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Non è colpa di nessuno

Passarono pochi minuti e la polizia era già sulla scena del crimine. Le auto erano in fiamme, la strada era crollata e nel fumo non si intravedeva nessun sopravvissuto. Non erano rimaste speranze nel trovar qualcuno vivo. I poliziotti facevano il loro lavoro mentre i pompieri tentavano di spegnere quel fuoco ardente. C'era ancora paura di qualche fuga di benzina che avrebbe potuto causare un'esplosione che in pochi secondi avrebbe ucciso tutti. L'ordine fu quello di spegnere prima tutte le fiamme rimanenti, ormai non avevano speranze di trovare ancora qualcuno vivo. Un vecchio ufficiale di polizia si rivolse a un sergente dicendo: "Ehi, sergente Evans! Dobbiamo andare via da qui, porti il culo sull'autoblindo." Evans era di spalle. Osservava la scena. Il camion con il quale era stato compiuto l'attentato. La strada che crollava a pezzi. Le auto distrutte, incendiate. I morti al loro interno non più riconoscibili. Le fiamme si erano nutrite della loro pelle e della loro carne, erano ancora fumanti.
Evans osservava un'auto in particolare. Una BMW Berlina. Al suo interno potevano essere scòrsi quattro corpi, ma i loro visi erano indistinguibili. Le fiamme avevano dato fine a quelle quattro vite e fra quelle quattro ce n'era una in particolare per il quale Evans osservava molto. Un tumulto partì dallo stomaco fino alla gola. Il calore salì e la testa scoppiò. Gli occhi cominciarono a farsi rossi. Evans cercò di trattenere le lacrime, ma fu tutto invano. Le lacrime scesero fino ad arrivare alla benda che portava intorno alla bocca. Quella BMW Berlina non aveva vita lunga. La comprò a suo figlio per la laurea al college e adesso era lì, morto. Non riusciva ad accettarlo, si illudeva che quello non fosse suo figlio ma dentro di se sapeva che lo era. Gli occhi di Evans si oscurarono, non vedeva più nulla. Non aveva bisogno di vedere o sentire nulla. Il pezzo più grande della sua vita era scomparso per sempre.
L'ufficiale si diresse vicino a lui: "Evans, ti ho detto che dobbiamo..." l'ufficiale vide le lacrime del sergente. Non disse nulla. Non c'era da dir nulla. Evans non riusciva né a muoversi, né a spostare gli occhi da quell'auto ma non si avvicinava ad essa. Non avrebbe mai avuto il coraggio di guardare il viso bruciato di suo figlio. Cadde in ginocchio. Poi posò il viso per terra e i lamenti cominciarono ad uscire dalla sua bocca. Non aveva sofferto mai così tanto, nemmeno quando perse sua moglie nel momento del parto. I medici riuscirono a far nascere sano e salvo il bambino, ma la madre non ce la fece. Da quel momento suo figlio David divenne tutta la sua vita. Gli dava più affetto da solo di quanto qualunque classica famiglia americana avrebbe potuto mai fare. Avrebbe preferito morire che sopportare quel dolore atroce.
L'ufficiale diede l'ordine di portare via Evans da lì. Scesero tutti per costringerlo ad andare via da lì. Sapevano che era sbagliato, ma sapevano anche che lasciarlo da solo in quella situazione sarebbe stato un errore. Ci vollero cinque uomini per costringerlo a salire sul camion. Evans era molto alto e aveva grossi muscoli, sarebbe resistito a qualunque dolore fisico. In quel momento era l'anima a soffrire, la sua era debole e sensibile.
Pianse per tutta la durata del viaggio nell'autoblindo. Dalla sua bocca però non uscì nessuna parola e lo stesso valeva per gli altri poliziotti. Proferir parola sarebbe stato del tutto inutile, proprio come l'attentato. Era tutto inutile.

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