Aggredisci ora violento, con la foga composta che ti contraddistingue. Ho atteso il tuo rientro oggi, disperata e immobile. Ho lasciato la finestra aperta per accogliere la furia del vento, il frastuono veloce degli uomini che si sono trascinati lungo il giorno con le loro automobili sulla strada dritta che passa davanti alla nostra casa.
Ho aperto la finestra perché dentro la nostra stanza c'era troppo silenzio. Come se fossimo stati tagliati fuori dal mondo senza averlo deciso.
Per questo ho voluto aprire le imposte e i vetri, affinché il rumore la fuori potesse mettere a tacere il silenzio qui dentro.
Nel tardo pomeriggio il rumore dei motori, dell'asfalto inghiottito e del vento è andato placandosi. Una timida ombra si è distesa davanti ai vetri ed il timore d'essere rimasta nuovamente atterrita dal tacere assordante della nostra camera è stato rotto da un tuono improvviso. Ho sorriso e respirato. Gocce di pioggia scure hanno portato giù il cielo, fin dentro la nostra stanza. D'un tratto il vento ha ripreso il giro, e con ira si è abbattuto sull'acquazzone inatteso. Ho dovuto chiudere i vetri. E me ne sono stata lì sorridente immobile a contemplare ogni violento impatto di quell'aria che costringeva il cielo al vetro della nostra stanza.
Dopo poco ti ho sentito rientrare.
- Ciao - mi hai detto.
- Ciao - ti ho risposto.
Ma la pioggia al nostro vetro faceva ancora più rumore di noi.