I tre cani ogni pomeriggio montano la guardia alla scala di emergenza. Il sottoscala è ombreggiato, dimora solita dell'ultima pozzanghera dopo l'ultima pioggia. Uno dei tre è anziano, un lupacchione dalla grande testa e dai movimenti lenti.
Il mio prosciutto è molto salato, ne ho mangiato una fetta e basta. Ora penso che devo evitare cibi che innalzano la pressione sanguigna e penso anche che domani non avrò motivo di dimenticare quanto sia salato questo prosciutto.
Quei cani non hanno mai mangiato prosciutto.
Lo divido sommariamente in tre porzioni e lo porto a qualche metro di distanza dai cani.
Si alzano tutti e tre e si avvicinano al contenitore con lentezza variabile: il più lento mi sembra anche il più interessato, mentre il meno lento, cioè il lupacchione anziano, è anche quello con l'aria più indolente.
Fiuta il prosciutto con calma, le narici sfiorano ciascuno dei tre mucchietti dal colore rosso vivo. Poi cattura con la lingua la prima, la seconda, la terza porzione, masticando lentamente e debolmente, come per dovere piuttosto che per desiderio animale.
Con andatura lenta ed espressione continuamente indifferente torna al suo posto.
Gli altri due cani annusano il contenitore ormai vuoto, con la rassegnazione tesa di quando un detenuto in libertà vigilata va a firmare in questura. Poi finalmente tornano, anch'essi, nell'ombra.
Nessuno di noi appare soddisfatto: così mi appare.