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Racconti sulla nostalgia

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In ricordo di voi

SO, CHE SCRIVENDO QUESTE RIGHE NON POTRO' MAI ASSOTTIGLIARE UNA COSI' GRANDE ASSENZA,
MA SEMPRE PIU' FORTE CRESCE IN ME IL DESIDERIO DI RIPRENDERVI E DI TENERVI TRA LE MIE BRACCIA, E DI SENTIRE QUELLA SICUREZZA INTERIORE CHE MI HA SEMPRE ACCOMPAGNATO A SUPERARE LE SOFFERENZE DELLA VITA QUOTIDIANA.
MI SONO SEMPRE CHIESTO SEMMAI UN GIORNO IO AVESSI CONOSCIUTO IL VERO SIGNIFICATO DELLA PAROLA AMARE; MOLTE ERANO LE INCERTEZZE CHE SI ACCAVALLAVANO NELLA MIA MENTE <AMARE E PASSIONE SONO DUE COSE INSEPARABILI?>, < PERCHÈ NON PUO' ESISTERE AMORE SENZA PASSIONE?>
ORA PIU' CHE MAI HO CAPITO CHE DENTRO A QUELLA PICCOLA PAROLA SI ESTENDONO FILI E LEGAMENTI INFINITI E PIENI DI TANTA GIOIA E RICCHEZZA INSOSTITUIBILE, E TANTA ENERGIA DI VITA SPIRITUALE, CHE NON HA NULLA A CHE FARE CON LA PASSIONE. LA VERA MEDICINA RIGENERANTE È IL GRANDE SAPERE CHE QUALCUNO TI DESIDERA PER QUELLO CHE SEI DENTRO, E SI STRINGE A TE PER SOLA ATTRAZIONE MORALE E NON FISICA, E TU TI LEGHI A LORO PER LA VITA SENZA VINCOLI E SENZA OBBLIGHI MORALI, MA PER SEMPLICE ISTINTO INTERIORE CHE MAN MANO PASSA IL TEMPO DIVENTA SEMPRE PIU' UNA CERTEZZA RIGIDA E FORTE CONTRO OGNI PERICOLO E MALE.
SCRIVO NON PER SPIEGARVI IL SENSO DELL'AMARE, MA PER UNIRE RICORDI BELLI MA DOLOROSI ALLA LORO ASSENZA E PER CERCARE QUEL MODO DI RIVITALIZZARE E RICOSTRUIRE L'IMPOSSIBILE, CHE ORMAI È UNICA REALE CERTEZZA; L'UNICA FORZA CHE SEPARA L'AMORE È LA MORTE, IL DISTACCO DOLOROSO DAI TUOI AFFETTI PROFONDI; NESSUNA FORMULA CHIMICA O MATEMATICA PUO' RESTITUIRE I TUOI AFFETTI; L'AMORE CONTINUA AD ESSERE SEMPRE PIU' FORTE ANCHE NELLA LORO ASSENZA, MA NON ESISTE PIU' GIOIA, MA UN GRANDE DOLORE E UN VUOTO NELL'ANIMA CHE NON PUO' ESSERE COLMATO DA NESSUNA GOCCIA MEDICA, E VIVI IN UN PRESENTE ORMAI ASSENTE. ED ORA CHIEDO A VOI CHE LEGGETE QUESTE RIGHE, SE PUO' ESSERVI CAPITATO MAI UNA SIMILE COSA DOLOROSA, CHE NON SO AL MOMENTO SPIEGARE ED

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   1 commenti     di: ANDREA


A deafening distance

Nevica sulla spiaggia, e orizzonte è una bella parola. Orizzonte sa di mora come di San Diego, stringe a sè fotografie in notturna ma ricorda le luci dell'alba tra i pini, le luci che ti danno un buffetto sulla guancia, quasi non fossi riconoscente per la strada che si snoda e la rugiada che ti riflette. Orizzonte svela il tempo che scorre, nella risacca che frantuma gli attimi e quasi trascina via i frammenti. Orizzonte indossa un buffo vestito da pagliaccio e porta ancora i segni sul collo di quella volta sotto le mura. Orizzonte carezza. Comodo giaciglio per anime stanche di esistenze risolte in carta rosa, appassite in ogni parola annoiata da se stessa - le ancore cave, i ponti cancellati.

E ancora ballarsi via le rughe dal Tennessee ai sedili posteriori, con la vita nella tasca destra e un'altra storia che non racconteremo mai, tenuta insieme col biadesivo scadente - si fa giorno. Cercando invano un po' di calore tra braccia che rifuggono la luce del sole e parlano di comete dietro le nuvole. Chiedendoci quante volte ancora. Quante parole, quante facce, quanti chiodi. Quante volte, e un'altra ancora.



Una margherita

Una tavola apparecchiata, cosa si festeggia? non lo so, un compleanno, un Natale, una festa rivedervi tutti.
E a me non mi saluti? Mia nonna, la spilla sul vestito con le perle bianche, quella delle grandi occasioni, ciao quanto tempo... mio padre affetta il pane, mia mamma non ha tempo deve sempre far qualcosa, la vedo correre come sempre.
Ed io che ritorno bambina a farmi coccolare, parlaci di te, ho lo stesso sguardo basso che sembra imbronciato, ma non lo è e il cuore che scoppia nella gola, fingo indifferenza eppure sono davvero felice, scrivo pagine di gioia, scrivo di sapori che non ho più sentito, scrivo, anche a tavola, scrivo sempre. Eppure non sembra passato, vi vedo tutti ringiovaniti, con la forza degli anni migliori, il cielo adesso è fuori, non lo sto cercando, mi bastano quattro pareti e un tavolo, metti via quel foglio e quella penna e stai composta, mio padre severo quanto basta, per fare rispettare le regole che anche se mi stanno strette sono un bel vestito da portare, quel paio di scarpe di vernice nera che mi ostinavo a portare anche se mi facevano un po' male, ma erano troppo belle per potere rinunciare, mi facevano sentire importante.
Una bicicletta, un regalo, non capisco se è il mio compleanno e voi che mi augurate di andare lontano, ma io non voglio, vorrei tanto restare qui e fermare il tempo, non mi interessa quella strada la fuori è troppo in salita ed è ripida la discesa, per chi si sveglia all'improvviso.
Il giorno sta quasi spuntando dietro la tenda lavata di fresco, abbiamo fatto quasi l'alba e il tempo è lui che vince sempre è già arrivato, vi vedo allontanare dietro il finestrino di un sogno...
Vi prego... tornatemi a trovare, ho ripreso a scrivere, adesso scrivo di voi, il mio letto è diventato un prato in cui cercare una margherita, questa che ora vi dono.
La festa è finita.

   2 commenti     di: laura marchetti


Ricordo

Succede spesso, arrivati ad una certa età, di andare a dormire e di non poter prendere sonno. Allora si pensa ai fatti nostri, alla nostra famiglia, ai nostri morti.
Sovente la memoria va ai tempi passati, ai primi anni della nostra vita,
proprio quando eravamo bambini.
Come in un sogno ecco cosa mi è venuto in mente.
Da bambino, al mio paese ci saranno state non più di mille persone.
Tre file di case, una dietro l’altra, quasi tutte uguali: tutto li.
A mezzogiorno tutti a casa; alla sera, d’inverno, tutti nella stalla. Quasi tutti avevano del bestiame: il bue, la mucca, vitellino, la capretta: i più ricchi, due buoi e un cavallo. Per il trasporto dell’uva e del fieno, il carretto e il carro.
I cortili erano tutti uguali, e non mancavano conigli e galline.
Tutti avevano una o più vigne e lavoravano fino a quando riuscivano a trascinare le gambe.
Tutte le famiglie si facevano il vino. Quando tutta l’uva era in cantina, nei tini, gli uomini più robusti si mettevano scalzi, danzando sui grappoli, pigiavano fino a mezzanotte. I ragazzi e le ragazze, scherzando e cantando pigiavano nelle tinozze, alla fine, una pentola di acqua calda per lavarsi le gambe rosse come il sangue e togliersi le bucce che rimanevano tra le dita dei piedi.
Si conoscevano tutti: i giovani si davano del tu; ai vecchi, del voi. Al parroco e alle maestre”Riverisco”.
Quando ci si incontrava si salutava: buondì, buonasera. Vieni, vai, andiamo? Se c’era una festa, una ricorrenza, una sepoltura: tutti presenti.
Per la riparazione delle strade si stabiliva il giorno e vi partecipava un rappresentante per famiglia.
Tutti nel loro pezzo di terra, vigna o campo, seminavano grano, mais, fagioli, patate: un po’ di tutto.
A seconda delle stagioni, al venerdì, si vedevano le donne che facevano la fila, con cesta in testa e bambino per mano, sette chilometri per andare al mercato a Nizza monferrato
a vendere una coppia di polli, una dozzina di uova, una cesta di moscato pe

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   8 commenti     di: Gian AR


Ricordi di quand'ero bambino

Ero un bambino, mano nella mano alla zia che mi portava in giro per la città a "vedere" quel che succedeva e scoprirne le usanze più tradizionali.
Quel che maggiormente attirava la mia attenzione, e la mia curiosità, era vedere i Vigili nella loro divisa sempre perfetta, fare il saluto - alla fine del proprio turno di lavoro - al collega che lo rilevava dalla sua predellino di legno al centro dell'incrocio di competenza da dove dirigeva il traffico cittadino.
Non c'erano tanti semafori come adesso e il loro compito era veramente importante e decisivo.
Ma soprattutto ero affascinato dalla cittadinanza che si riuniva nella piazza centrale della città - Piazza De Ferrari - (a Genova) in occasione dell'Epifania, per portare il proprio dono ai vigili che erano molto amati, specie da noi piccoli.
Un segno di gratitudine e di ringraziamento per il servizio svolto a favore del cittadino.
Chi portava un pacchetto, chi una bottiglia di vino, chi un pandolce... tutti insomma celebravano quel che era divenuto un rito affascinante agli occhi di noi bambini, ma che rinfrancava lo spirito anche dei grandi.
I Vigili erano esclusivamente genovesi - era una regola comunale di allora - e vigeva ancora l'altezza di 1 metro e 75 cm.
Già sognavo di essere adulto e di indossare quella divisa che mi avrebbe soggiogato per tutta la vita, anche adesso che ho raggiunto quasi i 70anni di età!
Oggi purtroppo quel rito è andato perso nel dimenticatoio; i vigili non sono più amati come una volta e col subentro delle vigilesse tanti nuovi problemi si sono affacciati nel Corpo non più formato da soli genovesi ma divenuto eterogeneo.
Non si fanno più i regali, anzi, quasi nessuno conosce questa vecchia usanza nota solo a noi del '40 o giù di lì.
Peccato davvero, era un momento di unione fra cittadinanza e pubblici funzionari che mi è rimasto indelebile nel cuore come un bellissimo ricordo da riportare su queste poche righe per chi non ne fosse a conoscenza.

Chissà...

   42 commenti     di: Bruno Briasco


Parentesi per un pensiero di riflessione

Mi sono domandato spesso scrivendo questo libro, se sia possibile che uno s'innamori del personaggio femminile che descrive, proprio come è accaduto a me. Me lo sono ripetuto più volte: no, è impossibile, è assurdo, lei è solo parto della mia fantasia. Eppure mi sono ritrovato molte volte a pensarla, a vederla raffigurata con gli occhi della mente, parlarle come fosse stata lì accanto a me, reale e non immaginaria. Il piacere di andarla a cercare fra le righe tutte le volte che mi apprestavo a descrivere i nostri incontri. Ogni volta mi sembrava che stesse a interloquire, come fosse reale, viva, presente, e di ragionare con lei nel modo più naturale del mondo, fino al punto di soffrire della sua passata sofferenza, del suo distacco da me. La sua voluta e forzata lontananza ha lasciato dentro di me un vuoto e una malinconia indescrivibile, come se non fossi stato io a concepirlo, perciò a volelo. Molte volte ho pensato che in quei momenti non fossi stato cosciente, oppure tutta questa sentimentalizzazione derivasse da uno sdoppiamenteo di personalità.



Pensandoti

28 maggio 2009

Ore 9, 15
Io…………………….
Ma come sono fatto!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ti sento, è come se i migliori suoni degli uccelletti che sono nelle foreste rallegrino il mio spirito e i miei occhi vedono tutto rosa.
Ti vedo, divento come un ghiacciolo, mi sciolgo solo a guardarti nei tuoi dolci occhi di un azzurro splendente.
Non ti sento allora la tristezza mi invade e i miei pensieri frullano come le eliche di un ventilatore e mi raffreddano tutto il corpo.
Allora penso: dove sarà, cosa farà, perché alle mie chiamate non risponde? Cosa ho fatto, forse qualcosa che le è dispiaciuto? Sono troppo assillante con te? Se questo fosse sarebbe perché ti vorrei sempre vicino a me.
Non sono mai sazio della tua presenza, lo dimostra il fatto che quando ci lasciamo, appena due minuti dopo, mi sembra un'eternità che non ti vedo e non ti sento.
Credo che tu lo sappia che la mia gioia è vederti sorridere e ancora di più vederti ridere.
Se vedo tristezza in te mi viene da pensare che qualcuno o qualcosa di cattivo ti sia stato fatto e questo intristisce anche me, perché la tua gioia è la mia gioia la tua tristezza e la mia tristezza.
Quando ieri cercavo di scrivere la lettera di ringraziamento e non riuscivo ad andare avanti, tu dicesti che solo col cuore si riesce a trovare il filo del discorso, hai pienamente ragione, come vedi in pochissimo tempo sono riuscito a mandarti un SMS e scrivere queste poche parole, ma tutto è uscito con tanta facilità perché come hai detto è il cuore che le detta.
Sei la mia felicità e per questo non smetterò mai di ringraziarti.
Un abbraccio e un bacione grandissimo. Giorgio.

   1 commenti     di: giorgio giorgi



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