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Commemorazione di un defunto : 31 12 2011

Giornata di auguri, oggi. Convenzione "a palla". Sfavillio di luci e colori accecanti, vento di maestrale senza urla di mare biancheggiante, nottate insonni, alcol, ( per alcuni anche droga sesso e rock 'n roll) partite a carte, balli di gruppo, orribili tombolate, visite ai parenti senza trascurare nessuno, che poi non gliene frega niente ma si incazzano. Chiese gremite di credenti che non credono in nulla, alberi di Natale decadenti dai puntali in pvc trasparente. Tutto come da copione. E poi, a fare da contrappunto a tutta questa vacuità, il dolore di tanti: quelli senza casa, quelli senza cibo, quelli che perdono la vita, quelli malati, quelli senza lavoro, quelli senza donna, quelli senza uomo. Quelli. Tutti coloro che per una "buona" ragione, non hanno uno straccio di motivo per far parte di questo teatrino ambulante che replica se stesso e ogni anno lo fa con più smania e meno convinzione di sempre. "Venghino siore e siori... abbandonino le amaresse, entrino nel tendone dove tutto sbarluzeca e ogni desiderio se avèra."
È notte.
L'uomo fuori dal tendone che distribuisce biglietti gratuiti è grasso, ha un cilindro per cappello e un frac liso, i capelli unti o troppo brillantinati e gli occhi da vecchio. Ma da dentro sento ovattata una musica suadente, le risate di molti, il calore di un fuoco rosso che mi giunge a ondate in viso e il profumo di pietanze mai assaggiate. Mi accorgo di avere fame e freddo. Penso che entrerò, ma solo per dare un'occhiata, mangiare qualcosa, andare via.
La sua mano grassa appoggia sul mio palmo un biglietto sporco, usato, unto. La vedo al rallentatore, ne presumo il peso, faccio per scansarla ma è troppo tardi. "Ormai..." mi dico, e mi avvio verso il tendone scuro nella notte pesante. Sollevo il consunto drappo e intorno a me non c'è nessuno. Ma dentro brilla un sole caldo, in terra vedo sabbia bianca e in lontananza un mare estivo. Mi avvicino alla battigia, mi siedo e con calma mi tolgo le scarpe e le calze. Mi rialzo: "altri due piccoli passi e sono in acqua", penso. Poi tutto scompare e sono seduta ad una scrivania. Davanti a me ho un libro pieno di pagine ripiegate e sottolineate, appartenuto forse a qualcuno che lo ha studiato lungamente. Lo apro a caso e leggo. Non ho più fame nè freddo. E torno indietro.

Fuori solo stelle e notte, notte e stelle. Niente tendone, niente uomo grasso. Solo la memoria di un brano che riporto testualmente prima che io dimentichi:

"Tocco la tua bocca, con un dito tocco l'orlo della tua bocca, la sto disegnando come se uscisse dalle mie mani, come se la prima volta la tua bocca si schiudesse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, ogni volta faccio nascere la bocca che desidero, la bocca che la mia mano sceglie e ti disegna in volto, una bocca scelta fra tutte, con sovrana libertà scelta da me per disegnarla con la mia mano sul tuo volto, e che per un caso che non cerco di capire coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti disegna. Ci guardiamo da vicino e le bocche si incontrano e lottano tepidamente, mordendosi le labbra, appoggiando appena la lingua sui denti, giocando entro i loro recinti dove un'aria leggera va e viene con un profumo nuovo e un silenzio. Allora le mie mani cercano di affondare nei tuoi capelli, carezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore è dolce, se ci soffochiamo in un breve e terribile assorbire simultaneo del respiro, questa istantanea morte è bella. E c'è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare stretto a me come una luna nell'acqua."

Il venditore di sogni ha regalato anche a me quel che desideravo: un sogno.
Buon 2012 a tutti.

 

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