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Il cane pippi

In una tranquilla mattinata d'estate squilla il telefono di Marco Ussini. "Pronto buongiorno sono Marco. Non sono il segretario di Marco, sono proprio io, l'avvocato, personalmente. Certo, preferisco occuparmi direttamente degli appuntamenti, mi dica... quando? Domani? Sono libero alle 11. 00. Perfetto, l'aspetto nel mio studio." L'avvocato Marco Ussini non aveva una segretaria, perché pensava che fosse inutile. Che cosa fanno le segretarie? Rispondono al telefono, fissano gli appuntamenti, ma origliano anche alle porte, ascoltano le telefonate, leggono la corrispondenza e per quale motivo pagare una persona per interessarsi dei fatti suoi? Marco pensava che per occuparsi dei fatti suoi, lui era il più indicato. Con gli occhi leggermente socchiusi fece una ricognizione del suo studio. Concluse che più di una segretaria, lui aveva bisogno di un arredatore o meglio di un'arredatrice: la scrivania era troppo grande rispetto al locale, mentre le sedie erano troppo piccole rispetto alla scrivania. Non era riuscito a trovare un quadro che gli piacesse e quindi non ce n'era neanche uno alle pareti. Ruotò sulla sedia girevole e guardò alla parete. Vide che i libri sui ripiani della libreria erano riposti in ordine sparso. Cercò di giustificarsi con se stesso, socchiuse gli occhi, si accarezzò il mento con la mano e si disse che quel disordine era causato dal poco tempo a disposizione. I clienti, la casa, la cena che amava prepararsi da solo e intanto che rifletteva sfogliava con la mano l'agenda appoggiata sopra la scrivania. Fissava l'agenda e la sua mano la sfogliava. Si accorse che tre penne erano sparse sulla scrivania. Le prese e le mise nel portapenne. Non era un uomo ordinato; non era una bella immagine che dava ai clienti. Se avesse avuto una segretaria, si disse, sicuramente ci sarebbe stato più ordine. Il pensiero di avere una signorina nello studio lo fece sorridere. Accarezzò l'agenda con la mano come se stesse accarezzando il volto di una donna. E poi alzò lo sguardo verso la finestra e vide quella povera pianta quasi secca con unicamente due o tre foglie piegate verso il basso. Quando gliela aveva regalata sua madre era bellissima, rigogliosa, invece ora... Ebbe pena per lei, pensò che se avesse avuto una segretaria, si sarebbe occupata anche della pianta, ma restò fermo nella sua decisione. Non poteva proprio permettersi di assumere una segretaria. L'indomani alle 11. 00 si presentò in studio la signora Marisa Berretti. La signora Berretti era una donna alta di statura e lo guardava con uno sguardo di sufficienza, proprio dall'alto in basso. Le labbra erano tenute strette e serrate e gli occhi aperti mettendo in mostra la differenza tra il castano dell'iride ed il bianco intorno. Sosteneva con il braccio destro un cagnolino, mentre al braccio sinistro era infilata una borsetta rigida di pelle nera. Marco la fece accomodare indicandole una sedia davanti alla sua scrivania e le porse la mano in segno di saluto. Il cagnolino che già appena entrato aveva iniziato a ringhiare, in un battibaleno gli afferrò le dita della mano che Marco aveva porso alla signora Berretti tirandole verso di sé. Marco per cercare di difendersi diede una sberla al povero cane facendolo cadere sul pavimento. La signora Berretti restò immobile: gli occhi sgranati, la bocca aperta, le braccia ciondoloni. Il cane sul pavimento cominciò ad abbaiare. Marco si guardò la mano, sentiva un dolore terribile alle dita, ma non vide sangue. Si domandò perché il cane l'avesse morso. Guardò la signora Berretti cercando una risposta. La signora Berretti raccolse il cane da terra, si sedette e cominciò ad accarezzarlo appoggiandolo sul grembo. Non ricevendo risposte né scuse dalla signora Berretti, Marco pensò che il cane volesse salutarlo a modo suo: non avendo dita o mani in grado di stringere la sua mano deve aver usato l'unica cosa con la quale poteva stringere e probabilmente per educazione non aveva stretto neanche troppo! Ecco spiegato il perché non l'aveva morso da farlo sanguinare. Si sedette anche lui e guardò la signora Berretti che taceva e continuava ad accarezzare il cane. Marco si riteneva un uomo senza preconcetti. Non voleva giudicava subito le persone, aspettava che fossero i fatti a parlare e quando aveva visto entrare quella signora con il cane in braccio aveva avuto voglia di dirle che i cani dovevano aspettare fuori del suo ufficio, ma non ne aveva avuto il coraggio. Purtroppo in questa occasione avrebbe dovuto essere meno educato e dire subito alla sua cliente che gli animali non erano ben accetti. La mano gli doleva, la sua reazione nei confronti del cane era stata istintiva, mai aveva usato violenza con nessuno né tanto meno con gli animali. Se vedeva una formica sul marciapiede spostava il piede, anche all'ultimo momento, per non schiacciarla, con il rischio di cadere, ma la formica aveva il diritto di vivere. Eppure era riuscito a dare una sberla ad un cane, il morso del cane lo aveva spiazzato. La signora Berretti decise finalmente di rompere il silenzio e con tono deciso iniziò a parlare "Signor avvocato Ussini sono qui per risolvere una questione difficile e delicata con un mio vicino di casa e non per far morsicare gli avvocati dal mio cane". Il tono era di rimprovero e anche lo sguardo della signora Berretti. Marco sentì di doversi scusare: "Signora Berretti mi dispiace di aver dato una sberla al suo cane, io non volevo, mi creda, ho reagito d'istinto. Si sarà fatto male?" La signora Berretti non si preoccupò affatto di domandargli se si era fatto male lui anziché il cane come le buone maniere avrebbero suggerito. Accarezzò il cane e gli sorrise. Finalmente un sorriso pensò Marco. Poi guardò Marco con aria di rimprovero e con tono acidulo gli disse " Non credo si sia fatto male. Anzi, è proprio per questo che sono qui". Marco fece un bel sospiro di sollievo capendo che la signora Berretti non si era arrabbiata per la sberla assestata al suo cane. Lei sentì il sospiro di sollievo e lo guardò con le sopracciglia corrucciate. Marco aveva ancora dolore alla mano, ma cercò di resistere e si concentrò sul motivo della visita. La signora Berretti aveva parlato di vicini quindi si trattava della solita lite per colpa di un cane che abbaia, che sporca, che lascia i peli sulle scale... Rifletteva e la sua mano dolente era appoggiata in grembo nascosta alla vista della signora Berretti, ma gli doleva forte e pensando alla lite con i vicini della signora Berretti, si domandò se era stato necessario portarsi dietro il corpo del reato. Lui le avrebbe creduto sulla parola, pensò. La signora Berretti non si era scomposta per la sberla assestata al suo povero cagnolino e continuò il discorso: "Dunque signor avvocato premetto che ho poco tempo, ma la questione è delicata: il mio cane afferra tutto ciò che è in movimento e che lui ovviamente riesce ad afferrare. Per farle un esempio: preferisce le mani rispetto ai piedi, non so se mi sono spiegata". "Si è spiegata benissimo, anzi il suo cane si è spiegato ancora meglio" rispose Marco. La signora Berretti lo fulminò con lo sguardo di ira. " Lei deve sapere-continuò- che sullo stesso mio piano abita un uomo non sposato. Non ha neanche una donna o come si usa dire oggi: una compagna oppure un compagno. Preferisco specificare quando dico compagna e compagno, perché di questi tempi, a volte, non ci si capisce. Lei ha capito vero?" Quest'ultima frase la disse gridando. "Si, ho capito" - rispose Marco come se rispondesse ad una domanda della maestra. "Un uomo solo, nessuno viene mai a trovarlo. Esce al mattino per andare al lavoro e torna la sera con la borsa della spesa. Cosa cucinerà poi un uomo da solo.." disse con aria disgustata la signora Berretti. "Si tratta quindi, se ho capito bene, di un uomo normale, di una persona normale. Non frequenta donne né tantomeno uomini" continuò Marco con tono accondiscendente e cercando di sorriderle nonostante il dolore alla mano continuasse. "Ecco vede, lei definisce normale una persona così e si sbaglia. Una persona così non è normale. Ma le sembra che un uomo possa vivere in solitudine e senza nessuna compagnia?" lo interrogò con aria ancora disgustata la signora Berretti. Marco rispose: "Io direi una persona comunque per bene". La signora Berretti fece una smorfia di stizza movendo il capo. "Tutti lo definiscono nel palazzo una persona normale, anzi lo definiscono una persona per bene. Come l'ha definito lei. Che cosa significa secondo lei una persona per bene? Se lei cerca nel vocabolario la parola "per bene" che cosa trova? Un uomo che vive da solo senza compagnia di uomini e donne?" E con il dito indice della mano contro di lui lo minacciava. " Io non mi fiderei di persone così e neanche il mio cane si fiderebbe che, nonostante sia un cane, non vive per niente solo come un cane. Vede che le definizioni a volte sono sbagliate?" "Signora Berretti lei ha ragione, perfettamente ragione" rispose Marco. La signora Berretti aveva premesso di non aver tanto tempo a disposizione, ma erano già passati dieci minuti e Marco non aveva ancora capito il motivo della visita. Una persona strana questa signora Berretti, pensò. Il tono della voce era acido, quindi sicuramente una zitella. L'abito era elegante: una giacca con una gonna tre quarti, una stola stile anni passati, troppo passati. La signora Berretti era la tipica zitella isterica infastidita da tutto e tutti, dal mondo intero e soprattutto dal suo povero vicino, il quale aveva l'unica colpa di essere uomo e probabilmente di non degnarle attenzione. Il suo cane, quindi, non poteva che essere isterico quanto lei, pensò Marco. Lui si riteneva un tipo paziente e non violento, ma questa signora isterica avrebbe meritato la sberla inflitta al suo cane. Immaginò una sberla sul viso della signora Berretti: le avrebbe fatto volare via quel ridicolo cappello che aveva in testa; un cappello tipo basco nel quale erano nascosti i capelli. Solo una zitella acida poteva mettersi un cappello così ridicolo in testa. E ne andava fiera! Si capiva dall'atteggiamento altero e determinato che aveva; probabilmente si credeva bella. Marco non riusciva a decifrare nessun segno di bellezza e anche se ci fosse stato in gioventù ora era totalmente sparito dietro quei grossi occhiali da vista che le occupavano tutto il viso. Cercò di non farsi distrarre dai suoi pensieri e sorrise falsamente alla signora Berretti che con sguardo torvo cercava la sua attenzione. A Marco venne il terribile dubbio di non concludere nulla in questo incontro e che alla fine della chiacchierata la signora Berretti se ne sarebbe andata con una stretta di mano e... buonanotte... no la mano non gliela avrebbe data, se voleva le avrebbe dato solo la buonanotte. La signora Berretti tamburellò con le dita sulla scrivania, diede un piccolo colpo di tosse e continuò con tono seccato: "Signor avvocato non perdiamo tempo e veniamo al dunque. Mi sembra di averglielo già detto che ho poco tempo. Sa cosa è successo quindici giorni fa? Il mio Pippi ha approfittato della porta aperta di casa e si è intrufolato nell'appartamento del mio vicino che aveva, anche lui, la porta di casa stranamente aperta. Non capisco come ho potuto lasciare aperta la porta della mia casa. La chiudo sempre. Con tutti gli uomini che ci sono in giro.." Ebbe un attimo di dubbio e guardò verso la finestra. "Avevo appena fatto entrare la mia amica, era venuta per bere il caffè con me. Ma ero sicura di aver richiuso la porta. Non vedendo Pippi fare le feste alla mia amica lo cercai e vidi la porta aperta, così uscii sul pianerottolo ed entrai per cercare Pippi in casa del mio vicino." Sorrise sorniona. " Mi sono dimenticata di dirle che il mio cane si chiama Pippi. Gli ho dato questo nome in ricordo del mio povero marito: " Sospirò forte come una perfetta attrice, pensò Marco. " È morto. Mi ha lasciato da qualche anno. Ho pensato che dando il nome di mio marito al cane lui fosse rimasto ancora un po' con me." "Suo marito si chiamava Pippi?" chiese Marco. "Avvocato sta scherzando? Si chiamava Giuseppe, ma tutti lo chiamavano Pippo." E accavallò le gambe con uno scatto riprendendo a tamburellare con le dita sulla scrivania. Marco si era sbagliato, non era zitella bensì vedova, ma ugualmente le mancava qualcosa di maschile. Poi continuò: " Scusi, avvocato, mi ha distratta; ero arrivata al momento in cui chiamavo il mio cane, ma lui era sparito in qualche stanza dell'appartamento del mio vicino. Io giravo da una camera all'altra cercandolo e ovviamente nel cercare guardavo la casa. Non l'avevo mai vista e questa mi era sembrata una buona occasione per capire come vivesse il mio vicino e improvvisamente che cosa vedo?" " Cosa vede?" chiese Marco "Sa cosa vedo?" E lo guardò ammutolita. " Avvocato, non ci crederà" disse la signora Berretti " No, non ci credo" rispose Marco" Mi deve credere" "Signora le credo" ridisse Marco "Vedo il mio cane per terra che abbaia e abbaiava proprio come un momento fa quando lei le ha dato quella sberla, lo stesso modo di abbaiare..." disse la signora Berretti "Che cosa aveva afferrato?" chiese Marco con tono ironico e sorridendo. La signora Berretti capi l'ironia, ma il tono della voce di risposta fu astioso "Io non direi afferrato. Come si fa ad afferrare una cosa liscia e tondeggiante? Quando ci penso mi domando come sia possibile, perché il mio cane afferra solo cose che si muovono. Mi chiedo-disse la signora Berretti- e mi deve credere che non riesco ancora oggi a spiegarmelo, come questa cosa liscia e tondeggiante potesse muoversi. Forse lei che è avvocato mi potrà aiutare a capire" "Signora la prego vada avanti. Mi dica che cosa è successo" chiese Marco un po' spazientito. A questo punto il tono della voce della signora Berretti cambia, da determinato diventa sottomesso, da stridulo diventa sussurrato. "Dunque, stavo dicendo, vedo il mio cane per terra che abbaia ed il mio vicino, il cosiddetto "persona per bene" con i pantaloni calati ed il morso di un cane sul di dietro. Proprio sul di dietro. Ha capito che cosa intendo per "di dietro?" Marco la guardava dritto negl'occhi. Lei si appoggiò con i gomiti sulla sua scrivania e allungò il corpo verso di lui, poi continuò sottovoce: " Non è propriamente il "di dietro" che si trova sul vocabolario". Poi si ritrasse e si mise dritta e rigida sulla sedia, lo sguardo severo, le parole scandite con tono secco ed autoritario: "In ogni modo, il fatto è, che il di dietro non si muove". "Dunque?" chiese Marco " Dunque non è stato il mio cane" sentenziò la signora Berretti. Passò qualche minuto di silenzio in cui Marco guardava negli occhi la signora Berretti e lei sosteneva lo sguardo senza scomporsi. "Come lei ha potuto costatare di persona-continuò la signora Berretti- il mio cane avrebbe potuto afferrare qualsiasi parte del corpo, invece ha scelto la mano. E sa per quale motivo?" chiese con aria decisa la signora Berretti " Per il semplice motivo che la sua mano si stava movendo; ha capito come tutto si spiega facilmente?" Marco sentiva ancora le dita indolenzite dal morso del cane. Il pensiero che il cane avrebbe potuto afferrargli qualche altra parte del suo corpo cominciò a preoccuparlo. Si domandò che cosa si stesse movendo del suo corpo in quel momento, oltre alla mano. Sicuramente l'altra mano e poi... gli occhi ad esempio e le palpebre. La signora Berretti capì che Marco si stava distraendo e subito richiamò la sua attenzione: "Avvocato mi ascolti. Lei mi deve aiutare, perché il mio vicino mi ha denunciato per lesioni. Mi deve difendere, perché il mio cane è innocente per i motivi che le ho appena spiegato. Inoltre lei è anche testimone del fatto che il mio cane abitualmente non afferra glutei, ma preferisce le mani come lei ha personalmente e disgraziatamente dovuto subire" e nel dire queste ultime parola la signora Berretti sospirò. Marco si convinse che la signora Berretti aveva portato deliberatamente il cane con sé nella certezza che lo avrebbe morsicato. Sentì dal profondo del suo animo salirgli una rabbia che doveva assolutamente mettere a tacere. Non voleva dare spazio all'ira, non era un tipo violento. Marco pensò di denunciare la signora Berretti, anzi avrebbe fatto una denuncia collettiva con chissà quanti altri condomini della signora Berretti, morsicati in mani, piedi, valige, borse, zainetti, ombrelli, capelli. Dopo aver calmato il sentimento di rabbia che gli era cresciuto dentro, anziché mandarla fuori dall'ufficio e denunciarla, come si era ripromesso di fare, disse: "Signora ha perfettamente ragione" e disse queste parole, perché pensò che la ragione dovesse prevalere sul sentimento di ira ma soprattutto perché la ragione paga in contanti ed il sentimento lascia solo profonde ferite. La signora Berretti si sentì incoraggiata e proseguì: "E poi signor avvocato io mi domando: che cosa ci faceva il mio vicino con i pantaloni calati?" " Era a casa sua e quindi poteva liberamente..." Rispose con tono accondiscendente Marco. "Signor avvocato, lei quindi mi vuol far credere che tutte le persone, nella loro casa, girano con i pantaloni calati? Mi deve anche spiegare come si riesce a camminare! Lei ce la farebbe?" Marco fece un cenno dissuasivo con il capo. " Vede che non ci si può fidare delle persone cosiddette per bene?" disse la signora Berretti. "Signora Berretti io ho la necessità di sapere la verità su quanto è successo. Mi deve dire se è stato... mi scusi... se veramente non è stato il suo cane" disse Marco con aria greve."Signor avvocato, se veramente fosse stato il mio cane, io sarei venuta da lei a farle perdere del tempo ed a farla morsicare dal mio cane?"" Mi scusi signora Berretti, ma lei sapeva che il suo cane mi avrebbe morsicato?" chiese Marco con aria molto preoccupata. "Signor avvocato mi crede pazza? Se lo avessi saputo non sarei venuta, o meglio sarei venuta, ma senza portare il cane anche se mi sarebbe dispiaciuto lasciare a casa il mio povero Pippi. Però avvocato mi deve credere che per me è stata una fortuna che Pippi l'abbia morsicata così si dimostra l'innocenza del mio cane" rispose soddisfatta." Sicuramente signora Berretti" rispose Marco "per lei è stata una fortuna però per me..." "In ogni caso signor avvocato a parte la sua disavventura, io penso che il mio vicino si stia sbagliando. Piuttosto è necessario domandarsi che cosa facesse con i pantaloni calati" e guardò con aria severa Marco "Mi scusi signora Berretti ma nella stanza c'era qualcun altro oltre al suo vicino?"chiese Marco "Signor avvocato certo che c'era"." E perché non me lo ha detto subito?" rispose un po' innervosito Marco "Non glielo ho detto semplicemente perché non credo che sia stato lui a morsicare il "di dietro" del mio vicino"."La prego signora lasci giudicare a me se questa persona potesse, oppure no, morsicare il suo vicino. Mi dica se lo sa chi era e cosa stesse facendo quando è entrata lei o meglio quando è entrato il suo cane" chiese con aria innervosita Marco. "Scusi signor avvocato io posso rispondere solo di quando sono entrata io, di quando è entrato il cane come faccio a saperlo? Il cane non me lo ha detto" "La prego, mi dica" insistette Marco. La questione era alquanto curiosa, perché stava perdendo tempo con questa signora? Che brutto mestiere quello dell'avvocato pensava tra sé. Raccogliere le confidenze delle persone e dover dare sempre ragione. Il mestiere dell'avvocato è una vocazione forse come la vocazione del prete però il prete non deve dare sempre ragione a tutti. "Dunque -incominciò la signora Berretti- seduto al tavolo accanto al mio vicino c'era un uomo con in mano un bicchiere ed una candela. Strano vero?""Un bicchiere ed una candela?"chiese con aria meravigliata Marco "ma signora scusi, perché il vicino ha denunciato il suo cane? Non poteva essere stato quel signore a morsicarlo?" " Anch'io ho pensato che poteva, anzi doveva essere stato lui. Chi altri aveva interesse a morsicarlo?"affermò la signora Berretti. "Cosa vuole che interessi a Pippi il gluteo del mio vicino!". Poi con aria confidenziale quasi sottovoce e riappoggiandosi con i gomiti sulla scrivania e con il corpo verso Marco, disse: "Tra l'altro, detto tra noi, il mio vicino veste anche in modo sciatto, è calvo e indossa dei vestiti antiquati. Come può un cane interessarsi a lui? Figuriamoci una donna!""Signora mi dica, il suo vicino ha chiamato aiuto oppure la polizia?" domandò Marco "Figuriamoci se chiamava la polizia.. è un tipo riservato..." La signora Berretti si rimise seduta rigida ma divenne pensierosa. Dopo qualche secondo aggiunse " Non riesco a trovare una spiegazione ai pantaloni calati... l'altro uomo con il bicchiere e la candela" e poi rispose decisa "Non è andato alla Polizia, è andato dai Carabinieri. Il giorno dopo me lo ha detto il maresciallo che era amico di mio marito e che mi ha telefonato per dirmi della denuncia. Oddio mi viene un dubbio e se fosse una messa nera?" disse spaventata la signora Berretti. "Signora le messe si dicono in chiesa comunque..." "Quelle nere no, però" rispose seccata la signora Berretti. "Ed io come faccio a sapere se era bianca o nera?" si interrogava la signora Berretti. "A questo punto, dopo quello che mi ha detto, credo anch'io che il suo cane sia innocente. È normale anzi pacifico direi e molte sentenze lo affermano con certezza che due persone di cui una con i pantaloni calati e l'altra con in mano un bicchiere ed una candela possano commettere qualsiasi tipo di reato anzi io direi che è già reato stare così di per sé." Sentenziò Marco."Ah bene -rispose la signora Berretti-lo sapevo che avevo fatto bene a venire da lei. Mi avevano detto che era bravo ed è vero, è bravo, bravo ed onesto" Uhm furba la signora Berretti -pensò Marco- infila un complimento e poi termina con una stoccata, termina con la parola onesto. Ovviamente si riferisce alla parcella onesta che gli presenterò. Ma questa storia del cane doveva pur fruttargli qualcosa, non avrebbe potuto chiedere molto però almeno mille euro li avrebbe sicuramente ricavati. "Quindi accetta di difendermi?" chiese la signora Berretti "anzi di difendere il mio cane? Perché vede, io credo e mi corregga se sbaglio, perché io di legge capisco poco, che io eserciterei la patria potestà sul mio cane vero? Si dice così?" chiese susseguosa la signora Berretti. "Signora Berretti mi permetto di correggerla, la patria potestà si esercita sui figli" rispose Marco. "Beh ma io non avendo avuto figli... la persona o scusi il cane a me più vicino..." "Signora Berretti mi lasci qualche giorno per pensare ad una strategia e mi lasci l'indirizzo del suo vicino così gli mandiamo una bella letterina e vedrà che tutto sarà sistemato... ah dimenticavo mi lasci anche un anticipo di duecento euro per le prime spese"."Bene signor avvocato -rispose la signora Berretti- gli lascio volentieri questo acconto, perché ho capito che lei è veramente una persona sensibile ed intelligente. Solo un animo nobile poteva facilmente intuire che questa povero cagnolino, dolce e gentile, non potesse far del male a nessuno" disse tutto d'un fiato la signora Berretti e gli mise sulla scrivania un assegno di duecento euro. Marco lo ripose subito nel cassetto senza fare nessun commento sull'anima dolce e gentile della bestiolina. "Signora Berretti, presto le farò sapere cosa deve fare con il suo vicino di casa" disse Marco. "Scusi che cosa dovrei fare con il mio vicino di casa?" chiese con aria dubbiosa la signora Berretti." Guardi che a quell'uomo non interessano né donne né uomini"."Ma no signora Berretti che cosa ha capito? Io intendevo dire che le dirò che tipo di lettera ho preparato per il suo vicino e che lei dovrà fargli recapitare" rispose sorridendo. "Fargli recapitare una lettera? Io? Al mio vicino?" gridò la signora Berretti. "Assolutamente non ci penso nemmeno, mi rifiuto categoricamente" gridò ancora. "Ma signora Berretti, perché no? perché non vuole?" la spronò Marco "Ci vada lei signor avvocato; in fondo perché la pago!" rispose seccata la signora Berretti " e se vuole la faccio accompagnare dal mio cane!" Marco pensò in un attimo che tra la compagnia di Pippi ed il vicino con i pantaloni calati era forse meglio il vicino. "Signora Berretti non deve portare lei la lettera, la deve spedire per posta" disse spazientito Marco "Ah bene. Dunque signor avvocato la ringrazio e la saluto" La signora Berretti gli porse la mano. Marco infilò entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni, si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta. Aprì la porta e lasciò uscire la signora Berretti e solo quando fu discretamente lontana accennò ad un saluto con la mano."Buongiorno, buongiorno signor avvocato" rispose la signora Berretti poi però si voltò e tornò verso di lui. "Mi scusi un'ultima domanda. È importante: secondo lei la candela era accesa?" domandò la signora Berretti. "Accesa? Come quelle nelle chiese?" chiese Marco "Perché secondo lei le candele si accendono solo in chiesa? E poi caro signor avvocato oramai non si accendono neanche più in chiesa. Ci sono quelle elettriche... si vede che frequenta poco le chiese... lei. Io invece ogni domenica faccio dire una messa per il mio povero marito ed è tempo che non vedo più candele vere accese" rispose la signora Berretti. "Va bene signora, è stato un piacere conoscerla, buon giorno" e chiuse la porta dello studio."Uffa" pensò Marco. Le ultime parole della signora Berretti furono per lui come un fulmine, capì immediatamente che cosa era veramente accaduto in quella casa. Sapeva che alcune persone usavano nel passato come rimedio per il mal di schiena un bicchiere appoggiato proprio sulla schiena, dal quale era stato tolto l'ossigeno con un candela. Il metodo era un rimedio della nonna. Marco si immaginò la scena: il vicino di casa era con i pantaloni calati affinché il compagno potesse fare l'operazione di cura con il bicchiere sul fondo della sua schiena. Entrato il cane nella stanza e sentite le grida della signora Berretti, l'uomo avrà cercato di rialzarsi esponendo la sua parte più "cara" alle mire di Pippi. Decise di scrivere subito la lettera al vicino di casa; aveva intenzione di chiedere un risarcimento sopratutto per i danni morali arrecati alla signora Berretti che, poiché vedova, non era più abituata a simili panorami.

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l'autore marilena nepita ha riportato queste note sull'opera

un breve racconto che vorrebbe suscitare nel lettore un sorriso.


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1 commenti:

  • Stefano Galbiati il 06/02/2010 12:04
    Ciao! Ho già letto questo tuo racconto su un altro sito non più di due giorni fa, ma non ho potuto lasciare un commento.
    Ora che posso ti dico che mi è piaciuto; e almeno per quanto mi riguarda, ha suscitato anche più di un sorriso. Quella signora Berretti è davvero ottima nel suo ruolo, con quei dialoghi quasi assurdi e il suo strano comportamento.
    Che altro dire, brava!

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