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Satira tragico-antica : una vittima del Simposio

Stavano chiudendo lo scriptoria, situato in una parte del territorio geologicamente molto scabroso, cioè difficile per arrivarci, con poche altre costruzioni all'intorno su d'un plateau che spianava la cima d'un massiccio sperone di roccia basaltica, quando un piccione viaggiatore entrò rallentando il suo volo per atterrare nel posto prestabilito da dove sempre partiva, per poi rientrare trasportando legati all'una o ad ambedue le zampine, uno o due rotolini cartacei contenenti lo scritto autoriale per farne fare delle copie amanuensi. L'uccello stava ancora nella brevissima fase della planata prima di posarsi, quando il garzone di bottega - un acquisito cafoncello della campagna sottostante ed impiegato in sostituzione del genitore che era stato messo ai ferri per aver compromesso la vista di un occhio con un lancio di saliva (evidentemente molto acida) al padron di casa che si era arrischiato di andare, personalmente, nella sua dimora a chiedergli l'arretrato dell'affitto - lo cattura con un reticello mosso dall'evidente intenzione di abbreviare così il tutto e non allungare vieppiù le pesanti ore d'una giornata di copiatura in bottega; ci fu un grande agitarsi d'ali e tanti vocalizzi di ribellione da parte del volatile che così dava il chiaro segno della sua scontentezza per l'accoglienza ricevuta dopo un lungo volo di lavoro, e chissà, può darsi pure nel constatare l'abbandono, forzato loro malgrado, di molte delle sue piume che dal naturale comodo e caldo alloggio immediatamente si misero a svolazzargli intorno -leggère come piume!- nella semioscurità che regnava in quel momento all'interno della bottega di scrittura.
Comunque, nonostante quest'improvvisa situazione di disagio tra le persone e dell'animale, dopo che quest'ultimo fu pazientemente liberato dalla rete il mastro di bottega, dopo aver dato al piccolo bifolco una manata per nulla leggera alla nuca (che lui incassò senza fare un fiato), mise mano ai due messaggi appena arrivati: era un brevissimo resoconto d'una cronaca scritto in caratteri dovutamente minutissimi.
Questo cronista che solitamente riferiva di fatti in bilico tra il culturale e la quotidianità della vita delle persone, era abbastanza sconosciuto ai più -e agli stessi copisti di quella scriptoria del dodicesimo secolo!- invitava di leggerlo quanto prima per un giudizio d'idoneità a far parte d'una raccolta tipo un Annale.

Ora non ci resta che, immaginandoci un (improbabile) Lettore e ipotizzando altresì che a questi faccia piacere sapere di cosa si tratta, diamo qui di seguito il testo integrale, ma aggiornato nella sua lingua di redazione.

// Stavo andando alla taverna e, nell'attraversare una piazzetta pavimentata con lastre di selce, vidi sotto un portico un gruppo di persone riunite per un Simposio letterario di quelli spontanei -capii che la riunione fosse di tal genere giusto quando mi avvicinai- riunitosi come solitamente nella buona stagione non al chiuso di un'Aula.
Raggiunsi il colto non folto assembramento nel momento preciso che uno di quei partecipanti, un barbuto maturo ancora di ben mantenuta robusta complessione, tuonava, sembrandomi, pur non sapendone nulla ovviamente, una sua proposta finale a solvimento d'un gran dubbio evidentemente importante nato durante il loro ragionare, dicendo :

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