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L'era dopo la Guerra

Era una calda sera d’estate e al “Boccale d’oro” c’era un gran trambusto, all’epoca il locale era conosciuto per l’ottima birra di malto(riconosciuto perché l’unico) ma soprattutto per la sua sporcizia e per il suo cibo scadente. Non voglio accanirmi particolarmente, sicuramente le osterie del tempo non profumavano di rose, ma questa…
Perché così tragico mi dite?
Bè immaginatevi un maestoso lampadario al centro della sala, a dir poco sporco, tanto che le candele che vi erano sopra non si vedevano nemmeno per la strato di polvere. Per non parlare poi del pianoforte abbandonato nell’angolo più remoto dell’osteria che nessuno non usava ormai da anni, ornato da cocci di vetro e ragnatele. Il pavimento brulicava di ratti e ragni disgustosi ormai abituati alla clientela altrettanto disgustosa. E infine a capo di tutto Baldino, un omone fatto di muscoli, un grosso naso rosso (coltivato accuratamente negli anni con ottime annate) e tanta bontà, intento a spiegare a nuovi clienti le sue avventure ormai lontane, con orchi e mostri. Vi state immaginando la scena? Bene, ora inserite tra un tavolo e un altro, fra una rissa e l’altra, un ragazzo, Fedor. Il viso imberbe e il corpo esile lo facevano apparire un ragazzino da scuola (questo perché solo i fanciulli andavano alla scuola dell’obbligo), ma la parte interiore era totalmente differente: la serietà che aveva sul lavoro, la galanteria che poneva verso le signore e la maturità che rivolgeva alla gente lo contraddistinguevano.
Fedor era un ragazzo nato e vissuto da sempre in paese con suo zio Oliof, un grazioso vecchietto che adorava. Ciò che più mi preme dire di lui, è che lavorava nella locanda da parecchio tempo, il locandiere e Fedor erano diventati amici e il giovine si confidava spesso con il conoscente. La serata era al termine, quasi alla fine, quando ebbe un attimo di pausa andò dall’amico
-“buona serata questa, vero Baldino?”- incalzò Fedor
-“buona sì”- disse aggiungendo un ghigno compiaciuto?"“dai via questi ultimi piatti e poi te ne puoi andare”- aggiunse mentre puliva un boccale enorme
Quando finì di servire le ultime portate si cambiò e uscì, godette del fresco che il vento gli offrì e preso dalla stanchezza tornò a casa. Fedor abitava dopo la piazzetta del paese, in una delle tante casupole in legno, dimora che aveva costruito lui stesso. (con alcuni aiuti)
Lo zio non lo aspettava mai sveglio a quell’ora, il ragazzo bevve un bicchiere d’acqua e appena toccò il letto, calò in un sonno profondo. La mattina seguente la fitta pioggia interruppe la sua dormita, la cosa non gli dispiacque affatto, gli piaceva vedere la giornata nascere dietro i monti lontani.
Il sole era nascosto dietro un grigio cielo, l’aria era frizzante e quei momenti così speciali li traduceva in pensieri e solitudine.
Dalla finestra il panorama scontato e contornato dal rumore della gente che osservava ogni giorno, si trasformò in qualcosa di surreale e facilmente abbinabile alla sua fantasia e alla sua sensibilità.

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