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Una notte d'autunno un assassinio - dialogo

Le scostò un ciuffo di capelli dal viso, e lei tremò. Ritrasse subito la mano e indietreggiò di qualche passo. La luce della luna filtrava dalla finestra e gli dipingeva il viso di un bianco innaturale. Continuava a fissarla.
"Ti prego..." pianse la ragazza.
Lui rimase immobile. Pareva quasi non respirasse.
"Sei pronta?" chiese dopo un silenzio che a lei parve interminabile.
"No!" gridò, e in lacrime continuò a ripeterlo sottovoce. Lui fece un passo verso la sedia su cui la ragazza poggiava. Continuava a tremare, e la pelle liscia delle guance era solcata da lacrime che brillavano al chiarore della luna.
"Sai che non puoi far nulla per cambiare ciò che sta per accadere... rassegnati..." replicò.
"Ti prego... Dio, ti prego..." sussurrò la ragazza. Le parole le uscivano dalla gola a singhiozzi.
"Non c'è nessun dio qui, ora. Ci sono solo io." sentenziò il ragazzo che le si ergeva dinnanzi impassibile. La calma innaturale che dimostrava gettava invece nella disperazione più buia la ragazza.
"Dio ti prego!" gridò improvvisamente lei con tutta l'aria che aveva nei polmoni, provocandosi un dolore acuto alle corde vocali "Non voglio morire!".
"Dunque è questo, la vita." le rispose con lo stesso tono pacato e sereno che aveva caratterizzato tutta la conversazione "Anzi, la tua vita. Scommetto che se fossi fuori da quella porta e qui ci fosse un'altra ragazza, uguale, identica a te, non grideresti così."
"Che... che sta dicendo?"
"Empatia. Manca all'uomo tanto quanto a Dio. Ogni giorno vengono uccise decine di ragazzine nei modi più crudeli e spietati. Vengono stuprate bambine che ancora ignorano cosa sia l'eros, e tutto questo passa inosservato agli uomini."
Singhiozzando, ora era la ragazza a fissarlo. Lo sguardo di lui ora vagava oltre i muri della cascina, fuori da cortile e al di là del muro di cipressi che scorreva a fianco del vialetto di ghiaia, oltre le colline e le città.
"Non è colpa mia... non è colpa mia!" disse lei, tentando di entrare in comunicazione con lui ora che non appariva così freddo e gelido come un attimo primo.
"È colpa tua."
Le si raggelò il sangue nelle vene, e la mente le si annebbiò fino a quasi farla svenire. Poteva sentire il periodico battito del suo cuore nelle orecchie. Accelerava, ancora, e ancora.
"È colpa di ogni essere umano. Se tua sorella, o tuo fratello, o tua madre o tua figlia venisse stuprata, seviziata ed uccisa scommetto che faresti di tutto per trovare il colpevole e vendicarti. O, se la vendetta non fa parte del tuo corredo genetico, cercheresti giustizia. Sto sbagliando forse?" le rivolse nuovamente lo sguardo.
"Io... io credo che..." singhiozzò.

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