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Con le gambe nel fango

Cammino dentro un autunno di pietre e polvere. Le foglie fanno da tappeto alle strade e il cielo è sporcato di lame rosse e viola. In lontananza, una sfera incandescente, ne confonde i contorni. Il freddo tagliente mi scompiglia i riccioli e man mano che cammino sento piccoli spilli sulle labbra. Un occhio veloce al mio orologio: le cinque.
Due salti per fare le scale della biblioteca e subito vengo avvolto dal tepore della stanza di lettura e dal suo assordante silenzio fatto di voci che battono a ritmo continuo.
Fuori le fronde degli alberi sembrano impazzite: sono in balia del vento che rinforza la sua rabbia di minuto in minuto.
Henry James mi aspetta su uno scaffale e quando leggo il titolo del libro, mi pare allo stesso tempo qualcosa di soffocante e liberatorio: “Giro di vite”.
Il tempo peggiora velocemente e non appena rientro a casa si scatenano i lampi, con la loro furia di luce, e la pioggia, prima come un leggero tintinnare d’argento, poi con un costante, opaco fruscìo.
Nelle due ore successive, solo frenetica lettura, e poi, nel bel mezzo del libro, eccolo: un biglietto attaccato per un angolo ad una pagina.
Una parola e un numero: “Salvatemi 02-505002”.
Dopo due giorni quel biglietto rimbalza ancora tra le pareti della mia menta. Cerco di non pensarci, non è un problema mio infondo. E poi, di che problema sto farneticando? Probabilmente sarà qualcosa di immensamente banale, uno scherzo tra amici, un modo di comunicare tra lettori sconosciuti.
O forse no.
Allora mi decido, mi faccio coraggio e compongo il numero.
È libero.
Squilla, ma non risponde nessuno. Con tutta probabilità era solo un messaggio senza senso.
La piccola Flora e il piccolo Miles mi hanno completamente rapito, e solo adesso mi viene in mente che non mangio da circa due giorni.
Entro in un supermarket, compro qualcosa, senza nemmeno sapere cosa, tanto è solo nutrimento per continuare a camminare e a stare in piedi, il vero nutrimento è quello che apprendo osservando, leggendo, imparando.
Non appena rientro, sento suonare il telefono. Un corvo, disturbato dal mio ingresso, vola via dal davanzale.
- Posso parlare per pochi secondi...-
Una voce femminile mi da una scarica, come una doccia fredda. Lascio cadere la borsa della spesa in mezzo alla stanza.
Tento di biascicare qualcosa, ma la voce di donna mi precede. È ferma e chiara, anche se, in profondità, avverto qualcosa di isterico.
- Ho visto la chiamata, hai letto la storia dei due bambini vero? Vediamoci stasera, alle dieci, davanti al Castello... ti prego non mancare?"
Sono allibito e terrorizzato insieme. Vorrei disperatamente avere immaginato tutto, vorrei svegliarmi adesso, aprire la finestra e inspirare una boccata d’aria fresca in una limpida mattina d’estate.

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