Una formica correva nervosa sulla spalla nuda della donna morta; la formica scese giù per la schiena, poi salì veloce su per il collo e sparì sotto i capelli. Un cane si avvicinò di qualche centimetro e annusò la pelle bianca della donna; fu un attimo veloce, poi indietreggiò e piegò le zampe posteriori. Faceva caldo. Il vento soffiava sul folto pelame e i granelli di sabbia gli entravano nelle pupille rotonde. Rimase così per un po', ansimando, con il muso alzato fissando il mare. La sua lingua andava su e giù. Vide allora un mostro marino che saliva dal mare; spinto dal vento, il mostro marino se ne andava silenzioso ed innocuo, scivolando sulla superficie dell'acqua. Il cane abbaiò una volta, poi raddrizzò le zampe, allungò il muso umido, e incominciò a girare attorno alla donna. Leccò una volta il polpaccio, il tallone, poi, le dita dei piedi. Leccò ancora un ginocchio, annusò il folto pelo del sesso e il molle ventre, e le morse il seno sinistro. La carne della donna era calda, la testa inclinata un po' all'indietro, la bocca in parte coperta dalla sabbia. Era una giovane donna, bella, con i capelli pieni di luce. L'occhio le penzolava fuori, come un corpo estraneo le copriva la guancia rosea; sembrava un grappolo d'uva marcio. Il cane si avvicinò e con un morso lo staccò.