capire.
Iniziarono serate straordinarie e diverse per lei : riunioni politiche tra il fumo di sigaretta, il suono di chitarre, l'odore del ciclostile.
Si fumavano le Nazionali Blu senza filtro perché ricordavano le più nobili "Gouloises" francesi e per nobilitarle scherzando si erano soprannominate "N bleu".
Si passava la sera a scrivere e disegnare tatzebao da affiggere ai muri con i compagni.
Mara era così presa da quelle novità che di

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   5 commenti     di: MD L.


CARTOLIBRERIA STELLA

Ricordo ancora le volte che giocavamo a nascondino, quando per mano mi portavi alla “CARTOLIBRERIA STELLA”, che bello, la cartolibreria stella, quanto era comune questo nome ed ora è così insolito pronunciarlo in questo punto della mia vita. Mi manchi nonnino, sono passati dodici anni che te ne sei andato, ma come faccio a dimenticarti? Sai a volte ti penso con rabbia, perché penso a quanto hai amato la nonna e come la rivorresti vicina, ma ti prego sii più paziente che puoi, ci sarà tutta l’eternità per tornare insieme, e quando arriverà il momento ti prego stringila forte forte e non lasciarle mai la mano, fa che nel vederti lei non abbia paura.
Io desidero più di qualsiasi altra cosa poter tornare indietro nel tempo per rivivere almeno uno di quei momenti. Sarei indecisa fra un giorno qualunque, che bello definirlo qualunque beata me a quei tempi, un giorno qualunque che oggi è un giorno impossibile, beh dicevo un giorno in cui stavo da voi, sveglia presto, la nonna che ti sveglia e ti urla “nennì!”, ti chiamava così perché eri più piccolo di lei di un anno e tu la chiamavi “rusella”, oddio quanto mi manca la nonna che dal letto urlava “nennì acala a voce!”, sì perché quando lei era già a letto tu restavi in cucina a guardare la tv, nennì, nennì, nennì, rusellaaaa, rusè! I miei nonnini. Nonno, ho stampato il tuo volto davanti ai miei occhi, com’eri bello, anche quando la morte venne ad accoglierti fra le sue braccia, eri ancora bello e mentre te ne andavi anche l’ultimo pensiero fu per noi, vederci per l’ultima volta insieme. C’ero anch’io nonno sull’uscio della porta che guardavo, non so se te n’eri accorto, arrivai giusto in tempo dalla terrazza all’uscio per guardarti partire per sempre. Quante volte ti ho visto partire, da Ponzone, dalla casa di Castelvolturno, com’eri bello su quel treno che partivi, ma ti avrei rivisto, o quando ve ne andaste da Castelvolturno, un’altra bambina avrebbe preferito l

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La Spiga Incolta

PREFAZIONE DELL'AUTORE
Alcune precisazioni veloci. Essendo questo un insieme di ricordi di un uomo, il narratore( cioè io) ricorre a un uso che vi potrà sembrare esagerato di aggettivi: ma ciò è necessario, perchè aiuta il protagonista che ha vissuto una lunga vita a riportare alla mente i propri ricordi d'un tempo. Lo stile è leggermente diverso, credo sia un un nuovo esperimento, e spero lo apprezziate. Buona lettura.


Ricordo molto bene le terre in cui sono nato.
Ricordo le loro fattezze, gli arbusti e i fiori che le adornavano, gli odori che ne alternavano i giorni, le sorgenti limpide che inebriavano gli assetati, le distese dei papaveri che adombravano di rosso il cielo e addormentavano gli inquieti.
Ricordo soprattutto il mio piccolo paesello, che si allungava a settentrione al di là dei vetusti colli e di esso le stradine sconnesse, le osterie consunte, le case annerite, i mercati stracolmi di ogni bene, la piazza oblunga con la statua bronzea dell’indefesso lavoratore che dall’alto della sua monumentale austerità correggeva i paesani.
E ho in mente i compaesani, le loro facce impolverate, i contadini grevi ed accasciati, delle donne il pancione prominente, i bottegai stanchi, le commari affaccendate e i pargoli scalpitanti, colonna sonora più bella del mio piccolo, eterno paesello.
La mia casetta sorgeva in tutta la sua semplicità sulla congiuntura nord che si affacciava sulla piazza.
Di essa sono memore delle persiane scrostate e dell’umile facciata annerita dai primi smog delle nasciture automobili, e le scale dissestate che conducevano al salottino asciutto con annessa la cucina e l’adiacente camera da letto con il gabinetto e il necessario per l’igiene primario.
Mi ricordo il saggio tanfo della poltrona verde, l’unica tra l’altro che troneggiava nel salotto, che mi coccolava negli inverni più freddi, con l’ausilio della stufa in ghisa, regalatami anni prima che ivi mi trasferissi, da una contrabbandiere mio vecc

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Parentesi per un pensiero di riflessione

Mi sono domandato spesso scrivendo questo libro, se sia possibile che uno s'innamori del personaggio femminile che descrive, proprio come è accaduto a me. Me lo sono ripetuto più volte: no, è impossibile, è assurdo, lei è solo parto della mia fantasia. Eppure mi sono ritrovato molte volte a pensarla, a vederla raffigurata con gli occhi della mente, parlarle come fosse stata lì accanto a me, reale e non immaginaria. Il piacere di andarla a cercare fra le righe tutte le volte che mi apprestavo a descrivere i nostri incontri. Ogni volta mi sembrava che stesse a interloquire, come fosse reale, viva, presente, e di ragionare con lei nel modo più naturale del mondo, fino al punto di soffrire della sua passata sofferenza, del suo distacco da me. La sua voluta e forzata lontananza ha lasciato dentro di me un vuoto e una malinconia indescrivibile, come se non fossi stato io a concepirlo, perciò a volelo. Molte volte ho pensato che in quei momenti non fossi stato cosciente, oppure tutta questa sentimentalizzazione derivasse da uno sdoppiamenteo di personalità.



La città di mare Cap. III (Le finestre di Mara)

Abitava ora in una città di mare.
La pensioncina era in una stretta via,“ nu vic", un vicolo.
Dalla finestra con le persiane socchiuse arrivava un odore aspro di vino e, di tanto in tanto, il profumo di cibi cucinati tipici del luogo.
Le voci che si percepivano chiaramente avevano una musicalità, una cadenza del tutto estranea alle sue orecchie e le parlavano di un'altra realtà.
Mara era distesa sul letto e quella stanza le sembrava una sorta di isola tutta sua nel rumore della città, mentre si abbandonava alle riflessioni e ai ricordi.
Decise di scendere e si ritrovò, ben presto, quasi inghiottita dallo stretto vicolo in ombra. Alti palazzi e biancheria stesa la sovrastavano.
La pavimentazione di grandi lastroni grigi era bagnata. . Sentì un forte odore di lisciva.
Qualche donna dei "bassi" aveva gettato dell’acqua saponata dopo il bucato.
Passò davanti alla cantina, alla latteria, a gruppetti di bambini che giocavano e si diresse poi sulla strada principale che brulicava di gente ed automobili. Un' atmosfera vivace e confusa l’assalì quasi stordendola. Attraversò la”Piazzetta del Gesù” costeggiò le mura di “Santa Chiara” e presto giunse all’Università. Una piacevole sensazione d' indipendenza la fece fremere dentro e rabbrividire, mentre sentiva sulla pelle quell' odore di brezza marina e di nuova vita.

Il palazzo dell’Università, sorgeva in una piazzetta e arrivandoci Mara provò una certa emozione e agitazione. L’edificio era alto e maestoso con una architettura del 700, epoca in cui era sorto.
Prima di scegliere il ciclo di studi Mara aveva valutato diverse possibilità ma aveva deciso di iscriversi in quell’Istituto universitario per un doppio motivo. Era la più antica scuola di orientalistica del continente europeo e oltre ad insegnare le lingue era specializzata nell’ insegnamento delle letterature, della civiltà ed istituzioni dell’Europa.
L’altro motivo era affettivo, infatti vi

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Quanto è necessario...

Quanto è necessario sottoporre la propria anima ai patimenti e alle afflizioni quando si è divorati dal sacro fuoco dell’arte?
( Mah!?! )

Quando fu inaugurata nell’Ateneo universitario della gran città di * una pregiata mostra di pittura, gli organizzatori si trovarono d’accordo nel principio di emarginare il pubblico “grosso”, e a causa di una deplorevole cantonata sulla qualità della rappresentanza composta da Carmine e Patonsio?" in verità non solennizzati da austeri paludamenti (stante la irrinunciabile esigenza di libertà di manovra garantita da abiti…si dirà…confortevoli, in particolare quelli di Patonsio) ?" i nostri segnalati beniamini furono invitati?" attraverso la perentoria sollecitazione a guadagnare l’uscita?" ad inalveare altrove il proprio desiderio di tracciare nuovi confini nel campo della dimestichezza con le arti figurative, la qual cosa alimentò un rinnovato impulso a disseminare morte e distruzione nell’indole già esacerbata dell’eccellente Patonsio.
La spiacevole circostanza costrinse i due valorosi a non poter quindi riferire granché sull’evento principale, e invece nulla fu loro defalcato riguardo alla conoscenza?" che sarà infine posseduta in comune col benevolo lettore?" di fatti accessorî.
Che saranno qui di seguito riassunti.
***
Don Concetto Parrapicca, noto coltivatore di ciliegino sanguigno, e vera celebrità quale pappatore di interiora e succhiatore di un certo vinetto?" che possono celebrare a gloria il Signor Parroco di Castellazzo di Sotto, il fittavolo Signor Turi Magagna inteso Turi Giustizia (a motivo di una sua eccentrica disposizione a castigare incauti giovanottini di esitante identità sessuale), il Poeta etilista mistico don Fonfelmo di Perso e altri accreditati scienziati della materia?" uscì, in quell’occasione, come suol dirsi, fuori dai gangheri, e con ragione, contro gli screanzati dell’Ateneo.
Egli aveva un nipote a nome Gaetano, universalmente indi

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Marina ( tratto da Nato il 3 di Luglio )

Nel periodo che va dai 13 ai 20 anni, ho continuato a fare “scoperte”, per prima cosa ho scoperto l’amicizia, poi la politica, poi Parigi, poi Marina.

Sorella di un mio compagno di classe delle medie, perso alle superiori, ma non nella “vita civile”, i due erano soci (in realtà lo era il loro padre) di un Cral molto esclusivo e ben fatto e organizzato, in un antico nobile palazzone cittadino, ed io su loro invito, ho lì trascorsi molti pomeriggi della mia adolescenza.

Lì sono stato, come dire,”usato”, da Marina, un po’ come chaperon, un po’ come confessore, un po’ come amico/fratello/padre o non saprei definire meglio;

era di una bellezza travolgente, alta, mora, capelli lunghi, naturalmente arricciati alle punte, due gambe come colonne, minigonne al limite della umana sopportazione, labbra rosse sempre atteggiate a sorriso, una vera furia della natura.

Mi si sedeva addosso sui divani del circolo, mentre ascoltavamo musica, interrompendo le mie conversazioni col fratello, perché voleva che io stessi ad ascoltare i suoi sogni, o problemi, o i litigi fatti con qualche compagna di classe, oppure:” credi che se metto la camicia annodata così si nota che non ho messo il reggiseno?”
oppure: “fammi ballare con te e mentre balliamo avviciniamoci a quella coppia che devo cercare di sentire quella Cretina cosa dice a …” e lì il nome del suo innamorato di turno, o meglio il nome della sua vittima di turno.

Il tutto con una naturalezza, una freschezza sia fisica che morale, da lasciarti sempre, dico sempre a bocca aperta e con le braccia allargate, e, ovviamente, non potei fare a meno di innamorarmene, ma lei mi considerava, in perfetta buona fede, forse come uno specchio (specchio specchio delle mie brame..) o forse come la sua migliore "amica"!!!!!

I sudori che ho cacciato, i rossori che ho patito, i tentativi che ho fatto per togliermela “letteralmente” da dosso, almeno per non dover più soffrire di una sua

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   10 commenti     di: luigi deluca



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