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Il mondo di Genny (prima parte)

Genny si era svegliata di soprassalto, senza dare il tempo al corpo e allo spirito d'adattarsi allo stato di veglia, con un balzo si era messa a sedere sul letto.
Doveva controllare. Quanti ne aveva persi quella notte?
La parrucchiera aveva provato a rassicurarla - è colpa dello stress, usa queste fiale una volta a settimana e vedrai che andrà meglio. Dopo una sola applicazione pretendeva già un miracoloso risultato.
La pazienza non era mai stata il suo forte, odiava le attese, i suoi amici lo sapevano bene, si erano ormai abituati da tempo alle occhiate di rimprovero condite da frecciatine per anche soli cinque minuti di ritardo.
Rimase impalata per qualche secondo a fissare i lunghi capelli ramati rimasti sul cuscino, li spazzò via mentre lo sguardo andava a posarsi lontano, oltre la finestra, sulla cima del ghiacciaio in grado di sopravvivere al sole estivo.
Specchio, specchio delle mie brame, chi è quell'orribile giovane vecchia dal colorito spento e le pesanti borse da insonne sotto agli occhi? Stentava a riconoscersi, ma gli specchi non mentono mai, non ne hanno motivo, non sono come le persone.
Lo stomaco prese a brontolarle forte, da quel maledetto 5 maggio era ingrassata di 3 chili, i jeans iniziavano a tirarle, ma incurante andava avanti, offrendo cibo in dono al suo dolore.
La crema al cioccolato fungeva d'anestetico, la sua dolcezza le riempiva la bocca, scivolava nella gola e poi giù nelle profondità dello stomaco.
Mangiava avidamente, come se temesse che qualcuno potesse strapparle via il secondo croissant dalle mani.
Tornò in bagno per lavarsi i denti, poi ci ripensò e invece dello spazzolino prese un pacco di biscotti dalla cucina.
Uscì in giardino a piedi nudi portandosi la mano piena di briciole davanti agli occhi per coprirsi dal bagliore del sole e dalle sue calde carezze sul viso. Appoggiò la schiena alla betulla scivolando lentamente, come in trance, fino a che non si ritrovò seduta.
Le immagini le scorrevano davanti come un film muto mentre i frollini al burro le si scioglievano in bocca.

Rivide davanti a se l'orologio a muro del suo ufficio, le 18:15, ancora un quarto d'ora e poi sarebbe andata a comprare il regalo di compleanno per la mamma, un bel braccialetto in argento con i ciondoli, l'aveva visto uguale sulle pagine di una rivista, era certa che le sarebbe piaciuto e che l'avrebbe guardata con quell'espressione di gratitudine riservata solo a lei e al fratello.
Le piaceva quell'ufficio, era in centro, sulla via pedonale dov'era un susseguirsi di negozi. Gli interni erano così luminosi, dietro la scrivania una vetrata che dava sulle vallate circostanti, era come avere il mondo a disposizione, un mondo educato, alle sue spalle, così da non darle disturbo mentre era occupata al telefono con i clienti, a rispondere alle mail o a smistare fatture.
Una volta imparato bene non era un lavoro complicato, richiedeva ordine e precisione, caratteristiche che a lei di certo non mancavano; non c'era niente di speciale in quello che faceva ma Genny era contenta di occupare la sua postazione, di quella serena routine.

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1 commenti:

  • Aedo il 26/10/2012 22:51
    Hai una capacità narrativa notevole, che cattura il lettore al nucleo del racconto. Attendo la continuazione. Bravissima!
    Un abbraccio

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