username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Glauco: seconda parte

Sono nato quinto di undici tra fratelli e sorelle, di cui due morti piccoli, e legatissimo a un mio fratello che aveva due anni più di me e si chiamava Camillo. Era il mio punto di riferimento ed eravamo sempre insieme, anzi, io ero sempre attaccato a lui, che mi aveva sempre protetto sia all'esterno che all'interno della nostra stessa numerosa famiglia. Mi protesse anche quel giorno, a prezzo della vita.

Avevo quasi diciott'anni, quel giorno d'autunno ormai lontano, ed ero al lavoro nei campi assieme a lui, nel vigneto a potare le ultime viti, quando vedemmo passare altissimi stormi d'aerei da bombardamento diretti in città. Poco dopo li sentimmo anche tornare e ci chiedemmo "Perché così presto?" C'era qualcosa che non ci tornava e ci accucciammo al riparo di un greppo.

Quasi subito sentimmo esplodere le bombe, dapprima un po' lontane ma quasi subito vicinissime a noi. Terrorizzato, chiusi gli occhi e mi tappai le orecchie, mentre Camillo passava il suo braccio sopra il mio collo. Una delle ultime ci scoppiò così vicina che rimbalzammo da terra rimanendo storditi per qualche secondo.

Quando mi riebbi non sentivo più nulla, solo un enorme ronzio che faticava a calare e un tremito quasi incontrollabile in tutto il corpo. Camillo era sempre con me e il suo braccio intorno al mio collo. Mi divincolai per rialzarmi in ginocchio e vidi il suo braccio ricadere inerte. Ma ancora non capii. Poi vidi il pezzo di metallo che gli spuntava tra i capelli e inorridii: dalla testa piegata di lato, girata un po' verso me ad occhi chiusi, scendeva un rivolo di sangue e di umori. Lui era già morto.

Non svenni subito, prima gli presi freneticamente la testa tra le mani cercando di chiudergli la ferita rimasta aperta, e fermargli un po' il sangue che ne usciva, con un fazzoletto. Poi mi misi a urlare con quanto fiato avevo in gola, un po' per chiamare aiuto e un po' per sfogare il dolore, sentendo però solo un'eco cupa e lontana che pareva d'un altro mondo. E poi più nulla, si chiuse anche il cielo.

Quando rinvenni c'era già gente e la testa di Camillo era stata coperta col mio fazzoletto insanguinato. Mi guardai attorno sconsolato e piansi non ricordo quanto. Non impazzii per poco, ma poco davvero.

Ricordo che subito sperai in un miracolo, tipo che Dio si impietosisse e rimandasse indietro il tempo a un attimo prima di quel che era successo. Certo Dio, pensavo, non potrà far morir Camillo per davvero! Certo questa doveva essere una lezione per me, ma Egli si sarebbe poi degnato di riportare indietro il tempo almeno un poco, poco poco, quel tanto che bastava a non far più morir Camillo. Ricordo che ci credevo davvero in quel primo momento, ma poi sempre meno via via che passava il tempo, e infine non più. La realtà era così brutta che non riuscivo ad accettarla: Camillo era morto, e la colpa era mia!

1234

2
4 commenti     0 recensioni    

un altro testo di questo autore   un'altro testo casuale

0 recensioni:

  • Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
    Effettua il login o registrati

4 commenti:

  • Mara il 02/03/2012 18:37
    Il tuo racconto mi ha preso, mi chiedo quanto ci sia di autobiografico. Aspetto la terza parte.
  • mauri huis il 01/03/2012 09:34
    Ok, fatto, ne ho messi un paio per dare più sostegno a tutta l'ultima parte. Però consentimi un'obiezione: io sto facendo parlare il protagonista in prima persona, e quando uno parla di sè non dice in continuazione "mio padre": lo dice una volta e poi basta fin che non cambia discorso, o no?
  • mauri huis il 01/03/2012 09:25
    Certo, come sempre, e ti ringrazio per questo!
  • mariateresa morry il 01/03/2012 09:03
    Su glauco si intreccia una storia di famiglia, abbastanza verosimile dati i tempi e l'epoca. Come storia c'è, anche se densa e certo o si sceglie la densità della storia o si sceglie di allegerirla e narrare di più gli eventi in particulare.
    Il linguaggio della narrazione è un linguaggio parlato, non propriamente narrativo, quindi alla fine di questo se ne risente un po'. Se devo fare un vero appunto però è che usi troppo poco il riferimento al soggetto, troppo i pronomi ( guarda laparte finale sul padre, la parola padre non la usi quasi mai, ma sempre lui anche come soggetto e lo come complemento oggetto)e questo non rende bene. Devi ancora ripulire il testo. Anche gli avverbi non sono sempre azzeccati.
    La storia però c'è, merita una esposizione un poco più agile. Vanno comunque bene i periodi brevi che usi. Sono stata sincera ok?

Licenza Creative Commons
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0