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Raphael

Raphael, lei è in arresto.

Quelle parole rieccheggiarono nella zona che andava da un orecchio all'altro, e se la sua fronte fosse stata di vetro invece che di pelle chiara, solcata dalle più comuni rughe d'espressione, le si sarebbero viste rimbalzare come palline d'un flipper.

L'uomo in divisa, che aveva scampanellato alla sua porta con tanta forza nonostante fossero ancora le cinque del mattino e avesse interrotto quei sogni che rendono doloroso l'abbandono d'un letto tiepido, lo fissava dall'altro del suo metro ed ottanta.
Raphael, che non aveva mai primeggiato tra i suoi coetanei ma non poteva di certo dirsi scontento della sua crescita, si senti improvvisamente molto piccolo.
Pallido come un fantasma, mentre la paura gli seccava la gola, deglutendo a fatica pronunciò con timidezza la parola preferita da tutti i bambini curiosi: Perchè?

Raphael Valren, lei è accusato di furto di poesia altrui, con l'aggravante della premeditazione.

Il cuore gli si fece piccolo come un sassolino, e lo infastidì a tal punto che dovette grattarsi con forza appena sotto il capezzolo sinistro, in quella che divenne un'apparizione ancora più buffa, considerato il fatto che era sua abitudine dormire completamente nudo e che al momento si trovava avvolto in un lenzuolo blu.

La notte prima, lo ricordava bene, aveva vagabondato per le vie del paese, saltando da un angolo all'altro, nascondendosi all'ombra dei portoni, non appena scorgeva una qualche coppia di ragazzi innamorati sussurrarsi parole d'amore nell'illusione d'un riparo da orecchie indiscrete.

Non era certo stata un'impresa facile - per lo più gli innamorati si rivolgono parole cariche d'odio e rabbia, ma il suo occhio s'era fatto ormai esperto nel riconoscere al primo sguardo quel delicato rossore che dipinge le labbra alle ragazze e sfuma le orecchie dei ragazzi in un'imbarazzata tinta ciliegia, quando l'amore prende in affitto i cuori e s'appropria di tutti i pensieri.

Con una matita dalla punta incerta aveva trascritto con foga ogni parola, verbalizzando non richiesto decine di confessioni e spaventate dichiarazioni.
Quel prezioso documento al momento si trovava in un cassetto della scrivania ancora caldo e pulsante come la fronte accesa dalla febbre alta.

Non provò neppure a difendersi schiacciato com'era dal terribile peso dell'accusa, e riprovò l'antico malessere delle prediche materne quando colpevole veniva punito per i ritardi sconsiderati e i cattivi voti.

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3 commenti:

  • MarcoBalzano il 03/03/2014 14:23
    Ciao Maria,

    mi è piaciuto molto il tuo racconto e lo ho interpretato.
    Lo trovi nella pagina:
    http://marcobalzano. altervista. org/

    Ciao,
    Marco
  • maria carroll il 24/01/2010 18:09
    Grazie. È il primo racconto che pubblico, è importante capire se è solo tempo rubato ad occupazioni migliori
  • gian paolo toschi il 24/01/2010 18:07
    Molto originale. Effettivamente bisognerebbe inserire questo nuovo reato nel Codice.

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