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Antorcha hija del diablo y el inquisidor cap 2

Cap 2 seconda ora

Dopo poche settimane mi ritrovai, assistito da un drappello di armigeri reali al mio servizio, e coadiuvato da due giovani monaci, ad istituire il mio primo Autodafè ; espletati i riti pregiudiziali, accolte le confessioni spontanee dei convertiti, ascoltate le denunce dei prelati e dei cittadini testimoni, riuscii a “condannare” con pene veramente “blande” un ridottissimo numero di “non-pentiti”, e comunque non andai oltre la fustigazione e la gogna, esterrefatto da queste procedure che sembravano indurre al piacere i “colleghi” inquisitori che operavano in città e borgate limitrofe.
E così, lasciavo trascorrere i miei giorni, la sera, nell’alloggio destinatomi, tiravo fuori dal mio baule le carte dei miei studi, e, rinchiuso fra il mio cervello il mio cuore e quelle fonti di sapienza, chiedevo perdono all’umanità per il mio ossequioso comportarmi.
Tutto, quindi, rinchiuso in un cerchio; dare ai miei “superiori” l’immagine di un coscienzioso lavoro di pulitura della fede, dare ai miei armigeri ed ai miei assistenti, l’idea che la giustizia non necessita necessariamente della violenza estrema, dare a quei cittadini spauriti e invasati dalla presenza del “Male”, l’illusione che la presenza dell’inviato vaticano, avrebbe pulito e immunizzato le loro terre e le loro genti.
Poi, però, un giorno, mi fu condotta, quasi facendola strisciare per terra, una donna, scarmigliata, sporca, le vesti in più punti stracciate, con profondi graffi sulle mani, sulle braccia, sulle ginocchia e gambe e piedi, un vero spettacolo di ribrezzo, tracce evidenti di urina e feci sulle vesti e sulle gambe…. eppure, quando alzati gli occhi da terra, senza un lamento, senza un urlo, senza un’ingiuria o una maledizione, li ha diretti nei miei… ebbi un colpo, un brivido misto di sorpresa e delusione, nonostante lo stato aberrante nel quale versava, questa donna aveva negli occhi una espressione fiera, di dignità mai scalfita.
L’ufficiale che l’aveva portata al giudizio mi parlò di lei: Antorcha è il suo nome, o meglio è il nome che gli abitanti del villaggio le hanno dato, è di fatto una trovatella, raccolta neonata da una “curandera” della valle, e da tutti, da sempre ritenuta figlia del “Demonio”, e mentre lo diceva fece più volte il segno della croce, ha sempre vissuto nei boschi e dicono i locali ha sempre partecipato, talvolta mutandosi in caprone, ai sabba delle streghe, adepte del Demonio, e giù altri segni della croce; interrogata, non parla, non profferisce verbo, indisponente, rimane zitta qualunque domanda le si faccia.
continua...

 

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