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Date un bacio alla Russia

Agnese. Così mi chiamavo quando, dalla mia fredda Russia, sono giunta nella tiepida e morbida Toscana a bordo di un'autobus divenuto ormai vecchio e rumoroso dall'andare e venire per l'Europa.
Con me ho portato solo i miei finissimi capelli biondi, lunghi, giù fino a metà della schiena e i miei occhi azzurri, che guardo nello specchio per ricordare il colore del cielo della steppa. Sono partita dal mio paese, come fanno tante ragazze, si fa fatica a non partire in cerca di fortuna. La fortuna che io cercavo, non era però quel tratto di marciapiedi dove mi sono trovata a lavorare da lì a poco, sbattuta sulla strada per guadagnarmi la sopravvivenza.
Ho portato gonne sempre più corte, man mano che il pudore mi abbandonava, che l'innocenza di Agnese se ne volava via, cancellata da una Katia spregiudicata e bizzosa.
Katia, mi faccio chiamare così. È come se non fossi io a salire di macchina in macchina, a battere di notte in notte, è Katia, ultimo scampolo di dignità che ancora mi è concesso.
Stasera ho fatto 3 clienti, un grasso imprenditore con una fuori serie blu, sedili in pelle e portafoglio piene zeppo di soldi per comprare sesso, un giovane rampante che sicuramente era al primo giro sia con la sua macchina tirata a lucido sia con le donne di strada. Per ultimo, poi, è arrivato lui, un uomo sulla quarantina, capelli ingrigiti dal tempo, denti gialli e puzza di fumo, un furgoncino di quelli da lavoro con i sedili sporchi che odoravano di cemento e riscaldamento fuori uso. I finestrini chiusi per metà lasciavano entrare aria gelida. Ha percorso forse un paio di chilometri da quando mi ha fatto salire e poi ci siamo appartati. Pensavo di cavarmela con la solita prassi, con le solite mosse, e invece no. Lui voleva di più, voleva umiliarmi e possedermi. Ho avuto paura e ho detto no.
Al mio rifiuto mi ha dato uno schiaffo in pieno viso e poi ha tirato fuori un coltello. Non sapevo che fare. Ho cercato di fuggire. Ma... la gonna, i tacchi, il buio. Mi ha raggiunto, buttato a terra e colpito. Ho sentito la lama del coltello entrare e uscire dalla mia schiena una, due, tre volte, non ho potuto nemmeno difendermi. Poi si è alzato, si è preso tutti i miei soldi e se n'è andato. Il sangue ha iniziato a scorrere fuori dal mio corpo, è il caldo abbraccio della morte, adesso i miei finissimi capelli biondi ne sono inzuppati, respiro a fatica, non riesco a muovermi. Sto morendo. Date un bacio alla Russia.

 

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6 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Stanislao Mounlisky il 31/03/2015 10:38
    di un realismo che toglie il fiato...

6 commenti:

  • Kloomb il 23/09/2011 22:21
    Davvero otttttimo. Bello bello, bravissima.
  • Anonimo il 23/09/2011 16:57
    Bello, commovente, ben scritto e pieno di pathos... geniale quel date un bacio alla Russia che esalta ancor più il dramma e la nostalgia della protagonista.
    Io che sono prolisso, nei miei racconti, devo anche farti una lode per la notevole sinteticità.
    brava al quadrato. ciaociao
  • Anonimo il 23/09/2011 16:03
    È anche vero però che nel romanzo "Gli amabili resti" è la protagonista morta che racconta la storia
  • Nunzio Campanelli il 23/09/2011 15:30
    La regola impone che se il protagonista è morto o sta morendo, non si debba scrivere in prima persona. In poche parole un morto non può raccontare. Ma volete mettere il livello di drammaticità che si riesce a raggiungere in questo modo? Io dico sempre che le regole sono fatte per essere ( a volte e con circospezione) trasgredite.
    Racconto che non lascia speranze, crudele come solo la vita riesce ad essere.
    Ottimo.
  • Anonimo il 23/09/2011 10:06
    Toccante.. Mi ha emozionato e fatto orrore allo stesso tempo, la storia di Agnese/Katia come tante altre ragazze, brava Irene!
  • Auro Lezzi il 23/09/2011 10:02
    Un bacio alla Russia e cento d'apprezzamento a te.

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