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Thomas K. Markley

Mi chiamo Thomas K. Markley, ho 43 anni e vivo a Chicago. Se vi dicessi che mi sono seduto per caso davanti al mio computer mentirei, sono un giornalista e scrivere è parte integrante della mia vita. Oggi però non è di cronaca che voglio scrivere. Nessun omicidio, stupro, rapina, truffa o scippo vi verrà narrato nelle righe a seguire. Per una volta il soggetto sono io.
Scrivo perché per la prima volta mi ritrovo seriamente a guardarmi indietro, a guardare con occhi maturi quello che è stato il mio percorso, il mio passato. Solo ora mi sto realmente soffermando sulla mia vita, ora che con molta probabilità ne sono alla metà esatta. Sono "felicemente" sposato con mia moglie Sarah, una bellissima donna bruna, alta e con uno stacco di coscia da far girare la testa. I suoi occhi neri come la pece hanno catturato il mio cuore, avvolgendolo in una sublime tela da dove non sono e riuscito, e non ho voluto, uscire. La conobbi all'università e la sposai dopo solo due anni di fidanzamento. Ma vorrei accantonare un momento la mia consorte. Voglio cominciare dalla mia carriera, piena di soddisfazioni. Continuo a ripetermi che non potevo fare di meglio. Attualmente lavoro per un giornale locale dove mi occupo di riempirlo come posso. È una sorta di "regalo" per l'esperienza che ho e per il lavoro che precedentemente ho svolto.
Mi sono laureato presto, avevo 26 anni e gia durante gli studi scrivevo articoli per riviste e quotidiani locali che, mio malgrado, venivano firmati da altri. È con ogni probabilità questo quello che spetta a tutti gli aspiranti giornalisti, non solo di Chicago. Appena laureato avevo molte ambizioni e puntavo alla fama e al successo. Il talento e la giovinezza erano dalla mia parte. Tentai subito il botto. Mi trasferii a New York provando ad entrare nel leggendario New York Times. Come era facile intuire non mi presero e mi indirizzarono ad un giornaletto di provincia per fare esperienza, " diverrà quello di cui abbiamo bisogno tra un paio danni, Mr. Markley", questo mi dissero. Ero giovane e mi arrabbiai profondamente poiché conoscevo le mie doti e, anche se potrebbe sembrare da spacconi, sono fermamente convinto che non c'era nessuno più adatto di me per il Times. Mi convinsi presto che potevo incazzarmi fino a logorarmi l'anima ma che, almeno per il momento, non era il Times il mio posto. Tuttavia non seguii i consigli del Times, ma scelsi, in base anche alle possibilità che avevo, dove iniziare il mio percorso. Mi spostai a Denver, dove mio zio, Shawn Markley, mi ospitò nel periodo di gavetta nel Post, un piccolo giornale della zona. Furono due anni molto intensi dove mi dedicai alla cronaca in generale. Sono sempre stato molto flessibile nel mio lavoro, tanto che spesso mi ritrovavo a scrivere di cronaca nera al posto degli specifici incaricati, attirando il rancore dei suddetti.
Dopo Denver mi armai di coraggio e di stampe ripresentandomi al Times. Finalmente compresero il mio talento e mi presero. Nel giro di cinque anni mi feci un nome, non c'era giornalista in tutta "la grande mela" che non aveva sentito parlare di me. Molti apprendisti mi consideravano un modello da imitare. Fino al giorno in cui decisi di chiudere i battenti, ormai avevo dato tutto e restare poteva significare la fine per me. Ho preferito uscire di scena prima di diventare obsoleto.

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2 commenti:

  • Nunzio Campanelli il 31/10/2011 17:53
    Autobiografia... non autorizzata? Scritto bene, eviterei però frasi pronte all'uso
  • rosaria esposito il 29/10/2011 21:44
    non direi proprio... Thomas K. Markley... no, non direi..

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