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Il cubo magico

"In quanti sono?" La domanda resta senza risposta. Dall'edificio nessun cenno, l'appello ad arrendersi era caduto nel vuoto, dopo un breve silenzio echeggiarono numerosi colpi di arma da fuoco e un rumore di vetri in frantumi. In Piazza Savonarola non si era mai visto un simile dispiegamento di polizia. Le voci corrono e dietro le transenne la folla di curiosi era tale che gli agenti faticavano a contenerla. "Ci sono dei morti?" Nel ripostiglio, poco più di un armadio, si respira a fatica, sembra impossibile che uno spazio così angusto possa contenere due corpi. La paura fa miracoli. Le raffiche avevano lasciato il posto al silenzio interrotto solamente da grida incomprensibili e da una voce prepotente che alternava ordini a minacce. Aveva fatto appena in tempo a spingere Sara e chiudersi alle spalle il battente, a salvarli era stato il vetro della finestra che per un istante aveva riflesso l'immagine di due uomini armati che si facevano largo tra la fila in attesa. Non aveva pensato a nulla, aveva solo dato retta al suo istinto. Sara tremava e non riusciva a smettere di piangere. "Stai zitta, se ci scoprono, ci ammazzano". Per tutta risposta sentì un liquido caldo sulla gamba e l'odore acre di urina, Sara tentò di giustificarsi, Filippo la strinse ancora più forte ripetendole di tacere. Le labbra erano talmente vicine che le parole sembravano sbatterci contro. Adesso sentiva quel corpo aderire al suo, la paura non gli impediva di provare emozioni sempre più forti. Il buio era totale, non c'era spazio per nessun movimento, era difficile anche respirare, l'aria era poca e la polvere accumulatasi negli anni non aveva apprezzato quell'intrusione. Il forte odore di urina era l'unico segno vitale, qualcosa cui aggrapparsi per continuare a sentirsi vivi. Ogni rumore anche il più piccolo trasformava la paura in terrore e il silenzio non migliorava le cose. Si sforzò di essere razionale, doveva rimanere concentrato, lucido, se voleva salvarsi, doveva ragionare, doveva evitare di farsi prendere dal panico. Sentiva il corpo di Sara tremare e incollarsi al suo. Si scoprì turbato. Lavoravano insieme da tanto, ricordava ancora il colloquio per l'assunzione, le era piaciuta la sua naturalezza, la sua spontaneità. Il tempo aveva confermato quelle impressioni ma non aveva mai provato nessun interesse particolare. Non era solito farsi coinvolgere, si chiedeva spesso se avesse mai provato una vera attrazione, se ne fosse capace. Era uno di quei pensieri però che abbandonava in fretta come tutto quello che non poteva pianificare. Adesso mentre ricordava quei particolari, la rivedeva muoversi, capelli neri, occhi grandi nocciola, una leggera forma di strabismo, quel suo sorriso particolare e contagioso, ora riviveva quei momenti in modo diverso. Quei ricordi adesso lo turbavano, faticava a convincersi che la persona che stava stringendo fosse Sara. L'eccitazione era fortissima. Pian piano, quello che stava succedendo di là dalla porta non sembrava più interessarlo, era lì e provava emozioni inimmaginabili, aveva sempre più difficoltà a mantenere il controllo, al punto da non riuscire a frenare un'erezione. I pensieri scorrevano su un doppio binario, tentò di proteggersi sforzandosi di materializzare momenti, particolari, la famiglia, il lavoro. Stavolta però non funzionava. Si sentiva ridicolo, non era la situazione a terrorizzarlo ma quello che stava scoprendo. La consapevolezza di quella fragilità lo spaventava più del rischio di essere scoperti. Era sempre stato convinto di poter controllare ogni situazione, aveva costruito la sua vita su poche certezze, rinunciando a tutto ciò che poteva metterle in discussione. Basta un soffio per far cadere un castello di carte. Un soffio appena... Il panico aveva lasciato il posto a un groviglio di sensazioni confuse, l'unica certezza era la voglia vivere quel momento, di stringere quel corpo il più possibile, goderne la vicinanza, annusarlo. Sara non andava oltre le sue paure, percepiva Filippo come l'unica ancora di salvezza e non sembrava cogliere quello che lui stava vivendo. Non è facile misurare il tempo in quelle condizioni, il buio dopo un po' smette di proteggerti e lo percepisci quasi come una minaccia, ogni piccolo rumore aumenta la pressione. Lo specchio può far paura anche quando non riflette nessuna immagine.. Non aveva mai sopportato gli imprevisti, non sapeva gestirli, veniva assalito da un'ansia insopportabile. Gli succedeva da sempre, fin da bambino. A sette anni risolveva qualsiasi rebus, componeva puzzle impossibili, in pochi secondi ti riconsegnava il cubo di Rubik risolto ma, bastava un niente per mettergli agitazione. Aveva trovato il modo per limitare al massimo queste circostanze, programmava ogni minimo particolare della giornata, la borsa, l'agenda gestita in modo quasi maniacale, gli spostamenti. Era stato così anche per la sfera affettiva, aveva riconosciuto subito la donna che sarebbe diventata sua moglie, soprattutto la madre dei suoi figli. La carriera aveva rispettato la tabella di marcia fin nei minimi particolari. La lista era lunga, casa, auto, vacanze, soltanto i figli ogni tanto sfuggivano al layout ma anche questo l'aveva messo in conto. Perfino la rapina... ne ebbe la conferma incrociando lo sguardo di uno degli uomini in manette che usciva dall'edificio spintonato dai poliziotti. Si accorse di averla già archiviata, erano i suoi sensi, la loro reazione imprevista a impedirgli di rientrare nella realtà. Nella sua realtà. Un cane abbaia in lontananza, un suono di campane, il cigolio di una porta. Rumori rassicuranti. È tutto finito. Senti delle voci, percepisci che c'è qualcosa di diverso. Non ti muovi ma i corpi pian piano si sciolgono. Non provi niente, ti senti svuotato. Sai che nulla sarà più come prima, le sensazioni che hai provato hanno rotto l'involucro in cui ti eri avvolto per non vedere, non sentire. È tutto finito? Filippo guarda Sara che stringe forte il figlio, vede un uomo avvicinarsi, lo abbraccia, sembra voler dire qualcosa ma sceglie il silenzio. La tensione è ancora forte, nell'aria si percepisce la voglia di tornare alla normalità. Impiegati, clienti, qualche curioso, la folla all'esterno ogni tanto applaude. Qualcuno gli allunga la mano, altri commentano. Il commissario lo invita a seguirlo per completare il verbale, "Per fortuna tutto si è risolto con un naso rotto". L'odore di urina che proviene dai suoi pantaloni mantiene vivi quei momenti, li conserva. Prima di varcare la porta del suo ufficio si regala un ultimo sguardo, i loro occhi s'incrociano, quelli di Sara tradiscono ancora le tensioni anche se trova il modo di sorridergli. Guarda quel corpo, lo fruga ma non ci ritrova quelle sensazioni, non è lei ad aver scombinato il suo ordine. Non sa se deve provare sollievo o sconforto. Uscì per ultimo, le abitudini sono dure a morire, si fermò sulla porta a salutare la guardia, girandosi si accorse che il figlio lo stava aspettando appoggiato all'auto. "Questa ti mancava" disse abbracciandolo. Restò in silenzio, non c'era nulla da dire. Poche centinaia di metri, la potente BMW si ferma al semaforo. Filippo fruga nella borsa, estrae un piccolo cubo magico, armeggia per qualche minuto e lo appoggia sul cruscotto perfettamente risolto. "Accelera, altrimenti arriviamo tardi per la cena."

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1 commenti:

  • Maurizio Gagliotti il 10/10/2016 17:34
    Gradevole e ben fatta... moderna ed un poco osè anzi molto più che ose PIACIUTA..

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