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IL NATALE DI WATOTO

Tutto accadde in una cittadina del Nord America, alla Vigilia di Natale. Scegliete voi un paese a caso, non fa differenza: c'è sempre una villetta, un viale, un box, un giardino, uno steccato. In questa cittadina come tante, una vigilia di un Natale come tanti, un bimbo di nome Peter, stava disteso sul parquet della sala, di fronte al suo mega-albero-superdecorato. L'atmosfera del quartiere e delle villette intorno era quieta, serena; natalizia appunto. La neve scendeva a fiocchi, lentissima, le luminarie intorno alle finestre tingevano di mille colori il candido manto fuori ed intorno le case, in lontananza si ascoltavano canti e musiche, cariche di campanelli e voci infantili. Nulla mancava al copione già letto e riletto del solito "felice e lieto Natale" tanto gradito al "nord del mondo". Peter era annoiato, infelice. Aveva appena litigato con il fratello maggiore e per di più la mamma aveva stabilito il castigo "zero TV", cioè divieto assoluto di visione cartoni animati o telefilm. La sopportazione di Peter era arrivata al minimo. L'istinto fu quello di scappare da casa, dimenticare tutte quelle brutte facce cattive e pensare solo a divertirsi e mangiare dolci e cioccolate. Purtroppo nulla di tutto questo. Aveva appena sparpagliato intorno a sé decine di animali di plastica e attorniato da questo zoo improvvisato stava cercando l'ispirazione per la letterina a Babbo Natale. «Vediamo;la bici no perché era l'anno scorso, la minimoto neanche perché zio Jessy me l'ha regalata al compleanno, la consolle dei giochi è nuova nuova. Uffa! È possibile che ogni Natale sia sempre la solita fatica» e gettò via un'altra pallina di carta. Prese un altro foglio. Peter non aveva pace: la scelta dei regali era troppo difficile. Ogni anno occorreva una dose enorme di fantasia. Assediato da noia e sconforto, Peter si distese a pelle d'orso sul pavimento e, preso con la mano un ippopotamo lo fissò negli occhi, in silenzio, quasi si attendesse dalla bestia una risposta, un consiglio.
Tutto accadde in pochi secondi. Palpebre pesanti, il respiro si fece più lento, la presa sull'ippopotamo cedette lentamente. Peter sprofondò in un sonno improvviso ed irreale. Subito si accorse che non era un sonno conosciuto, che tutto stava precipitando in maniera incontrollata, che la stanza roteava sempre piu', insieme all'albero ed a tutta la casa. L'aria intorno sembrava trasformarsi, un po' più calda, sempre più umida, diversa. Fu chiaro ed evidente che non si trattava di un banale sogno ma di qualcosa di veramente magico e sorprendente. Peter percepì chiaramente una forza misteriosa che lo risucchiò verso l'alto e che in mezzo ad un vortice d'aria, foglie, neve, luce lo portava sempre più lontano.« Aiuto! Mamma, Mamma, gli Ufo gli Ufo! » Ne la mamma ne tanto meno gli UFO avrebbero potuto sentire le sue urla.
Fu solo dopo qualche minuto, passata la prima scossa di terrore che Peter iniziò a prendere più o meno coscienza della situazione. Il suo corpo in volo non era libero di fluttuare, ma era chiara la sensazione di essere seduto su qualcosa di solido. Iniziò a percepire anche una certa direzione di marcia, un sopra ed un sotto, un orientamento. Tutto intorno era ora oscurità, ma lentamente, in direzione di quello che pareva essere il "davanti" iniziava a prendere campo una certa colorazione rosa chiaro, molto tenue. Nell'istante in cui la luce si trasformò da rosa a rosso e apparve quindi il sole, Peter vide chiaramente il rapitore nascosto e la strana "macchina volante" dalla quale era stato strappato alla terra. Non credette ai suoi occhi. Nulla di simile si era mai visto, nella realtà o nella fantasia. Peter si trovava esattamente al centro di un'imbarcazione di legno, abbastanza stretta, molto lunga e affusolata. Sulla prua del natante, un lunghissimo albero saliva al cielo e da questo partiva una splendida vela bianca, gonfia, tesa da due tiranti che terminavano ai lati del posto a sedere. A destra ed a sinistra, due gondole galleggianti, tenute insieme da pali trasversali, sembravano dare stabilità alla traiettoria. Sul fondo della barca moltissime scatole di cartone, valige, sacchi, ceste e ogni sorta di contenitore. A poppa, al posto del timoniere, un vecchio signore di pelle molto scura, con un vestito in tela dai colori sgargianti e con una chioma riccia di capelli bianchi e soffici. Un bel paio di baffoni bianchi completavano il quadro. Ai piedi portava sandali in pelle e appeso all'orecchio destro un enorme orecchino d'oro. Il vecchio sorrise a Peter accennando un saluto. La cosa piu'sorprendente apparve a Peter quando un colpo di vento scostò per un attimo l'enorme vela bianca e si potè scorgere il vero motore di quella imbarcazione fantastica. Legate alla barca per mezzo di una specie di liana c'erano tre coppie d'animali, simili a cervi o renne. Il mantello era di un colore marroncino chiaro, punteggiato da macchie di colore argenteo. Avevano corna alte e arrotolate a forma di cavatappi e orecchie molto grandi ricolte verso l'esterno. Zoccoli molto grandi e coda cortissima completavano il quadro. Le sei bestie, in perfetta sincronia, galoppavano nell'aria, imprimendo alla barca una velocità vertiginosa. Sopra la testa di Peter si stava scoperchiando un grande cielo azzurro mentre al di sotto della chiglia, non senza una certa dose di vertigine, si poteva ammirare un paesaggio da favola. Un'enorme distesa con tonalità varie di verde e marrone, costellata di mille specie di animali, interrottà qua e la da laghetti, ruscelli, alberi di tutte le taglie. Uno spettacolo mozzafiato. Peter, aggrappato al bordo di legno, non riusciva a distogliere lo sguardo verso il basso catturato com'era da quel susseguirsi d'immagini sempre nuove e spettacolari.

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