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Perso tra i muri di una pagine bianca...(.. quanto rumore fa spesso il silenzio..)

Di fronte ad una pagina bianca solitamente resto indifferente;capita a tutti prima o poi di non aver nulla da raccontare, nessuna nuova avventura o stato d'animo per cui valga la pena di trasformare un documento "senza nome" in qualcosa di più di un semplice file. In un qualcosa che ti appartiene, un frammento infinitesimale di te;quindi quando succede, spengo il computer e vado oltre, riprendendo la mia giornata come se niente fosse. Ma quella sera sembrava tutto così diverso e proprio non riuscivo a lasciare che l'indifferenza prendesse il sopravvento. C'era qualcosa, un qualcosa con cui ora riesco a convivere anche se con difficoltà, che stentava a venir fuori, d'altronde ammettere di stare male non è mai stato il mio forte! Ma prima di raccontare, sono costretto ad aprire una piccola parentesi per dare senso al tutto. Ho sempre considerato la scrittura, oltre che un piacevole passatempo come una spada da brandire nel momento del bisogno. Una spada che non conosce limiti se non quelli dettati dalla fantasia e dalle esperienze che prima la forgiano e poi devono saperla affilare quando ne sente il bisogno. Quindi essa è sostanzialmente la voce della mia anima, a volte malinconica, triste, altre allegra e sorniona. La mia paura più grande è stata sempre quella di "essere uno dei tanti di passaggio", che viene al mondo senza averlo chiesto, trascorre una vita anonima fino a che un giorno se ne va senza salutare. Per questo cerco di farmi conoscere e nello stesso tempo trovare persone nuove con le quali condividere pensieri, parole ed emozioni. E così quando la penna è ferma, è il mio spirito a tacere. spesse volte solo per stanchezza, altre per delusioni non ancora digerite o per confusione. E la confusione si sà , cresce ancora di più quando il silenzio cala. Siamo talmente abituati a sentire musiche, urli e rumori vari che quando arriva l'istante in cui siamo soli con noi stessi, ci sentiamo persi. Forse quei suoni non fanno altro che coprire, soffocare il mare in tempesta dentro di noi. E quella sera che anche la fastidiosa ventola del processore sembrava aver smesso di girare, mi sentivo vuoto. Perso tra quei muri bianchi da cui non riuscivo ad uscire. E sembrava che ogni secondo, ogni minuto nel suo scorrere ingrandisse quel labirinto e i piccoli caratteri delle piccole parole che accennavo sembravano solo briciole al confronto. Tre, tre. tre. Non facevo altro che digitare quel numero, quasi come se premere quel tasto fosse di vitale importanza per me;avevo freddo tanto freddo. A pochi passi da me un letto caldo mi aspettava ma sicuro che la mia anima volesse palesarmi una verità nascosta tramite quei tre tre, rimasi con lo sguardo sbarrato fissando il monitor, aggiungendo ogni tanto dei puntini sospensivi. Ero confuso, i rebus non mi sono mai piaciuti, ma dato che questo mi riguardava, non potevo lasciarlo in sospeso. Poi all'improvviso, il buio. Mi svegliai tutto sudato (non guardai l'orologio per paura che fossero passare proprio più di 2 ma meno di 4 ore)e ricordai chiaramente di aver fatto un sogno strano. Sogni infatti di causare un incidente stradale pur di non investire un gatto nero. Notai che il monitor era ancora acceso e trascrissi la vicenda su file word. Scrivendo, scrivendo mi venne in mente un dettaglio inquietante e cioè che nell'interpretazione dei sogni, che pochi giorni addietro avevo consultato per il mio romanzo, quell'avvenimento coincideva con un numero... indovinate un po' quale?? Tentai di consolarmi dando la colpa al film di Jim Carrey "23" che probabilmente mi aveva suggestionato a tal punto da rivivere l'esperienza del psicolabile protagonista. Ma non era così, dovevo trovare solamente il coraggio di guardare dentro di me. Quando ormai stava per sorgere l'alba decisi che era tempo di lasciar perdere;sconsolato mi affacciai al balcone per guardarla;mancava ancora un po' o forse troppo alti i palazzi davanti ma non riuscivo a vedere nulla, e questo mi infastidì a tal da prendere la prima felpa che trovai nell'armadio ed andare nell'unico posto dove ero sicuro di poterla ammirare:San Martino. Una volta arrivato, mi sedetti su una panchina, o meglio dovrei dire la panchina e subito i fantasmi di un passato non tanto lontano mi circondarono;non riuscì a resistere al loro assalto perciò mi abbandonai completamente nei pensieri a cui mi avevano traghettato;ne seguì un lungo flashback. Riaprì gli occhi gonfi e umidi come non mai. Mi voltai di scatto e lessi una scritta sull'albero affianco "1/2/00 E+V" .. i nostri nomi impressi.. e poi i tuoi baci, le tue carezze.. il tuo profumo.. quelle meravigliose sensazioni che stare con te mi aveva regalato... Capii tutto. Il mio subconscio aveva cercato di dimenticarti.. di nasconderti in uno stanzino buio con gli altri scheletri, ma ad un anno esatto di distanza da quando ti ho perso, la mia anima è ancora così legata a te da cercare di riaverti. Anche se per poco. anche se solo in piccole gocce di memoria. Questo voleva dirmi quel silenzio e quel foglio bianco. Tornai correndo a casa.. ad ogni passo, ad ogni battito, il tuo ricordo... dovevo sfogare quel sentimento represso a lungo e smettere di essere così orgoglioso da non ammettere nemmeno con me stesso di pensare ancora a te. Smettere di essere così orgoglioso da non ammettere che dal 3/3/3 non fai che mancarmi

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3 commenti:

  • Marcello Affuso il 30/06/2009 13:12
    ti ringrazio
  • Anonimo il 30/06/2009 08:15
    Mi è piaciuto tanto... Questo qua è un racconto ricco di spunti narrativi... La frase "i rebus non mi sono mai piaciuti, ma dato che questo parlava di me, non potevo lasciarlo in sospeso" mi ha molto colpita.. e il modo originale con cui questo rebus è stato risolto ha reso il racconto ancora più interessante. Bravo
    Sinceri complimenti..
    Emy
  • Anonimo il 10/06/2009 15:15
    bravo... il tuo stile narrativo rende fluida e piacevole la lettura dei tuoi scritti

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