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La scannatura del maiale

Ai miei tempi era tradizione, al sopraggiungere dell'inverno, poco prima del Natale, ammazzare il maiale. Più precisamente l'operazione è conosciuta come "scannatura" del maiale, da cui il titolo.
L'origine della parola scannatura viene dal verbo "scannare", usato ancora oggi con un'accezione truculenta, riferendosi più specificamente ad una morte brutale e animalesca. A sua volta dal verbo scannare deriva lo scanno, ossia lo strumento utilizzato e appositamente creato per ammazzare il maiale.
Naturalmente, non tutti all'epoca potevano permettersi questo "lusso" ma solo chi possedeva una campagna e abbastanza mezzi per acquistarlo e mantenerlo.
Ho avuto la sventura di assistere a tale pratica, in quanto la famiglia della mia madrina, proprietaria di numerosi appezzamenti di terra e piuttosto facoltosa, la eseguivano con regolarità ogni anno.
La mia famiglia, o per meglio dire mia madre, (mio padre non aveva lo stomaco per parteciparvi) era solita dare una mano in queste occasioni, come in molte altre, pur meno tragiche e meno impegnative, ma per noi noiose, ad eccezione di questa, a cui partecipavamo con curiosità mista ad una certa dose di paura.

Dopo averlo nutrito a puntino con "pastoni" a base di crusca e piante grasse cresciute in loco, mescolate insieme con siero di latte (che i pastori davano al contadino in cambio dei prodotti della terra) e avanzi di ogni tipo, comprese bucce di cocomero o di altra frutta, scarti di pasta, croste di pane muffito o secco e quant'altro non fosse per l'uomo più commestibile; dopo averlo allevato e ingrassato per circa un anno, tenuto al riparo dalle intemperie o dal sole cocente nel suo bel porcile appositamente costruito per il suo ricovero, il quale veniva ripulito dagli escrementi ogni mattina; dopo averlo fatto "pascere" in uno spazio piuttosto ampio, apparentemente aperto ma protetto affinchè non superasse i confini per esso stabiliti, libero di rotolarsi fra la terra e di grufolare a suo piacimento, arrivava il momento fatidico per il maiale di restituire tutte le cure e le attenzioni che esso, ignaro di tanta magnanimità e generosità, aveva ricevuto nel corso della sua agiata e comoda vita, servito e riverito come un pascià.
Prima di sottoporre il maiale al suo supplizio, si disponeva nel locale che doveva servire per la scannatura, tutto il necessario per conservare e depositare quanto si sarebbe ricavato dal suo bel corpo grasso e ben pasciuto.
Al centro della sala si poneva lo scanno, il tavolo "operatorio" o delle "torture" a seconda dei punti di vista: una pesante e spessa tavola, leggermente inclinata da una parte che terminava ad imbuto, proprio dove si sarebbe dovuta posizionare la testa del maiale, a penzoloni, col collo libero e in bella vista e con la faccia rivolta verso il pavimento.
Il resto del corpo occupava il largo scanno, a pancia sotto e con i piedi legati e fissati con una corda ai quattro lati della tavola. Per terra, proprio sotto la testa, veniva deposto un capiente orcio di terracotta per poter raccogliere tutto il sangue defluito dalla sua gola e che doveva essere costantemente mescolato affinchè non si coagulasse.

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l'autore Fernando Piazza ha riportato queste note sull'opera

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0 recensioni:

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21 commenti:

  • Fernando Piazza il 12/02/2012 15:37
    Piero, innanzitutto grazie per aver letto il mio lungo racconto-documentario. Se hai letto i commenti in calce avrai capito come la pratica si sia oggi evoluta ma non estinta completamente. Per quanto riguarda l'ammazzamento dei conigli e delle galline, dalle mie parti, ma in genere in tutto il sud, all'epoca dei nostri nonni era (e lo è ancora oggi, in quei paesi dell'entroterra più isolati, per le famiglie che posseggono una casa e uno spazio per gli animali da cortile) una prassi comune e molto diffusa perché gli animali venivano acquistati vivi e bisognava provvedere da soli alla loro uccisione. Pratica eseguita, tra l'altro, quasi prevalentemente dalle donne, in quanto erano loro che si occupavano della preparazione dei pasti. Per i conigli bastava un deciso colpo di mano a taglio sulla nuca, mentre per le galline esattamente come da te descritto (mia sorella, dotata di un certo gusto sadico nonchè di un notevole sangue freddo, era una specialista nell'arte di ammazzare entrambi). Anche la ricetta era quasi simile, tranne l'aggiunta del latte. Invece, la pratica della masturbazione ai maiali allo scopo di calmarli è per me una notizia del tutto inedita e piuttosto insolita. Grazie per le preziose informazioni e alla prossima. Anna
  • PIERO il 12/02/2012 09:10
    Complimenti, Anna per la descrizione dettagliata. Mi interessava proprio sapere come andava la cosa. Dei colleghi di lavoro ferraresi mi raccontarono che, per calmare almeno un po' la povera bestia, assolutamente consapevole di quello che gli stava per capitare, lo... masturbavano. Credo che i bambini della mia generazione non venissero turbati pi di tanto dall'assistere a certe scene. Io ricordo mio padre che ammazzava il coniglio, dopo averlo appeso per le zampe posteriori, con un colpo secco del manico del martello sul naso, e mia madre che prendeva la gallina sottobraccio e poi, con le forbici, le tagliava la lingua, raccogliendo il sangue in una scodella. Scodella piena = gallina morta. Del sanguinaccio del maiale sono ghiotto: da noi si chiama budino e si fa, sopra un soffritto di cipolla, tolto dal budello e sbriciolato, unito a qualche pezzo di salsiccia, irrorando poi il tutto con un po' di latte. Si accompagna con polenta. Detto questo, se non esistessero i macellai, sarei probabilmente vegetariano.
  • Fernando Piazza il 11/02/2012 14:44
    Quella di tirare il collo alle galline e di dare un colpo in testa ai conigli era una prassi diffusa ma necessaria anche dalle nostre parti ed eseguita da mia nonna e dalle donne in genere. Chissà perchè...
    Grazie per la lettura. Anna (per la precisione il testo è mio, come scritto nella nota, non di mio marito).
  • Antonio il 11/02/2012 14:14
    Mi hai fatto ricordare che toccava sempre a mia madre procedere in una operazione meno complessa ma non meno violenta della scannatura del maiale. A quei tempi galline e conigli si compravano vivi e toccava ammazzarli. Mio padre non ha mai fatto nulla a riguardo la vita in casa, e noi piccoli, un po' per terrore un po' per tenerezza verso la bestiola che prima avevamo accarezzato, mai abbiamo aiutato la mamma.
  • Fernando Piazza il 09/02/2012 23:31
    Che carina Carla, ad aver letto questo lungo racconto, che come più volte detto nei commenti qui sotto ha più un valore documentaristico che narrativo. Avrai pure capito che oggi non farei più da spettatrice ma il ricordo è rimasto così vivido nella mia mente (proprio per la violenza delle immagini) che l'ho voluto trascrivere fedelmente. Un grande abbraccio e grazie. Anna
  • Anonimo il 09/02/2012 14:20
    è stato duro leggere questo racconto anna, considerando che non mangio carne al sangue ed alcune volte cerco proprio di evitarla... anche io mi sono chiesta il perchè queste pratiche così dolorose... alla fine del tuo racconto mi sono detta beh almeno lo scopo è quello di per cibarsene, poichè in alcuni posti del mondo torturano alcuni animali tipo "gli orsi delle fattorie della luna" solo per produrre creme ed altro. Ho scritto una e-mail a "striscia la notizia "nella persona di Edoardo Stoppa per questa agghiacciante praticae devo dire dopo qualche tempo hanno dato un servizio proprio su questi dolci orsi... comunque tornando al tuo racconto e pensando solo al tuo scritto devo dire, come sempre, che sei molto brava e che mi complimento con te un bacio cara anna...
  • Fernando Piazza il 08/02/2012 17:21
    Cara Mariateresa, hai perfettamente ragione sull'etimologia e sulla derivazione della parola scannare: è infatti lo scanno (in quanto oggetto preposto allo scopo di... e nato dopo) a derivare dal verbo e non il contrario. Molto giusto, dunque, e ti ringrazio per la rettifica, tra l'altro ineccepibile. Per quanto riguarda il far pubblicare nel mio spazio anche la roba di mia moglie forse hai ragione: dovrebbe farsi un nick suo, come anche altri hanno suggerito ma per pigrizia (o perchè non sappiamo come si fa, utilizzando lo stesso computer) abbiamo lasciato le cose così e utilizziamo le note per differenziare i nostri scritti. Ti ringrazio comunque per l'attenzione e a rileggerti
  • mariateresa morry il 08/02/2012 13:33
    Sinceramente io non pubblicherei mai il testo di un'altra persona... questa cosa mi lascia perplessa... vorrei solo dire che nella spiegazione della parola " scannare" che l'autrice fa risalire al sostantivo " scanno ", ci sarebbe da rettificare. Scannare deriva da canna della gola, con s sottrattivo, ossia tagliare le canne ( i vasi che portano il sangue ) e dare sbocco al sangue. Infatti vengono recise le arterie del collo e della trachea dell'animale.
  • Fernando Piazza il 29/01/2012 19:32
    Mau, non ti preoccupare per la faccina... sapessi quante volte è capitato a me! Succede quando si usano le parentesi. Secondo me è la vendetta dei computer super oberati di lavoro (per loro niente diritti sindacali eheheh) che prendono "vita" e si divertono a giocarci dei tiri mancini...
    Se hai letto i commenti sottostanti avrai capito che oggi mia moglie non avrebbe più il coraggio di assistere a tale pratica, tuttavia lo scritto è un documento, una ricostruzione fedele delle sue varie fasi. Sapevo che era in uso anche altrove e da te apprendo che la tecnica è differente, meno cruenta, forse più "umana" se così si può dire, ma comunque praticata. Dalle parti di mia moglie lo si fa per un motivo preciso, come hai letto: il sanguinaccio. Però il capretto... dalle vostre parti, non è meno fortunato del suo maiale.
  • mauri huis il 29/01/2012 18:35
    ps: quella faccina non da dove sia uscita. non vorrei essere frainteso.
  • mauri huis il 29/01/2012 18:34
    Bel racconto, senza veli e falsi pudori su una pratica diffusa ancora adesso anche dalle mie parti. Abitando io in città non ho mai assistito allo scannamento del maiale, che peraltro qui si fa in maniera diversa, con un colpo di mazza assestato in fronte (da qui il nome dell'uccisore: "mazarin", ma di galline e conigli si. E senza aver mai grossi traumi, probabilmente perchè si trattava di morti veloci e alquanto indolori. Ciò che ricordo invece ancora con angoscia è stata l'uccisione di un capretto, avvenuta anch'essa per dissanguamento, come quella del maiale dalle vostre parti. la povera bestiola ha urlato, in tutto e per tutto simile ad un neonato, per almeno 5 minuti, tanto è durato il suo calvario. E questa è una vera e propria bestialità ammessa e anzi obbligata da troppe culture. Ma è la vita. Così va il mondo. Comunque complimenti all'autrice.
  • Fernando Piazza il 27/01/2012 15:36
    Caro Bruno, come ho già detto in altri commenti oggi non assisterei a tale pratica nemmeno pagata... e di fatto noi bambini non eravamo autorizzati ad assistervi. Tuttavia, per quanto sconvolgente potesse essere tale realtà, la curiosità in noi bambini era talmente tanta da farci superare ogni paura... I genitori erano costretti a portarci con sè, non avendo a chi lasciarci, e nonostante ci imponessero di stare altrove, noi trovavamo sempre il modo di infrangere la regola. Se pensi che ancora oggi, come ieri, i bambini non fanno altro che "giocare" alla guerra, da sempre abituati all'idea della violenza, bombardati come sono da mille immagini televisive, alla cui visione è pressoché impossibile sottrarsi... capisci come tutto sia esattamente uguale, oggi come ieri... Potrebbe forse essere un modo, sicuramente estremo e crudelmente inadeguato, per esorcizzare la morte fin dalla più tenera età, ma temo che nessun pedagogo potrebbe sostenere la validità di tale affermazione.
    È vero che oggi la macellazione (fatta per la distribuzione su larga scala e ad uso commerciale) avviene con metodi meno cruenti, ma qui si tratta di una pratica ad uso "privato", di cui nulla viene sprecato... in uso ancora oggi ma non così diffusa come un tempo. Ciao Bruno e grazie del passaggio. Anna.
  • Bruno Briasco il 25/01/2012 17:51
    È decisamente un testo da leggere cautamente se si amano gli animali in genere. La soppressione del maiale, come quella dei vitelli e via dicendo, penso sia la più cruda in assoluto. Da ragazzo ho lavorato in macelleria (sette anni) ed ho assistito all'uccisione delle mucche e dei buoi, ma lo sparo in fronte al confronto è cosa da poco. Un racconto descrittivo nei particolari che visti con gli occhi di un bimbo possono accapponare la pelle e traumatizzare pur se la curiosità di vederne la fine è quanto mai acuta e prepotente. Una pratica ancora oggi in uso... penso che oggi non potrei assistere a quello spettacolo del coltello nella gola fino allo svuotamento del sangue. Tuttavia complimenti per la descrizione accurata e particolareggiata. Brava Anna... ma come hai fatto, da bimba, ad assistere a tutto ciò?
  • Fernando Piazza il 24/01/2012 00:19
    Giacomo, sei mancato parecchio ed è normale che ti sfugga qualcosa... tuttavia ci sei e questo Ci fa piacere. Innanzitutto complimenti per la tua gara: un 3 posto onorevolissimo, direi. A proposito del Concordia, ma lo sai che ci era passato per la mente il pensiero che tu fossi nei paraggi della tragedia? Il mess. di Karen sul tuo profilo ci ha messo la pulce nell'orecchio. Non pensavamo a nulla di tragico tra parentesi, solo che tu fossi là, testimone(da te sappiamo mancato) dell'evento. Grazie per il bellissimo commento e anche delle preziose e numerose informazioni che spesso ci regali e che arricchiscono sempre più la nostra cultura personale... Sei forte Jack. Un megasaluto, anzi doppio
  • Fernando Piazza il 24/01/2012 00:09
    Marcello, un bellissimo e graditissimo apprezzamento da parte tua, derivato certamente da un'attenta nonchè "sentita" lettura... Era in parte un po' questo l'intento del racconto, anche se l'accento è stato posto principalmente sull'aspetto "documentaristico" della pratica in quanto tale. Ma è difficile a volte separare i diversi piani della scrittura... Ciao e alla prossima
  • Fernando Piazza il 23/01/2012 23:59
    Come dici tu Bianca, farà pure una finaccia il povero maiale, ma si dà il caso che i suoi salumi siamo molto apprezzati da una sacco di gente, però... e comunque non meno brutale di quella di tante altre povere bestie... Oggi mia moglie non vi assisterebbe nemmeno pagata e vivrebbe benissimo senza i suoi cotechini, tuttavia ciò non impedisce che tale pratica venga dismessa...
  • Fernando Piazza il 23/01/2012 23:52
    Vito, tu dovresti conoscerla bene questa pratica, no? Io invece non conoscevo Albino Pierro (al contrario di mia moglie) che poi, se non ricordo male, è lo stesso autore che ti ha ispirato quel bellissimo testo "L'ultimo abbraccio", vero? Mi documenterò su Pierro... Ciao e grazie per l'attenzione.
  • Anonimo il 21/01/2012 15:16
    Mi ero perso questo pezzo... in quel momento ero in mezzo al mare, nella zona del disastro della Costa Crociere.
    Un tema difficile da trattare che invece la signora Anna è riuscita a rendere in modo tecnicamente ineccepibile senza trascurare la parte psicologica dei vari personaggi che gravitavano intorno a questa specie di festa.
    Ho in barca lo stesso attrezzo, lo scanno, che io uso per far perdere il sangue ai tonni e agli alletterati... per fortuna quando sono morti. Li appendiamo al bordo della barca e lasciamo poi che l'acqua di mare pensi al lavaggio. Io ero come tuo padre... dovevo scappare, in quei frangenti. ciaociao... e brava. hai il dono della narrazione... sei bravissima.
  • Marcello Insinna il 20/01/2012 10:43
    Descrizione accurata e perfetta, oltre che della "scannatura"del maiale anche delle sensazioni contrastanti vissute dai ragazzini che assistevano alla pratica. Mi é capitato più volte di assistere, in campagna, all'uccisione di animali allo scopo di nutrirsene e, nonostante la pratica sia crudele, si percepisce comunque la "necessità". Brava, a mio avviso, un pezzo molto valido che fa vivere l'evento con emozione. Ciao, un saluto a Fernando.
  • Bianca Moretti il 17/01/2012 22:31
    Che finaccia il povero maiale... anche se non credo che questa pratica sia in uso solo al sud. Tutti i sacrifici per allevarlo li vale tutti alla fine se, come dici, del maiale non si butta via nulla...
  • Anonimo il 14/01/2012 16:41
    Mi sembrava una cosa lucana, e infatti è una composizione della signora Piazza C'è una poesia di Albino Pierro proprio su questo tema

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