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La coperta rossa

L'inverno ostentava freddo servendosi del vento che lo spandeva sulla piazza e lo insinuava nei vicoli del borgo...
Berrette, bocche fumanti e baveri tenuti alti da mani arrossate, comparivano sulla scena per poi sparire al caldo del bar.
Su una panchina gelida, vicino al pruno (ovviamente secco) la Rebecca aspettava il suo palpitatore di cuore raggomitolata nel cappottino di lana cucitole dalla mamma...
Che spettacolo i primi tempi di una storia!
Si appartavano a bordo della Uno grigia sul punto panoramico della collina e mentre la valle scorreva nel buio le loro vite scorrevano nel loro raccontarsi a vicenda... Poi una rotondità al punto giusto, un profumo, un abbraccio... E il punto panoramico pur rimanendo romantico diventava troppo in vista, dovevano cercarne uno più idoneo e per non lasciare che il freddo rubasse il loro calore arrivava la coperta rossa.
Col passare del tempo e delle stagioni la coperta era diventata una compagna d'avventura a cui affezionarsi, l'aveva scampata bella anche quella volta che i due ragazzi si erano infossati con la macchina e per fare uno spessore meno scivoloso del fango sotto la gomma che slittava, era stata sacrificata proprio lei, la Red (come la chiamava in inglese la Rebecca per conferirgli un tono aristocratico);
che sollievo poi quando tornò a compiere il suo dovere dopo che la lavanderia la riconsegnò tutta profumata, anche se ora portava i segni della lotta col pneumatico.

Alcuni anni dopo, quando la storia fra lui e lei(1) era sepolta da montagne di minuti oramai trascorsi e inutilizzabili, quando Michele apriva l'armadio nel ripostiglio della sua nuova casa e la vedeva piegata e scolorita, provava ancora una piacevole sensazione... era bello possedere qualcosa di concreto che rendesse meno astratto il ricordo(2) del periodo della mitica Red.

Nel frattempo...
In un sabato sera di provincia, Mario era nell'età più irritante della vita, l'adolescenza, irritante per chi l'ha già vissuta e riconosce le voci appena uscite di crisalide e gli atteggiamenti forzatamente da adulti che stridono con quelle facce d'angelo e la loro puzza di piedi.
Mario si aggirava per le strade gelide (troppo fredde anche per la neve) con la sua ghenga...
(La ghenga non sentiva freddo, godeva del calore degli ormoni rombanti...)
Quella sera sembrava uguale a tutti gli altri sabati sera, camminavano l'asfalto avanti e indietro e anche se dentro erano pieni di sogni, sembrava che il nulla avesse la meglio... come sempre.

Ma appunto... sembrava...

All'incrocio della via s'imbatterono nella combriccola dell'Anna (oh Anna! La simmetria del suo nome si sposava con la simmetria del suo seno) che tornava a casa dopo l'incontro col prete della parrocchia;

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l'autore Bob di Twin Peaks ha riportato queste note sull'opera

1 qui si può ascoltare "lui e lei" di guccini
2 qui..."Maria Maddalena" del teatro degli orrori
3 qui..."mi piaccion le sbarbine" degli skiantos


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2 commenti:

  • Bob di Twin Peaks il 12/11/2012 20:56
    in effetti anch'io sono uno di loro... non un visitors eh, intendo uno che si affeziona agli oggetti, sulla libreria troneggia il registratore regalatomi per la cresima anche se adesso manda solo un sibilo sgraziato... Grazie del commento mi regali sempre un sorriso
  • Clodia. il 12/11/2012 16:12
    una piccola storia umana raccontata attraverso un oggetto d'uso... che spettacolo! è proprio così: gli oggetti possono essere dei grandiosi ricettacoli di storie.
    (sarà per questo che io non riesco mai a gettare via ciò che una volta mi è stato utile? sì, è anche per questa ragione.)

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