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Racconti sulla nostalgia

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le mie ali... rattoppate

... amavo volare...
come il gabbiano Jonathan le ali mi facevano salire ad altezze vertiginose da cui mi tuffavo fino a sfiorare... il mare, poi risalire ancora sempre più su fino quasi a toccare il cielo ed ancora planare fluttuando dolcemente fra le nuvole...
Cresciuta a pomeriggi di studio, pane e nutella e Azione Cattolica (gli adolescenti della mia generazione erano suddivisi in due sottinsiemi complementari : Azione cattolica e " partito")
sognavo...
sognavo come tutti di cambiare il mondo
sognavo girotondi di mani colorate
e poi...
amavo cantare, amavo gridare la mia voglia di vento nei capelli o di quell'acqua davanti agli occhi che mai avrebbe arrestato la mia corsa...
vedevo il sole nei vicoli più bui
vedevo stelle luminose sorridermi
vedevo questa " palla" ruotare non solo nel verso sbagliato...
... poi lentamente la nuova vita adulta, decisamente terrena, dapprima mi cullava e poi mi avvolgeva nelle sue spire...
Ma le mie ali dov'erano finite?
per anni invano le ho cercate!.. nulla...
dovevano essersi disintegrate, forse completamente atrofizzate o... banalmente dimenticate chissà dove...
Senza il loro aiuto ho riprovato a volare: un balzello con un piede poi con l'altro, infine con entrambi e faticosamente ho spiccato il mio primo piccolo... bassissimo volo...
Testarda, cocciuta ho continuato imperterrita nei miei allenamenti; sono riuscita ad inciampare, a cadere, a rialzarmi...
Poi un riflesso luminoso e nei meandri della mia memoria. un ricordo lontanissimo che mi scuote e mi fa correre nella mia vecchia stanza, da anni perfettamente in ordine, dove le ritrovo appoggiate sulla poltroncina accanto al letto : irriconoscibili, malconce, ingrigite, addirittura bucate...
Con polvere di fata le ho pazientemente ricucite, rammendate ed ora con queste ali rattoppate sono pronta. a spiccare il volo verso quel mondo di mani colorate già pronte ad afferrarmi per farmi entrare nel loro girotondo.

   9 commenti     di: alice costa


Spliff

Dal mio ufficio vedo rossi palazzi, tinte salmone e mattone strisciate di bianco e di vetri lucenti. Mi torna in mente che devo lavare i vetri della mia finestra. Ma so che me ne dimenticherò prima di tornare a casa.
Accanto a me una scala anti-incendio. Di fronte una via trafficata da formiche-automobili di variopinti colori, guidate da stanchi conducenti in doppiopetto grigio.
Ai margini della strada i campi. Gialli di grano appena raccolto e cilindri di fieno sbiadito. Verdi di erba tagliata da poco e cespugli di rovi spinosi.
Un autobus arancione si erge solitario. Avanza con passo lento, maestoso, un po' vacillante. Il conducente è stordito dal suo spliff mattutino, pensieroso per l'ultimo litigio con la sua donna, dolorante per quello zoccolo di legno, con rinforzi in ferro bruciato, che ha centrato il suo occhio destro. Era primo mattino. I suoi riflessi appannati, i movimenti lenti. Così ha raccontato ai suoi amici al bar della stazione, tra un caffè e una sigaretta che aspirava lento.
Una scusa. I suoi amici lo sanno. Dieci anni fa avrebbe scansato il proiettile a occhi chiusi. Oggi è troppo vecchio.
E lei? Lei è invecchiata nella bellezza delle sue forme, non nella forza dei suoi lanci, nella precisione della sua mira, nella velocità con cui si chiude nel bagno, sfuggendo alla sua ira e alla sua vendetta.



Spicchi di emozioni

Lungo i bordi della Senna, i soliti suonatori di colore.
Suoni tristi all'inizio e un crescendo di melodia briosa, poi.
Jazz.
Parigi si crogiolava nel suo fascino.

I "Sans Papiers" pulivano e ripulivano la città, per poi scomparire alle prime luci dell'alba.
Non avevano il diritto di calpestare le foglie morte.
Nell'aria le note del Passerotto.
La sua voce aveva commosso e dato speranza a tutto il paese.
I Francesi e non solo, l'ameranno per sempre.

Con Monique, si stava bene.
Amava il sole Lei, ed Io le stelle.
L'amore per le cose belle e i venti anni di età.
Vian, Brassens, Mouloudji e Brel, i nostri idoli.
" Le jeune Mendiant " il dipinto che rinnovava le emozioni.
"Le Voyage", impresso nel nostro sapere.

.
Dall'alto di un palazzone, ammiravamo l'intricato panorama delle tegole selvagge,
tese a soffocare la libertà della Canaglia parigina.
Canaglia che, durante la Rivoluzione, aveva dato il suo sangue.
Hugo, Balzac, Sue, Céline ed Altri, avevano saputo pennellare istantanee
di un mondo che, per loro merito, non si dissolveranno nello spazio.
Ogni angolo visualizzato, uno squarcio di autentica e immortale poesia.
Con tante chiese, la primavera nasceva sempre contenta.

Non è un Cimitero e non è nemmeno luogo della memoria.
Père Lachaise è posto d'incontro, dove gli appuntamenti sono assai importanti.
È noto ai più, dopo l'approdo di Jim Morrison.
Qui si possono scambiare quattro chiacchiere con Chopin, Modigliani, Wilde, Abelardo,
Eloisa, Bizet, Champollion, Delacroix e tanti altri Amici, cui saremo sempre debitori.

Prima di rientrare al mio paesello, mi fermai una settimana in Val d'Isère.

Il paesello mi stava stretto e me ne andai alla masseria.
Mi piaceva ascoltare le storie vere e in questo mia madre era una vera artista.
" Alè, te l'ho raccontato di quella volta che i Tedeschi volevano..."
" Non lo ricordo bene, ripetimelo per favore"
La Colf aveva sempre una buona ragione per allontanarsi, in quelle cir

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   10 commenti     di: oissela


Foglie secche

Ero giovane a quel tempo, molto più giovane di ora. Nella vita i ricordi si accavallano, si accoppiano, scoppiano, si riproducono, fanno famiglia, alcuni cambiano sesso, altri cambiano nazionalità mentre altri parlano in una lingua sconosciuta. Ciò che voglio dire è che i ricordi finiscono per diventare delle grossissime sfere di materia informe, roba malata dove puoi trovare la gioia e il dolore. Questa grossa palla di ricordi, davvero disgustosa, credetemi, se ne sta nella nostra testa. Alla mia età, ormai, non sento nemmeno più il bisogno di infilare le mani in quella sfera molliccia per estrarre qualcosa di significativo. Il tempo storpia molti ricordi, il tempo e i ricordi sono nemici e allo stesso tempo compagni inseparabili.
Ma mi sto confondendo, probabilmente la colpa è di quella stupida coppia che abita sopra di me. Sesso, sesso e solo sesso tutta la notte. Inizialmente ispiravano la mia scrittura ma ora sono solo una terribile distrazione. Torniamo a noi, sessant'anni di vita non si cancellano in pochi secondi ma non si recuperano con facilità. Quando però provo a cercare qualcosa nelle mie memorie si formano due piccoli settori: Un settore formato dalla palla di ricordi confusi che ho già descritto e un altro settore formato dall'autunno di quarantacinque anni fa. Come ho già detto all'inizio di questo racconto ero molto giovane a quel tempo. Me ne andavo spensierato per la città e non mi ponevo alcun problema, beh, un problema c'era ma ormai non mi sembra più una cosa così importante. A quel tempo, il mio problema, erano le ragazze! Così belle, tutte diverse e tutte attraenti, a volte, nel vederle da lontano, veniva l'istinto di correr loro incontro per stringerle il più possibile.
Dannate ragazze, sempre così colorate, profumate, sorridenti, tristi, piangenti, oscure, misteriose, scherzose, giocose, maledette. Fottute ragazze.
In quell'autunno, parliamoci chiaro, giravo per la città alla ricerca di qualche avventura amorosa che

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   2 commenti     di: Andrea Pezzotta


Il venditore di grappa

Mi ricordo una sera al bar, parlando con alcuni amici, eravamo andati sul discorso di lavori che oramai non esistevano più e ne abbiamo elencati alcuni.
Più tardi nel ritornare verso casa, mi ricordai di quando ero bambino e trascorrevo le vacanze dai miei nonni.
Ed è stato proprio durante una di quelle vacanze estive che vidi per la prima volta un anziano signore dalla apparente età di circa cinquant'anni con una vecchia bicicletta entrare nel cortile del nonno.
Con un sorriso lo salutò, poi iniziarono a parlare.
Io anche se piccolo ero abbastanza curioso e mi avvicinai per capire di cosa stessero parlando ed è stato in quel momento che il signore con la bicicletta mi guardò per poi chiedermi:
“Anche tu piccolo vuoi assaggiare questo liquore speciale?”
Io lo guardai esterrefatto, 'chissà cosa mai vorrà farmi assaggiare, pensai tra mè.
Il nonno, nell'udire quelle parole mi guardò poi mi fece un piccolo sorrisetto, io avevo un certo timore del nonno, una persona molto alta per quei tempi, con un paio i baffetti da sparviero, come direbbe un comico che vidi un giorno in televisione.
“Vai a prendere un bicchiere Bepe,” Disse in quel momento il signore arrivato con la bicicletta e nel dire questo lo vidi rimuovere una coperta la quale nascondeva un cesto al cui interno mi sembrò ci fosse una ruota di un automobile.
Io rimasi sbalordito a guardare, mentre il nonno si allontanò per ritornare subito dopo con un piccolo bicchiere.
“Dai fam tastà se lè bunò.” Disse il nonno.
Quel signore piegò la ruota che aveva nel cestello e aprì una valvola, rimasi sorpreso nel vedere che non ne usciva dell'aria, come pensai, ma una specie di liquido bianco.
Dopo averne versato solo alcune gocce nel bicchiere, quel signore chiese nuovamente al nonno:
Dai Bepe, bef e dim se lè bunò?”
Il nonno dopo averla assaggiata esclamò:” Bunò!” E subito dopo ritornò in casa dove poco dopo uscì con una bottiglia che quel signore si affr

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   0 commenti     di: Giuseppe Loda


Solo un misero giorno di pioggia

in questo misero giorno di pioggia, rinchiusa dentro quattro mura, il mio pensiero va a te, mio tenero amore. se solo potessi vederti, sfiorarti o addirittura toccarti, sarebbe il regalo più grande che dio potesse farmi. oh mio perduto amore, mio effimero ricordo, per oggi, in questo misero giorno di pioggia, dedico tutte le mie scongiure, paure, dolori. ricordati solo di una cosa, la nostra promessa infrangibile che ci lega l'una all'altro.



Giochi di un altro tempo

Tremola la fiammella, della lanterna ad olio, ad ogni minimo movimento.
I muri, della vecchia cucina, emanano un odore stantio di fumo e umidità, e il camino porta ancora le tracce del nero fuligginoso di legna arsa secoli fa.
Scricchiolano le assi, della scala di legno, sotto i passi leggeri di bimbi curiosi.
Si stacca il corrimano, pasto dei tarli, al primo che si appoggia. Al piano superiore, solo finestre e balconi che il tempo ha segnato senza pietà, mentre i vetri rotti lasciano passare spifferi giocosi.
Silenzio!
C'è qualcuno che si muove in soffitta!
Un fantasma... le tavole di legno marcito non reggerebbero un peso umano.
Respiri trattenuti, timorosi, con la voglia di scappare... poi, il solito burlone scoppia in una risata fragorosa... sono topi!
Brividi di orrore, seguiti da un frastuono di scarpe che percorrono la scala a ritroso.
Via, via, via... e finalmente, l'aria fresca di una notte tempestata di lucciole.

   6 commenti     di: Marisa Amadio



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