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Memorie inutili

Sai, alla fine la vita si riduce a pochi attimi. Momenti che scorrono nel tempo. Il tempo: dicono che sia un'invenzione dell'uomo, un sotterfugio utile a organizzare la propria esperienza. Tutto si riduce a questo, alla consapevolezza che la vita trascorsa altro non è che una serie di ricordi ed emozioni che vivono liberi nella nostra mente finché la salute lo consente. Risulta un concetto piuttosto complicato da spiegare, ma molto semplice da immaginare, un po' come la filosofia di Platone e il pensiero della divisione del mondo in due separate realtà. Ricordo che quando per la prima volta conobbi questa tanto semplice e scontata verità, mi trovai come spaesato all'idea che una persona, seppur migliaia di anni prima, possa aver basato tutta la sua esistenza su concetti così elementari da risultare, superficialmente, tanto inutili quanto una coperta di lana nel dì del deserto. ricordo che quel giorno feci una domanda: "come è possibile che noi oggi studiamo e ammiriamo tanto, un soggetto che l'unica cosa di cui è stato capace, è lo spiegare un processo mentale talmente naturale e precostituito, da risultare all'apparenza inesistente?" "è chiaro che ogni qualvolta pensiamo, vediamo, sentiamo, una qualsiasi cosa astratta o materiale, la associamo ad un'idea, talmente tanto astratta da non esistere, ma talmente tanto concreta da risultare l'elemento di congiunzione tra la realtà fenomenica e l'individualità che ci contraddistingue. Penso che sia troppo logico, per ognuno di noi, questo concetto, così logico da risultare inutile la sua espressione" il fatto è che allora non capivo ciò che è necessario rappresentarsi nella vita, ciò che risulta indispensabile toccare per non diventare nebbia fina; non capivo che siamo frutto di ciò che ricordiamo, frutto della panzane che raccontiamo, a noi e agli altri, e vince chi della memoria se ne fa beffa, anziché chi se ne fa forza, poiché, volente o nolente, alla fine dei nostri tempi ci ritroveremo a catalogare quali siano state le falsità e quali siano state le verità frutto dei nostri ricordi. una cosa però non mi è ancora chiara, e per questo mi tormenta ed esaurisce ogni attimo della mia, fin qui, breve esistenza: "Perchè la vita dell'uomo, la vita di ogni soggetto intelligente o stupido che sia, si completa, si eleva raggiungendo l'apice, solo quand'è stato raggiunto il fondo più nero del concetto stesso di nero?" "perchè il nostro spirito si riempie di felicità, di vita, solo quando la vita diventa per un attimo l'unico vero problema da eliminare?". Talvolta mi sembra di diventare pazzo, non riesco a farmi una ragione del fatto che viviamo continuando a rincorrere attimi di felicità che realmente non desideriamo, poichè conduttori di altra insulsa noia; e che il continuo scappare dal dolore che tutti noi insegue, risulta controproducente, tanto che è il dolore stesso l'unico veicolo attraverso il quale ci si potrebbe sentire vivi. È come il giocatore d'azzardo, che insegue in continuazione la vittoria, ma che nel momento in cui la trova, si sente improvvisamente spaesato e inutile, tanto da dover, ancora più compulsivamente, ricominciare a scommettere, e a perdere ancora e ancora, così che solo la sconfitta, quella ultima, potrà fermare e colmare il suo vuoto; come ci si sente pieni di vita dopo aver perso tutto a un tavolo da poker; come ci si sente forti nel ripeterci, con i brividi che corrono lungo ogni parte del corpo, "io sono ancora qui". Io penso che non sia riproducibile attraverso nessuna falsa felicità, nessuna vittoria, piccola o grande che sia, lo smisurato amore che per se' si prova in quei maledetti momenti.
Di tutto ciò però ancora non capisco il motivo, di senso non ne ha, poiché di fondo tutto ciò comporta una continua immobilità mascherata da moto perpetuo (o almeno finchè il sangue pulsa nelle vene), data dal fatto che la vera vittoria la si trova nella sconfitta, e più dura è essa, più ampio sarà l'amore di cui si riempie il nostro spirito. Di fatto se così è, per analogia, la morte potrà essere l'unico vero raggiungimento della vera felicità.
Mi sembra tutta una grande cazzata, io non capisco, e probabilmente non capirò mai!

 

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3 commenti:

  • gabriele il 24/06/2013 12:12
    Grazie mille!
  • Anonimo il 23/06/2013 16:20
    Non si deve capire tutto, importante è "cercare" e le tue riflessioni sono una bella prova vitale. Mai fermarsi col chiedersi i perché anche se a volte sembra d'impazzire. Chissà, nessuno è tornato dall'"altrove" a raccontarci, forse la morte è davvero "la prima notte di quiete". Ben scritto ed è bello leggerti!
  • augusta il 23/06/2013 14:46
    penso che la morte sia la vera felicità... ho sempre avuto questa idea... cmq il tuo racconto mi ha colpito... sono etrene domande che ancora oggi mi faccio :bravo 1 beso

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