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Peccato per il nero

Calma ragazzi, lavorate con calma, ho superato momenti più difficili.
Dolori in tutto il corpo, ma penso sia normale. Non è stato uno scherzo l'impatto.
Dovevo scalare di marcia, invece ho frenato. La curva non era poi così stretta, la strada bagnata, ma nemmeno tanto. È la peggiore, mi hanno detto.
Così sono andato dritto. Sempre più veloce. Ho invaso la corsia opposta alla mia ed ho visto un muro. Un muro altissimo. Si dirigeva verso di me. A folle velocità per un muro.
"Ora lo scopro" ho pensato. "Morire, scopro com'è." Non ho visto la mia vita in un secondo, sarebbe ben poca vita a pensarci. Ho pensato a lei invece. " Vedo tutti nero e non riapro gli occhi."
Nero l'ho visto, ma gli occhi li ho riaperti. Frammenti di denti tra schegge di vetro, giro giro tondo. Con uno spettacolare testa coda sono tornato sulla mia corsia. Contro un nuovo muro. Andava più piano questo.
Nero. E lamiere. Nero, ma sento. Non vedo ma sento le voci, dal tono sembrano preoccupate. Parlano del mio sangue. Ne sto perdendo troppo, dicono. A me dà fastidio il sapore, questo sapore di sangue in bocca è la cosa peggiore. Più dei dolori lancinanti in tutto il corpo. Poi che non vedo, anche questo non mi piace, credo sia ancora il sangue la causa: mi copre gli occhi, ma non posso pulirli, non riesco a muovere le braccia. Fratture multiple scomposte. Sorrido, non so nemmeno cosa significhi.
Vengono in mente frasi di cui ti sfugge il senso, come quelle che sento. Peccato per l'orecchio. Quello destro. Devo averlo perso al momento del secondo impatto o forse il primo, non so. Sento meglio dal sinistro comunque.
Sento che si stanno arrendendo: non mi muovo e le lamiere che mi circondano devono essere così sporche di sangue da far credere che dentro di me non ne sia rimasto. Invece ce n'è ancora abbastanza da alimentare ciò che resta del pensiero.
Mi dispiace che si stiano arrendendo: l'istinto di conservazione, più forte di qualsiasi dubbio sull'essere, mi rimane attaccato alla pelle nonostante le lamiere.
Mi dispiace, ma forse hanno ragione. Non sento quasi più dolore. Le gambe, che fino a qualche secondo fa erano attraversate da un dolore quasi insopportabile, adesso non le sento più.
Mi dispiace che dovranno dirglielo. Vedo la sua faccia trasformarsi in una smorfia di disperazione. Poi piangerà. Forse per anni. Ma continuerà con la sua vita: è giovane e bella. Era bello averla accanto.
Resteranno i fiori.
Di me resteranno i fiori che lei porterà su questo tratto di strada.
Io non li vorrei nemmeno, mi danno una tale tristezza quando li vedo. Hanno accanto anche una foto spesso. Vedo fiori appena colti ed altri ormai secchi. Le strade sono piene di fiori, nascono sull'asfalto.
Anche i miei diventeranno secchi. Fiori morti in memoria di un morto. Anche per questo non li vorrei. Ma tanto non lo saprà nessuno. Che strano il mio ultimo pensiero. Penso ai fiori. Dovrei pensare a lei invece. Quanti fiori le ho regalato. Quanti sorrisi con i fiori. Stavo bene in quei sorrisi.
Anche adesso sto bene. Non provo più alcun dolore.
Peccato per il nero.
Un nero così intenso che non lo saprei raccontare.

 

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