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Racconti sulla nostalgia

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DELLA MIA REGIONE

Nei lontani anni 70, lasciai la mia terra natia
e venni a vivere in Lombardia, in un paese
molto accogliente, ma io molto sofferente, non
capivo niente, la gente mi guardava
continuamente.
Non fu' facile lasciarela mia adorata Versilia
il mare, le colline, le alte altitudini
le amiche a me care, e pure le mie abitudini...
Pero' devo dire mi ritrovai ad
ammirare la candida neve, soffice e lieve
un paesaggio imbiancato, puro e immacolato
io che non avevo mai visto la neve
cosi' da vicino, ne fui incantata
non l'avevo mai
neppure toccata
ne rimasi affascinata.!!!

   6 commenti     di: claudia checchi


L'Italia

Basta parole buttate al vento per avere l'applauso del popolo Italiano.
Quì non stiamo giocando una partita di calcio dove ci sfottiamo e Rosichiamo se la nostra squadra del cuore perde. Quì c'e' in gioco il futuro delle persone; dei giovani, dei meno giovani e degli anziani! un popolo intero che si trova nelle mani di questi personaggi che come nel poker, barano, facendoci credere di avere una scala reale quando in verità hanno solo una carta isolata.
Cari partiti è ora di fermarsi e riflettere, è ora che vi fate un esame di coscienza per capire cosa sta succedendo.
Tantissimi voti di protesta; ma voi vi state chiedendo il perchè?
vi siete accorti che c'e' stato un grande fallimento?
la gente è stanca di questa spazzatura che ogni giorno ci viene propinata, la gente vuole iniziare a respirare aria pulita, vuole poter credere, vuole poter tornare ad avere una speranza nel cuore.
L'Italia ha bisogno di rinascere, di spazzare via tutta questa corruzione, tutti questi ladri che hanno mangiato a nostre spese, che si sono permessi di Infangare e Umiliare una Nazione come la nostra, fregandosene di guardare verso il popolo, verso coloro che hanno la dignità di soffrire e guadagnarsi onestamente il pane.
È ora di cambiare, è ora di ridare a questa Italia la propria dignità, il proprio rispetto, è ora che quella poltrona non sia solo un trofeo, ma un ideale!
Non mi vergogno di essere Italiana, perché la mia terra non ha colpe, lei ha solo bellezze da scoprire, lei ci regala le meraviglie e ci mette a disposizione tutti i mezzi per realizzare i nostri sogni.
Gli errori sono stati fatti dal potere, da coloro che ci hanno violentati, strappandoci ogni diritto di esseri umani. Ma oggi dico Basta! È ora di cambiare, è ora di far emozionare questa Italia, che silenziosa aspetta in disparte qualcuno che la sappia amare.
Ora Basta!

   5 commenti     di: laura


Nonna Maria

La casa di Elena non distava molto da quella dei nonni materni: bastava percorrere qualche viuzza del paese, attraversare la piazza grande, una corsa in un prato ed infine il gioco era fatto.
Sua madre lasciava che la bimba si recasse a far loro visita tutte le volte che ne avesse voglia, da sola, con la sua bicicletta, cosa che la rendeva felice perché era abbastanza raro che la lasciassero girare senza qualcuno che la sorvegliasse.
Le strade dei paesi alle due del pomeriggio sono deserte, non vi passa anima viva perché è l’ora consacrata alla siesta pomeridiana, per cui anche una bimba di quell’ età poteva benissimo passeggiare senza timore.
Quel pomeriggio il cielo era terso; non una nuvola ad offuscarlo, era perciò l’occasione migliore per provare la nuova Graziella arancione che le era stata regalata da poco.
Si sentiva alta su quella sella e le sembrava di dominare la strada.
La mamma la salutò dalla finestra dopo le ultime raccomandazioni.
Elena promise che non avrebbe dato retta al suo istinto di sfrecciare veloce, che sarebbe stata cauta, ma soprattutto promise che si sarebbe recata solo da nonna Maria che l’aspettava sempre in quell’ora del pomeriggio.
Abitava in una grande casa insieme al marito e ad un figlio Orlando allora scapolo e si dilettava a fare delle ottime torte e montagne di polenta.
La stanza più frequentata della villa, era una grande stanza nell’interrato che faceva da cucina, arredata con mobili rustici, vissuti, carichi di ricordi.
La solita pentola d’acqua bollente borbottava sulla piastra della stufa a legna e c’era odore di pesce, forse di gamberetti al sugo che in quella famiglia amavano molto gustare insieme ad una bella fetta di polenta e ad un buon bicchiere di vino.
Il caffè era stato appena fatto e ce n’era sempre un cucchiaio, solo un cucchiaio per la più piccola.
Amava molto il sapore amaro di quella bevanda, purtroppo prerogativa dei soli adulti e si chiedeva quando sarebbe arrivato

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Il mio migliore amico

Voglio raccontarvi una storia.
Non è la storia della nascita di un supereroe o un thriller avvincente in cui l’assassino è svelato soltanto all’ultima pagina... e non è nemmeno una storia che tratta guerre e battaglie fra buoni e cattivi e che appassiona dall’inizio alla fine.
Non voglio raccontarvi nulla di tutto questo.
Questa è la storia di un uomo come tanti altri. Un uomo non diverso da tanti altri uomini. Un uomo con tanti pregi e tanti difetti, che aveva sogni e speranze come tutti noi.
Il suo nome era Mario.
Mario era una persona di quelle che forse non ti volti a guardarla per strada quando la incroci. Non era più alto di tanti altri né più bello o più brutto; forse era un po’ più in carne ma nemmeno troppo in fondo. Io non l’ho conosciuto per tanti anni ma posso dire di avere avuto la fortuna di poterlo chiamare amico. Ho imparato da lui cosa significasse veramente questa parola e non ho mai trovato nessuno dopo di lui, per il quale provassi un attaccamento del genere.
Forse era dovuto al fatto delle cose che avevamo in comune. Eravamo entrambi appassionati di cinema, anzi lui lo era molto più di me e devo ringraziarlo per avermi aiutato ad alimentare questa passione che conservo tutt’ora. È stato grazie a lui se ho amato ed amo il cinema di Sergio Leone; poche persone della mia età apprezzano questo regista e le sue opere e tanti non sanno davvero quello che si perdono. Devo ammettere a me stesso di essere stato riluttante a mia volta al principio, ma i dubbi hanno fatto molto presto a scomparire.
Era bello restare seduti sul divano di casa sua e passare interi pomeriggi guardando le pellicole che tanto lo appassionavano e che lui teneva molto a condividere con me. Mi ha sempre trattato come fossi un suo pari, anche se aveva parecchi anni più di me. Non mi ha mai deriso o detto che non avrei mai potuto raggiungere un obiettivo e quando parlavo, mi ascoltava interessato come io facevo con lui.
Come due veri amici ci complet

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A Natale nasceva Gesù Bambino!

Meno di 25 anni fa ero solo una bambina.
Fa un certo senso dire “25 anni”. È un periodo così lungo eppure sembra proprio qui dietro l’angolo.
Nei giorni dell’Avvento, non appena faceva buio, dal campanile della chiesa si spandevano le note delle più classiche canzoni di Natale: “Tu scendi dalle stelle”, “Bianco Natale” …. Merry Christmas si cantava solo in TV.
Mi piaceva stare ad ascoltarle sul balcone di mia nonna, seduta su una piccola e vecchia sedia impagliata ed intanto annusare l’aria foriera di neve o forse solo di freddo.
A volte la neve arrivava davvero ed era uno spettacolo. Fuori in strada a giocare e poi dentro al caldo, gote rosse e mani gelate!
In classe si faceva il presepe con il muschio vero che si prendeva nel bosco e ognuno di noi portava una statuina. Chi voleva una pecora vicino alla capanna, chi la voleva ad abbeverarsi vicino al laghetto di carta stagnola, chi invece la voleva addirittura nella capanna insieme all’asinello ed al bue così il bambino si scaldava di più …… cosicché, prima ancora dell’inizio delle vacanze, pastori e pecorelle avevano già visitato tutto il presepio … Qualcuna, vagabonda, sconfinava anche nella zona desertica dedicata ai Re Magi che, da lontano, si accingevano ad attraversare il deserto per portargli oro, incenso e mirra e non i torroncini della Condorelli. Anche il deserto era preparato con cura, vera sabbia di mare conservata dalle ultime vacanze per l’occasione.
La recita scolastica, le canzoni cantate in coro, chi era bravissimo imparava anche una poesia e l’ultimo giorno di scuola si tornava con il lavoretto per i genitori preparato in classe.

La mattina di Natale sveglia in fretta per vedere i doni che aveva portato Gesù Bambino!
Già Gesù Bambino, proprio quello del presepe, quello della messa cantata di mezzanotte, quello che nasceva al freddo e al gelo in una capanna di Betlemme, con solo il bue e l’asino a riscaldarlo. Me lo immaginavo, poverino,

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   0 commenti     di: Silvia Frigerio


1-un pomeriggio in areoporto-

Sono seduto sulla poltrona dell'aeroporto. Sono le cinque di una domenica pomeriggio nuvolosa e triste. Mi capita spesso di venire qui da solo, mi piace vedere la gente che viaggia; c'è chi parte, chi arriva, chi aspetta l'abbraccio di una persona cara in ritorno e poi ci sono io.
Con me non ho nulla per viaggiare, niente biglietto, niente valigia, niente soldi, solo la voglia di partire, tanta voglia, ma dove? Sul tabellone delle partenze non c'è tanta scelta, comunque le destinazioni sono abbastanza interessanti. Tra le mie preferite ci sono Londra Stansted, Barcellona Girona e New York JFK.
Manca poco meno di un'ora alla partenza di un volo per Londra. Vicino al banco del check-in si affrettano i ritardatari per mostrare la loro carta di imbarco. Proprio adesso sta arrivando una giovane coppia inglese con un bambino. Sembrano sereni soddisfatti, felici, staranno forse tornando a casa loro dopo una lunga estate passata al mare, forse dai loro parenti. Quello che dovrebbe essere il marito indossa una t-shirt celeste con un paio di pantaloncini avana e infradito ai piedi. Mi vengono i brividi solo a vederlo conciato in quel modo visto che io sono ricoperto da giacca con tanto di maglia di lana. Guardandoli mi chiedo che lavoro fanno, perché sono qui. Dal loro aspetto si può scorgere l'immagine di una classica famiglia inglese, con una vita tranquilla nella periferia di Londra ed un lavoro modesto. Mi piacerebbe stare insieme a loro, far parte della loro armonia, partire, volare via. Ma a Londra non ci sono mai stato! Dove vado? E poi non so una parola di inglese, le uniche cose che so, le ho imparate alla scuole elementari.
Ricordo che la maestra ci insegnava l'inglese con delle marionette con il nome dei frutti, e tra queste, la mia preferita era il pomodoro: tomato. Per il resto il mio livello è abbastanza basso, non saprei comprarmi neanche una bottiglietta di acqua. Comunque sia, Londra è una città bellissima. Me ne ha sempre parlato mio frate

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Sabato

SABATO

“ Verrà un giorno dove il cielo sarà piu vicino….”

È sabato. La campanella suona e gli alunni corrono entusiasti verso l’uscita. Varcato il cancello principale, i loro sguardi ne cercano uno complice. Simone non riesce a vedere nessuno, c’è troppa confusione, e la leggera pioggerellina autunnale diminuisce ulteriormente la visibilità. Di solito non tarda, lui è un tipo preciso, puntuale. Ha fatto la guerra, sa cos’è la disciplina. Vicino alla sua Panda blu, si sbraccia e chiama a gran voce il nipotino.
“Ciao nonno” - esordisce Simone?"“oggi abbiamo fatto il tema”- gli comunica eccitato.
“Oh bene” ?" esclama entusiasta il nonno?" “e che cosa hai scritto di bello?”- gli domanda, mentre lo aiuta a sfilarsi lo zaino.
“Ho scritto tre pagine lunghe così”, dice posizionando le mani a una certa distanza nell’aria.
“Bravo”. Il nonno sorride e apre la portiera con la mano libera. Reclina il sedile e posiziona lo zaino dietro il suo schienale. Sistemato il sedile infila una gamba, si siede, poi l’altra. Con un movimento rapido del braccio chiude la portiera. Mentre sta per mettere la chiave, si volta verso destra. Dietro il finestrino appena appena appannato, c’è il nipotino in piedi dove l’aveva lasciato. Muove solo le pupille, a cercare quelle del nonno, che gesticolando gli fa cenno di salire. La pioggia ora è più forte. Simone la sente battere sui capelli sempre più bagnati. Apre la portiera e sale. La chiude quel tanto che basta.
“Hai deciso di prenderti un raffreddore?”.
”Beh, che succede?”gli domanda il nonno posandogli una mano affettuosa sulla guancia umida.”Nonnooo…”inizia il bimbo guardando distratto le macchine passare. ”Si, dimmi…” dice una voce premurosa. “Com’era la nonna?” riesce a dire Simone, cercando nuovamente gli occhi del nonno. Egli è un po’ sorpreso, poggia le mani sul freddo volante e risponde:”La nonna? La nonna era…”- sospira e prende fi

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   1 commenti     di: Matteo Zanetti



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