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Penny è volata dal tetto. (Cap 4)

Ce ne usciamo. Io e Sandro.
Ci avviamo giù lungo la prima traversa della casba verso la sinagoga.
È strano come evolve una città. Una volta questo doveva essere un bel quartiere. Forse residenziale. Una vecchia mi aveva spiegato un giorno, che sulle pareti delle scale del suo palazzo, quando c’era entrata lei, c’erano degli affreschi. Scene di vita in campagna, putti, madonne.
Poi un giorno qualcuno li aveva sotterrati sotto uno strato di verde sbiadito, e gli affreschi vivevano ormai solo nel suo ricordo.
Il quartiere si era evoluto, la città si era ingrandita, le zone residenziali si erano spostate verso nuovi rioni che nascevano attorno a quella che sarebbe divenuta la casba.
Poi anche questi si erano degradati, ma ne erano nati di nuovi ancora un po’ più in la, un po’ più in su, e così avanti.
In più si erano sviluppate le periferie. Nate male e cresciute peggio.
Prima o poi qualche amministrazione un po’ più dura avrebbe rimodernato questa o quella zona riportandola agli antichi splendori, per aspettare poi che si degradasse di nuovo.
Le uniche zone che non cambiavano erano la collina, dove abitavo io, e il centro che da sempre erano zone bene e lo sarebbero rimaste per sempre. Inno alla normalità borghese della città.
Voltammo all’angolo della sinagoga e ci avviammo verso la cloaca.
Il viale correva dritto perdendosi nella nebbia fino al cuore della casba.
- Me la ricordavo peggio- dice Sandro
Io lo guardo per vedere se scherza. Scherza.
- Paura? ?" gli chiedo
- … - mi sorride
Ci siamo avviati nella nebbia che si richiude alle nostre spalle dimenticando il nostro passaggio.
All’angolo successivo c’era il bar dei finocchi, non per niente, ma la padrona tanti anni fa coltivava finocchi in un’orticello che si era ricavata sul retro del locale.
Due marocchini si urlavano in faccia mentre un gruppetto di guardoni aspettavano di vedere se ci veniva fuori un po’ di show.
I marocco gridano spesso per poco o niente. Difficile vederli tirar fuori quelle belle lame che di sicuro portano in tasca.
Guardiamo un po’ di sghimbescio senza dimostrare curiosità perché sappiamo che la curiosità offende.
- Fino a qua tutto come sempre- dico a Sandro
- Niente che non abbia già visto.-
- Come ti senti?-
- In che senso?-
- Saranno otto anni che non giri per la casba. Ti sentirai un po’ strano?-
- Mah…più che altro è strano sentire quello che sento-

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1 commenti:

  • Roberta P. il 19/01/2014 19:25
    ma il testo dov'è finito?? Non è il primo racconto che trovo in questo stato

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