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Storia di una chiamata - Capitolo 2°

… Mi trovo nella mia stanzetta e, strano a dirsi, anche se siamo già ai primi di Novembre del 1972, un raggio tiepido di sole si rifrange dall’armadio rilucente fino allo specchio “inondando” di luce tutta la casa e mormoro fra me: ”Tu Sole vivo per me sei o Signore, luce e calore diffondi nei cuor…”.
Dall’ altro balcone, in vicina-lontananza, si intravede la montagna superba: l’ETNA che io, solo da poco, ho imparato ad... amare. Ora infatti la sento viva, la sento “mia”, sia quando indossa il suo candido “cappuccio” di…neve, sia quando, fremente di vita propria, sotterranea, indossa il suo tremendo ”cappuccio” di… fuoco: incandescente fiume di LAVA che tutto sommerge lasciando solo nere, aguzze, brucianti rovine di pietra lavica…
Oggi mi guardo e non sono più una “paesana” ragazza, bensì sono una donna “di città”, infatti ho ricci e curati capelli, indosso moderni vestiti e frequento un’altra volta la scuola: Il Magistero. Sto lottando per riuscire ad inserirmi nel mondo del lavoro, anzi sto per realizzare la seconda chiamata della mia vita: l’ INSEGNAMENTO e, come reale VOCAZIONE, già lo vivo dentro il mio essere. A presto bimbi ancora “sconosciuti”! Da poco, infatti, ho saputo di aver ben superato la prova scritta del mio ultimo concorso magistrale. Mi attende ora il lungo “colloquio orale” che deciderà dell’esito finale! Un pizzico di paura mi assale, ma è solo un attimo… guardo i miei tanti appunti sparsi nei tanti quadernoni colorati e mi rassicuro, sono mesi che leggo, studio, ripeto, sottolineo tutte le mie “sudate carte” per dirla con il Leopardi. E poi c’è l’ammonimento di P. Fabrizio che mi accompagna: “Rosarita lascia tutto, anche la nostra comunità, buttati nello studio: è la tua ultima possibilità, non dare ai professori il tempo di interrogarti, previeni tu le possibili domande, sappi tu giostrare gli esami. Forza ti seguirà la mia preghiera!”.
Sì, certo ora credo nella preghiera, ne percepisco il senso profondo perché lì, a Lentini, ne ho fatto esperienza viva tra i filari di pere, verdi, verdeggianti filari di speranza!
Improvvisamente i miei occhi guardano lontano oltre le pareti, la mia stanza si allarga e i personaggi noti e cari dei miei libri si affollano intorno a me, ma io sono tranquilla, mi sembra normale fare una chiacchierata e ascoltarli… attenta. Ecco i piccolissimi teneri bimbi della scuola svizzera della pedagogista Boschetti Alberti fanno ressa, con i loro freschi grembiulini attorno alla loro insegnante ed io li sento cinguettare in coro!
La visione serena scompare e sento attorno a me la fredda, notturna visione di un lago dove scorre una barca silenziosa e svelta, guardo, c’è Lucia che lascia i suoi monti e malinconicamente mormora il suo stupendo addio: “Addio monti elevati al cielo e impressi nella mia mente, quanto è tristo il passo di chi cresciuto tra voi se ne allontana!”. Eccomi anch’io malinconica, lo ripeto nella notte nera del maggio 1962: dieci anni fa! Mi guardo spaurita, fresca, illusa studentessa che, stretta fra i miei familiari e i bagagli più necessari, fingendo di sonnecchiare, piango in silenzio… Ora la macchina nera corre come può nella notte e ingoia, a fatica, strade sconnesse, supera e lascia dietro vecchi casolari, piccoli campi seminati con file di grano ondeggianti e il profumo noto e rassicurante della campagna e la tenue frescura della fiumara si allontana sempre più… spariscono cedendo il posto alla brezza marina di Siderno, dove il lungo treno ci aspetta alla volta di Catania, nostalgico desiderio dei miei “esuli” genitori che, dopo anni di forzato esilio, ritornano finalmente nella loro città natale!

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