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Dove portano le Strade 2

La polizia aveva trovato la sveglia puntata sulle otto.
Possiamo immaginarlo così Tommaso: si sveglia magari di soprassalto, nel mezzo di un sogno vivido; oppure è già sveglio, che si rigira da qualche minuto nel letto aspettando lo squillo che lo spingerà ad alzarsi.

Povero Tommaso, lui non lo sapeva, ma dal momento in cui si alza parte un conto alla rovescia: le ultime ventiquattro ore della sua vita.


* * * * * * * * *

Ore 8:05

Come tutte le mattine fece una colazione veloce, guardando fuori dalla finestra della piccola cucina. Le vacanze erano per lui occasione di pensare al passato, come tiepida malinconia.

Nostalgia alimentata dai raggi del sole che obliqui entravano dalla finestra scaldandolo: fuori le montagne illuminate in tutto il loro splendore.

Il Monte Rosa brillava completamente libero da nuvole: un'eventualità che capitava una o due volte al mese a Macugnaga. Dopo i temporali del giorno prima era quasi una benedizione - pensò -, la giornata ideale per una gita verso i pendii più elevati.

Aveva deciso che si sarebbe recato al rifugio Zamboni.

Questo avamposto sperduto si trovava su un altipiano naturale ad un altezza di circa 2000 metri. Il paesaggio se lo ricordava maestoso, con la sua immensa conca verde circondata su tre lati dalle immense pareti rocciose.

Prese una guida e ripercorse brevemente l'itinerario da seguire.

Per raggiungerlo - lesse distratto - un sentiero che, dopo un primo tratto quasi pianeggiante, molto noioso, attraversava un bosco per salire aereo fino ai piedi di un ghiacciaio.

Ricordò quando l'aveva percorso l'ultima volta.

Era una camminata lunga ma semplice: giunti al ghiacciaio si passava su un ammasso di piccole rocce che permettevano di superare agevolmente il tratto gelato ed arrivare ad un enorme prato. Il percorso si snodava quindi su una cresta che divideva in due l'immenso anfiteatro naturale: si arrivava dopo circa un'altra ora a questa struttura solitaria, posizionata proprio sotto la parete Est del Monte Rosa. Un muro impressionante che si ergeva maestoso per più di duemila metri.

D'estate il rifugio era la principale meta turistica del paese, d'autunno solitaria dimora sferzata dai venti gelidi.
Mentre chiudeva la guida e la riportava al suo posto, ripensò alla sera prima e tornò indietro. Voleva chiarire una piccola curiosità.

Era stata una serata quasi autunnale. Pioveva a dirotto e stava guidando a fatica giù a fondo valle. Conosceva bene il posto, ma ad una rotonda, complice la cattiva visibilità, era andato dritto anziché girare a sinistra e per sbaglio aveva imboccato una strada sconosciuta: una via lunga e stretta che si addentrava nelle campagne.
Alberi ovunque e nessuno spazio per fare inversione. Le foglie trasportate dal vento occupavano gran parte della corsia rendendo difficile orientarsi. Ad un certo punto anche un rumore, come di un ramo che colpiva l'auto.
Era arrivato fino ad un piccolo borgo, quattro case completamente buie.

Nonostante conoscesse abbastanza bene la zona, non era mai capitato in quel luogo. Improvvisamente ebbe come la sensazione di essere seguito. Aveva intravisto un'ombra alle sue spalle, come un'auto dopo di lui. Entrando poi in una serie di curve il vuoto alle sue spalle, ma al rettilineo che seguiva aveva notato chiaramente due luci in lontananza. Aveva accelerato fino a quando ritornò a vedere solo alberi spazzati dal vento e dalla pioggia. Come un flusso di pensieri impossibile da arginare, si ricordò di quella volta, vent'anni prima, in cui aveva provato la medesima sensazione. Era anche lì in mezzo ad un bosco, solo che non era protetto dalla gabbia metallica di un'auto. A piedi e completamente solo.

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