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L'Ultima Fermata

A mia madre


Silenziosi reduci di una giornata che volgeva al termine, Michele e Rosa, tornavano alla loro dimora affannati, anelando un attimo di respiro, con sguardi vacui, dimessi, rimettendosi alla pietà dell’afa che li aveva riuniti ancora una volta in quel simposio cittadino.
Erano insieme, a condividere quel viaggio come ogni giorno, su quel treno che li conduceva al cuore della città, attesi e accolti come da una madre. Talvolta, avevano entrambi la sensazione che quel treno li riportasse ai propri sogni, perchè era molto il tempo che passavano in quel luogo di passaggio, amico e nemico in egual modo.
Rosa beveva acqua da una bottiglietta di plastica, né assorta, né attenta, stranamente serena, quasi rassegnata. Michele guardava fuori dal finestrino e pareva che nulla fosse di più importante al mondo se non la certezza che la pianura fosse ancora là, percependone appena i colori, e intuendo che sarebbe rimasta là ancora per un tempo immemore.
Non una parola era stata pronunciata dalla sera prima da lui, dopo aver ascoltato quasi con disinteresse la notizia di Rosa. Ma Rosa lo sapeva bene che aveva colpito nel segno. Aveva sempre percepito, in tutti quegli anni insieme, prima al paese, in Basilicata, poi a Milano, trasferitisi dopo che si erano sposati nella chiesetta di San Nicola, che quando Michele non parlava e non aveva nulla da dire, significava che stava meditando dentro di sé, che rimuginava le parole, che era sempre sul punto di cadere da quel precipizio, o di sostenersi a stento, aiutato dalla mano invisibile di qualcuno che lo salvava all’ultimo istante prima di volare giù, e che poi, alla fine dei conti, era se anche stesso.

Aveva capito Rosa da molto tempo che a lui proprio non era andata giù che lei avesse fatto un po’ di strada lì al negozio di sartoria dove lavorava, mentre lui era rimasto sempre un operaio non specializzato, e non guadagnava nemmeno per pagare il mutuo, dovendo arrotondare con un dopolavoro in una tipografia.
Intuiva Rosa, l’imbarazzo di Michele, nell’avere una moglie più brava di lui, una moglie che sapeva dire sempre la cosa al momento giusto, che sapeva prendere in mano la situazione laddove lui non riusciva, il che era la maggior parte delle volte. Una moglie che aveva cercato di coltivarsi, e di trasmetter a lui l’interesse per le cose del mondo, che non ci era stata a rimanere nel suo loculo e non sapere nulla, che aveva voluto sperimentare a modo suo l’arte di proferire parole, di scriverle di leggerle.
Una moglie quasi perfetta insomma, tranne per quella sua incapacità di cambiare forma, di nutrire un seme, di far sbocciare un fiore.
A questo pensiero, gli occhi bruni di Rosa ebbero come un lampo, uno scintillio carezzevole quasi, una sorta di brillio consolatorio, di chi ha provato a raggiungere la meta ma senza sapere di dover incontrare oltre a sassi e sterpaglie, l’azzurro occhio del mare, amorevole con i propri figli, ma severo con chi non sapesse stare a galla e lasciarsi condurre dalle onde.

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8 commenti:

  • Sergio Fravolini il 15/08/2010 11:25
    Belle parole di un racconto molto molto bello.

    Sergio
  • Nunzia D'Andrea il 20/08/2007 13:08
    Caro claudio, se sono riuscita a fare questo, allora ne sono davvero felice. Un caro saluto
  • Claudio Amicucci il 14/08/2007 14:35
    Veramente introspettivo e con quella sensibilità tipica di voi donne! Come uomo ho capito il messaggio e oggi mi spingi a scendere alla prossima fermata per ricucire qualche piccola sdrucitura nel lungo cammino fatto insieme a mia moglie. Grazie, cara, a volte sai, andiamo educati e non rimproverati o repressi, se vogliamo apprendere l'arte del vivere insieme con gioia e con la volontà di giungere insieme fino alla fine dei nostri giorni. Ciao Claudio
  • roberto mestrone il 12/06/2007 15:32
    Sei riuscita a farci entrare, delicatamente, nell'anima dei protagonisti descrivendo minuziosamente le loro sensazioni : piccoli tormenti, innocenti compromessi, sguardi languidi e sorrisi...
    Racconto scorrevole e minuzioso nei dettagli.
    Brava Nunzia!
    Ro
  • Antonella De Marco il 17/05/2007 15:44
    È un racconto ben scritto, con una particolare attenzione ai dettagli e a ciò che evocano dal punto di vista emotivo. Si colgono bene i tratti psicologici dei due protagonisti. Brava
  • Anonimo il 12/05/2007 16:21
    Testo intenso e fittamente intrecciato, si nota la forte ricerca di un’evocazione emotiva e l’interesse per il linguaggio delle cose.

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