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Come Fenici

Leonardo si sistemò la cravatta mentre, davanti allo specchio, si esercitava a produrre il sorriso più convincente che riusciva a fare. Il risultato non era dei migliori, anche perché ognuna delle rughe che si formavano sul suo volto per lo sforzo era scolpita dal ricordo di ciascuno dei momenti, nei precedenti sei mesi da quando si era trasferito a Firenze, in cui un suo dipinto era stato rifiutato dall'importante collezionista o gallerista di turno.
Leonardo è un pittore, sin da quando, all'età di cinque anni, prese un pennarello indelebile e disegnò i baffi alla sua sorellina, di due anni più piccola. In quel momento, anche se non se rese conto immediatamente, decise che avrebbe dedicato la sua vita all'arte, magari con obiettivi un po' più altisonanti del disegnare i baffi sulla faccia delle persone. Cinque anni di liceo artistico e altrettanti anni di accademia delle belle arti dopo, era a Firenze, a suonare alla porta dei più famosi collezionisti d'arte in cerca di fortuna. Sei mesi dopo era ancora a quel punto, con zero dipinti venduti e, ovviamente, neanche mezzo contratto. Leonardo aveva cominciato a pensare di aver commesso qualche errore di valutazione nel pensare che il disegnare i baffi alla sorellina fosse indice di un estro creativo redditizio.
Aveva deciso che quello sarebbe stato il suo ultimo tentativo e, in caso di fallimento, avrebbe buttato il pennello e la matita e sarebbe tornato a casa a Milano, magari per diventare professore. Ovvio che la prospettiva non lo eccitasse granché.
Da questa premessa è facile capire il nervosismo quantificabile in rughe e tick nervosi che affollavano il suo volto, quella mattina, prima di andare a mostrare il suo ultimo lavoro al Dottor Marchi, collezionista e critico d'arte così noto a Firenze che Leonardo gli aveva attribuito l'onorevole ruolo di ultima spiaggia.
Leonardo, si è capito, non è esattamente l'uomo più deciso di questo mondo. Già quattro volte aveva tentato di trasferirsi a Firenze, ma le notevoli capacità oratorie della madre l'avevano dissuaso. La quinta volta, era riuscito finalmente a rispondere "sì" alla domanda di rito della madre "Sei sicuro?" con cui in genere riusciva a smontargli tutto l'entusiasmo in due secondi: Leonardo, ripeto, non è esattamente l'uomo più deciso di questo mondo. Lei, esterrefatta, aveva tentato un ultimo attacco alla già turbolenta psiche del figlio: "Davvero?" aveva detto. Lui aveva annuito con insolita decisione, mentre nella sua testa risuonava una maestosa musica trionfale, accompagnata da applausi da sit-com.

Leonardo aveva ormai rinunciato al sorriso convincente e aveva deciso che semplicemente non si sarebbe curato troppo della sua espressione durante il colloquio. Si diede un'ultima pettinata e si avviò verso le scale. Le scale del condominio, di cui Leonardo abitava l'appartamento al terzo piano, avevano un potere miracoloso: più lui scendeva, più il suo morale saliva, anche se non sapeva bene spiegarsi il perché. Forse dipendeva dalla luce che entrava dalla finestra posta lungo i gradini, che non poteva non illuminare chiunque passasse di lì. Arrivato al primo piano, salutò Francesca che, come al solito, usciva di casa alla stessa ora. Francesca era una studentessa di lettere del secondo anno, ma questo era tutto ciò che lui sapeva di lei. Quando la salutava, lei ricambiava sempre con un sorriso radioso, mentre richiudeva la porta d'ingresso e lo raggiungeva verso le scale con una grazia che Leonardo non aveva mai visto in altre donne. Ne era attratto? Difficile a dirsi, sicuramente ne era incuriosito, ma era tutto qui, perché quei pochi secondi la mattina erano l'unica occasione che aveva di incontrarla e, sempre preso dal suo lavoro, non aveva neanche interesse a vederla ancora. La loro strada si divideva già all'uscita del condominio, quando Leonardo si dirigeva al bar lì accanto e Francesca prendeva la sua bicicletta per andare in università.

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1 recensioni:

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  • Glauco Ballantini il 16/04/2014 07:19
    Il cambio della prospettiva, la nuova interpretazione, la chiave di volta.
    La luce era nel buio.

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