Mi ha sentito, ha percepito la mia presenza, mi ha visto pur senza guardarmi. Allora mi avvicino, zitto; mi inginocchio dinanzi a questa statua di dolore, prendo fra le mie mani i suoi teneri e morbidi piedi, paffuti come quelli di un bambino, sono freddi, quasi lividi; li stringo dolcemente per darle calore, per trasfondere a Cesca tutto il mio tormento tutta la mia ansia tutte le mie paure di non esserle più utile, vicino, amico, amante……
Non so quanti minuti siamo rimasti così, in silenzio; in lontananza il rumore delle auto che sfrecciano senza traffico, una campana che dà il buongiorno; entra dal balcone il profumo di caffé appena fatto da qualche coinquilino mattiniero, che, ignaro di noi, si prepara alla sua quotidianità.
Anche il mio volto è rigato da lacrime silenti e amare di insoddisfazione. C’è una situazione di stallo, i reumatismi mi danno tormento, l’età c’è, e cerca di non farsi mai dimenticare, le ginocchia cominciano a bruciarmi, ma voglio morire piuttosto che allontanarmi da Cesca, cambiando posizione.
Ad un tratto, lei, la piccolina che mi ha donato la vita, lentamente, ma veramente in modo quasi impercettibile, alza gli occhi e mi fissa; i suoi occhi, uno spettacolo di dolcezza, due laghi profondi dove nuotano tutti i miei sogni, due sorgenti di speranza dove disseto l’arsura della mia vita.
Oh Cesca, ora mi stai sorridendo, le campane aumentano il loro battito, che diviene un gioioso rintoccare di bronzi antichi che contano solo per me, solo per te, tesoro mio, solo per noi due.
Francesca con la sua mano sinistra mi accarezza la guancia, col pollice asciuga le mie lacrime, poi, nel modo stupendo che solo lei conosce, mi bacia sulle labbra; sono anni che ci amiamo, ma ancora mi sorprende l’effetto “ TSUNAMI” della sua bocca bambina.
Appoggio i suoi piedi sulle mie cosce, e la accarezzo, e bacio, e mordo, e lecco, e frugo, e rido e piango, e vivo sul suo volto, sul suo morbido collo, sul suo delicato seno.
E ridiamo, e piangiamo e ridiamo ancora, come due bambini travolti da un acquazzone d’agosto, sulla spiaggia incantata del mondo dell’amore.
Con affanno, senza fiato, piccolina mi sussurra una cosa, tre sole parole, piccole, piccole ma enormi, piccole ma fondamentali, piccole ma clamorose: “ Sarai ancora papà”. E mi mostra lo sticker che teneva nel pugno della sua mano, dove un evidente doppio trattino colorato annuncia al mondo che la mia meravigliosa Francesca è ritornata a vivere; che la mia incredibile compagna sta per coronare un suo sogno, che la mia bambina è rifiorita a nuova gioia, ed io, da buon giardiniere, coltiverò il suo fiore con tutto l’amore che posso, anzi, di più! Molto di più! Sono pazzo, meravigliosamente pazzo, sono vivo!!!