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Rau Lile, il poeta
<Coraggio, chi di voi vuole colpirmi? Provateci, sono qui ad aspettarvi>
Quei tre ignorantoni mi fissavano ora sbalorditi e non riuscivano a capire cosa io realmente mi aspettassi da loro, avevano esagerato, avevo già bevuto troppo quella sera e in quella sporca taverna di certo non volevo che qualcuno mi mancasse di rispetto, io, Rau Lile, avevo combattuto per questo regno da quattro soldi e di certo non volevo essere preso per i fondelli da tre ragazzetti ignoranti, la mia spada era sguainata e mostrava ai tre il filo più volte provato e più volte messo a nuovo, il taverniere come sempre mi fissava sarcastico, ormai conosceva il mio temperamento e qualche sera a essere sincero si univa ai cori di incitamento che gli altri clienti di quel buco mi tiravano dietro.
Quei tre ragazzi ora mi guardavano e due di loro fecero un passo indietro lasciando l'onore di rispondere al più giovane del gruppo, era un ragazzo robusto ma basso ed era l'unico di loro a fissarmi con sufficienza, il che mi faceva infuriare.
Mi guardai nuovamente intorno e un silenzio spettrale era caduto sulla sala, il giovane addolcendo lo sguardo mormorò qualche parola di scusa che mi fece abbandonare la stanza senza spargimenti di sangue. Tuttavia non poteva finire così, un guerriero come me non può di certo sopportare un'offesa rivolta a una mia opera. (ebbene si, dopo il congedo mi dedicai alla scrittura in versi)
Tornai a casa e rapidamente posai la spada per prendere la penna, un uomo saggio una volta disse che la penna può ferire più di qualsiasi spada, dovevo mettere alla prova tali parole, avrei composto un capolavoro.
In poco tempo fui nuovamente fuori nei vicoli silenziosi di Parigi e dopo qualche minuto fu proprio il ragazzo basso che si era scusato con me la sera stessa a passarmi davanti, mi osservò sorridendo e cominciò a cantare una canzone, probabilmente era ubriaco. Mi avvicinai a lui fingendo di stare al suo gioco e appena fui abbastanza vicino lo colpii con la penna che si infilò dritta nel suo collo, osservai incuriosito la luce sparire immediatamente dal volto di quel giovane avvinazzato che senza un gemito si chinava a terra, avevo ora dell'ottimo inchiostro per comporre l'inizio della poesia che volevo dedicare alla mia amata, scrissi quindi sul muro più bianco che riuscii a trovare questi versi:
"Così io vi voglio amare:
Donandovi passioni focose
Che nel mondo faccian volare
I gemiti di dame invidiose."
Terminata la scrittura della prima strofa, andai a cercare un inchiostro migliore, il giovane aveva del sangue troppo acquoso(probabilmente a causa del vino) e non volevo rischiare di sbaffare la mia opera, sghignazzai al pensiero di ciò che stavo creando e cominciai a camminare fino a quando non mi venne incontro una ragazza che conoscevo fin troppo bene, si chiamava Katie Jepà, era una di quelle poetesse che cantavano d'amore e dedicavano odi a tutto ciò che si posava sul loro naso, una persona fondamentalmente vuota ma che amava essere considerata colta e ricca di inventiva, ci salutammo e io con un sorriso amaro la portai davanti alla mia opera.
<Davvero bella questa strofa, ma ditemi, dove avete trovato questo inchiostro così strano?>
I miei occhi si illuminarono, con calma indicai il cadavere del ragazzo che ancora apriva e chiudeva la bocca alla ricerca di un briciolo d'aria speranzosa, la ragazza spalancò la bocca per strillare ma con la massima rapidità la mia penna si insinuò in quella volgare fogna di rantoli poetici bloccando così ogni urlo, lei cadde a terra ancora viva e la osservai divertito mentre cercava di fuggire strisciando, lo sguardo spaventato e frenetico vagava alla ricerca della possibile salvezza ma venne bloccato da un altro colpo di penna che giunse esattamente tra spalla e collo, il suo corpo si irrigidì in un ultimo movimento (ritratto perfetto dell'urlo che avrebbe voluto compiere).
In breve fu formulata la nuova strofa che recitava così:
"Non esiste niente di più degno
Del sacrificio dei questi idioti
Che nel cuor murato in legno
Hanno offeso o mimato doti."
Mi bloccai a riflettere, questa giovane donna era una persona inutile al mondo e scrivere una poesia con il suo sangue era una gravissima offesa all'arte e all'amata che avrebbe ricevuto in dono questo trionfo di versi, avevo bisogno di un corpo più valido, magari un sognatore, il suo sangue saprebbe esprimere al meglio le mie parole.
La mia ricerca non durò a lungo perché mi imbattei ben presto nel noto attore Simon Cos, un polacco che già da qualche mese infiammava i teatri di Parigi e che sicuramente avrebbe arricchito la mia opera con una teatralità nuova e drammatica. Andò lui stesso ad infilarsi in un vicolo buio dove si accese una sigaretta e bestemmiò vigorosamente in seguito a qualche dolore che di certo non conoscevo, in un attimo mi ritrovai dietro di lui e la penna affondò senza indugi nel morbido collo di quel giovane che già bloccato a terra ora mi squadrava con sguardo sprezzante e urlava:
<Vi maledico, lurido idiota, alle spalle mi colpite con una penna, siete solo un mostro, una bestia, un cane, un maiale, un porco..> Rabbioso lo colpì con un calcio in pieno volto e poi mi divertì nell'affondare la penna in quella pelle delicata e pallida, ero infuriato, quell'attore da quattro soldi era stato talmente volgare da rendersi putrido ai miei occhi, nemmeno da morto avrei usato il suo sangue come inchiostro, ma ecco che un movimento dietro di me attirò la mia attenzione:
<Messere Rau? Siete voi?> Lasciai scivolare il cadavere nel buio e mi voltai raggiante.
<Sono proprio io madame> Lei mi stava guardando, la mia amata, la signorina Melanì spinè che lasciava ricadere (contrariamente alla moda dell'epoca) i suoi riccioli castani sulle spalle e che non curante del mondo indossava uno sbiadito abito giallognolo che voleva adoperare costantemente, era molto affezionata a quello straccio nonostante avesse un mucchio di altri abiti da indossare.
<Siete stata a messa?>
<Purtroppo si, mio padre mi costringe>
<lo capisco bene, ma ascoltatemi ora, vi aspetto alle ventitre in punto sotto casa mia, devo mostrarvi una cosa meravigliosa> Melanì soffocò un sorrisetto malizioso e arrossendo mi salutò promettendomi che sarebbe stata puntuale senza ombra di dubbio.
Passò dopo qualche minuto il prete che aveva con tutta probabilità celebrato la messa e che frettolosamente tornava a casa, decisi subito di fermarlo e di prendere un po' del suo pudico inchiostro:
<Padre, dovrei parlarvi>
<Ditemi, in cosa posso aiutarvi?> Il prete si guardava intorno spaventato, non si fidava di me e le gambe fremevano impaurite mosse dalla voglia di fuggire.
<Vedete, ho peccato, questa sera ho ucciso quattro persone>
Il prete sobbalzò e si allontanò di qualche passo.
<Buon dio.. e ditemi, chi sono questi sfortunati?> la voce tremava ma lui cercava di non agitarsi
<Un ragazzo che non conosco ma che mi aveva offeso, la poeta (per modo di dire) Katie Jepà e poi l'attore Simon Cos che ho scoperto essere un volgarissimo personaggio>
Il prete cominciò a tremare davanti alla mia calma glaciale e spaventato balbettò questa frase:
<Ma.. ma.. ma signore.. chi è.. chi è stata.. la quarta vittima?>
Lo guardai con aria di sufficienza e scuotendo la testa sorrisi, appoggiai una mano sulla sua spalla come per confidare un importante segreto e rapidamente lo colpì al solito punto di sempre, il sangue questa volta schizzò e sentii un gemito di dolore percorrere il suo corpo, si gettò a terra e si lasciò morire sul colpo, è stata un'ottima vittima.
Nel tornare al mio muro mi tagliò la strada un giovane che cominciò a sbraitare nel mio orecchio alcune ideologie nichiliste. La moda giovanile prevedeva infatti anche una buona dose di nichilismo ma non prevedeva affatto l'urlare in faccia a rispettabili persone come me, senza accorgermene infilai la mia penna nel suo collo e mentre senza vita si accasciava a terra osservai stupito il sangue di un prete mischiarsi violentemente con quello di un nichilista miscredente, corsi subito alla parete a completare l'opera e in breve fu tutto pronto, attesi la mia amata e la condussi rapidamente al muro dove estasiata ammirò prima il colore di quelle bellissime parole e poi le lesse ad alta voce con un sorriso che lentamente si mutava in una smorfia di orrore e di nausea
"Così io vi voglio amare:
Donandovi passioni focose
Che nel mondo faccian volare
I gemiti delle dame invidiose.
Non esiste niente di più degno
Del sacrificio dei questi idioti
Che nel cuor murato in legno
Hanno offeso o mimato le doti.
Il prete e il nichilista
In un amplesso sanguinante
d'amore a prima vista
portano un messaggio sgargiante
Io vi amo mia signora
questo sangue vi appartiene
e il mio cuore in malora
solo il vostro sogno tiene.
Scandalizzata, si voltò verso di me, i suoi occhi erano spalancati e il colore del suo viso andava impallidendo mortalmente, notò solo ora le chiazze di sangue che si trovavano sul mio vestito, indietreggiò schifata e si acquattò contro il muro cercando protezione.
<Melanì cosa vi prende?> Il suo sguardo spaventato mi pugnalò violento e un impeto di rabbia mi colpì.
<Non apprezzate la mia opera!? È solo per voi> Continuava a fissarmi e a tremare, la mia rabbia cresceva di secondo in secondo, avevo già estratto la penna dalla tasca e rapidamente la infilai nel mio stomaco, soffocai in breve un gemito mentre un fiotto di sangue si faceva spazio a gran voce sulle mie labbra, sorrisi istericamente e mi accasciai a terra tentando di riprendere fiato. Melanì fuggì via ed io restai nel buio vicolo completamente solo..
L'inchiostro ora sta per terminare, sono freddo e pallido e su questo muro lascio il mio ultimo capolavoro che descrive senza censure la mia ultima notte al mondo, addio.
-Rau Lile, Un poeta-
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