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Il campanello

Ho un campanello, fuori dalla porta, che ha un suono ironico, come volesse dire di aspettare ad aprire ché hanno suonato per scherzo.
Io lo so e gli do retta, cincischiando sempre un po' prima di chiedere chi è. Non suona spesso, perché abito in un luogo isolato e abbandonato da Dio, così almeno ho creduto fino a quel giorno, nell'unico modo che ho di credere a qualcosa che ancora non ha suonato il campanello della mia curiosità.

— Dlìn dlàn! — capii che qualcosa stava andando per il verso storto, perché mai si era permesso di suonare mentre frugavo nella spazzatura.
Cercavo lo scontrino d'acquisto della macchina tritaghiaccio che si è rotta prima ancora di addentare un cubetto, e l'aveva fatto subito dopo che avevo infilato la spina nella presa della corrente.

— Dlìn Dlàn! — insistette il suono, aumentando il mio fastidio
— Chi è? — dissi nervoso, sperando se ne andasse senza prima volermi stringere la mano
— Siamo venute a consegnarle un omaggio... — fu la timida risposta
— Lasciate pure sullo zerbino— dissi, allontanandomi dalla porta
— Non possiamo farlo— rispose una delle due
— Non ci è possibile lasciare a terra la parola che è rivolta al Cielo— ebbi un sobbalzo prima di rispondere
— Appendetela alla maniglia, allora... — vidi la maniglia abbassarsi piano e poi rialzarsi per riabbassarsi di nuovo, ma senza che ci fosse una spinta per aprire la porta
— Non riusciamo ad appenderla— dissero entrambe
— La prego ci apra— continuò la voce, quasi fosse abituata alla sconfitta
— No! — dissi io
— Non ho tempo per le sciocchezze! —
— Ma queste non sono sciocchezze, è la parola di Dio che vuole essere ascoltata dalle sue orecchie... — io non avrei aperto neanche a Satana, il macellaio che chiamavo così perché si era rotto il labbro superiore, scivolando sul sangue che bagnava il pavimento della sua bottega, proprio nel punto di attacco con quello inferiore, dando al suo volto l'espressione maligna che quel buon uomo non meritava
— Andate via! Non parlo la stessa lingua di Dio, e non mi fido delle traduzioni fatte da altri che, come me, quella lingua non conoscono—
— C'è una sorpresa all'ultima pagina del nostro opuscolo, è una specie di gratta e vinci spirituale che funziona solo se lei avrà letto tutto l'opuscolo. Le dirà se avrà guadagnato il paradiso, o si sarà meritato l'inferno—
Io stetti in silenzio e con le orecchie tese, ad aspettare lo scalpitio dei tacchi sugli scalini che avrebbe allontanate le impiccione dalla mia porta.

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3 commenti:

  • Anonimo il 28/05/2014 17:05
    Mi sa che sono gli stessi a fare i gratta e vinci che rimedio io... la frase è simile!
  • massimo vaj il 28/05/2014 16:43
    La misura che consente, oppure no, di scrivere storiellette ironiche sulla religione e su Dio, è data dalla tranquillità della propria coscienza. Se si è onesti, e aderenti nel proprio vivere alle verità che la Trascendenza ha messo al centro di tutte le religioni non duali e, su un piano più elevato, al centro della dottrina metafisica, si può scherzare senza temere conseguenze.
  • Teresa Pisano il 28/05/2014 16:20
    Va bene, lo ammetto, leggo i tuoi racconti fino alla fine, perche' scrivi bene, sei ironico, anche se a volte la tua ironia e' pungente, e voglio sapere come va a finire ogni volta, ma pur essendo io stessa una persona abbastanza autoironica, l'ironia su tutto cio' che riguarda Dio, religione, qualunque sia, L'uomo e Dio ecc.. non riesco ad accoglierla. Certo potrei non fare commento alcuno e infatti non commento il contenuto ma la forma e, ti dico bravo, scritto bene!

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