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Fermata

V'è mai capitato di credere d'aver sbagliato epoca?
Voglio dire, di non essere nel giusto periodo storico.
A me sì.
Io vorrei essere un uomo medioevale. Un uomo dell'alto medioevo, del basso no: c'erano già troppi aratri e pochi buoi.
Non fraintendetemi - per carità- non sono un esperto di storia. Non sono esperto di nulla, per definizione e di fatto sono uno studente. Ma credo che sbagliare periodo storico è un po’ come sbagliare tempo in musica: si ha la sotterranea sensazione di non trovare mai l'armonia, la giusta sincronia tra il metallico martellare dei tamburi in sottofondo e il battere del nostro misero cuore, fatto di sangue e carne.
Sarà forse per questo che sono incapace a ballare? Sarà forse per questo sbaglio prenatale, nel redarre la mia data di nascita, che odio la discoteca?
Ancora - vi prego - di non fraintendermi: non sono un moralista, non sono un bigotto, cerco di stare al passo dei tempi, d'altronde sono uno studente. Ma il guaio è che sono lievemente misantropo: c'è chi è lievemente astigmatico, io sono lievemente misantropo. La differenza è che ancora si devono inventare le lenti che ti fanno apparire belli gli altri.
Ma torniamo alla domanda iniziale. Se fossi un esperto di storia, per consolarmi,  potrei scrivere un saggio su come si viveva nel medioevo e  convincermi che in fondo è meglio una fila alla posta che un'orda di barbari assatanati. Se fossi un esperto di fisica, per consolarmi,  potrei scrivere un saggio sul tempo e convincermi che in fondo esso è relativo. Infine se fossi un esperto di psicologia, per consolarmi, potrei scrivere un saggio sui sintomi della malattia mentale che questi pensieri precorrono e convincermi che in fondo è tutto razionalmente giustificabile.
Ma sono uno studente. E, a ben pensarci, per spiegare il perché di queste sensazioni e di quella domanda, dovrei arginare il ruscello sotterraneo con una diga di grigio cemento inerte per prelevarne un campione, brulicante di germi di sensazioni oscure, e analizzarlo. 
Ma così come potrei poi irrigare i miei verdi campi interiori? Mi seccherei tutto, diverrei un arbusto decrepito, rinsecchito dall'eccessivo calore del Sole: un cadavere con una provetta di se stesso fieramente serrata nella sua mano destra e il sorriso ebete di chi si è giustificato stampato sui denti in mostra.
Forse, in generale, per spiegare razionalmente noi stessi dobbiamo prima ucciderci?
Forse, in generale, per spiegare razionalmente la natura, gli animali, il mondo, il cosmo, dobbiamo prima logorarli, torturarli, sterminarli?
Ma poi che ce ne faremo di un cadavere?
Di solito i morti si celebrano.
Così a volte gli uomini fanno con se stessi : per essere celebrati si uccidono in modo che gli altri li possano celebrare poiché puzzano di decomposizione, di putrefazione, di cadavere verace.
Altri che non sono così "ambiziosi" si devono difendere. Da che cosa? Credo dal freddo contatto col prossimo. Tutti temiamo il gelo profondo del cuore altrui che secca i nostri frutti amati, quelli custoditi in serre artificiali il cui accesso dispensiamo con molta parsimonia. Nulla di biasimevole, meglio dei morti il cui contatto col prossimo non li spaventa: nulla hanno più da perdere, o meglio da guadagnare. Quelli meno "ambiziosi" amano avvolgersi in odiate armature.

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