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L'albero cornuto
Annina aveva 20 anni, era bassina, scura di carnagione e con gli occhi grandissimi.
La sua particolarità era che da cinque anni ormai viveva in un albero!
Era un abete molto vecchio e molto alto che lei chiamava "zio".
Ai quindici anni, Annina, aveva assistito a un documentario sulle pantere e ne era rimasta affascinata, così aveva deciso di andare a vivere "dallo zio", così soleva dire.
Lì, trascorreva le giornate a guardare dall'alto in basso gli altri; a giudicarli per i misfatti che gli vedeva combinare da lassù; e la notte quando era sicura che nessuno si sarebbe preoccupato per lei, scendeva e andava a far incetta di tutto ciò che di commestibile trovava, visto che non accettava donazioni e regali da nessuno.
C'è da dire che nel "suo" parco si stava radicando il costume fra i cittadini di nascondere i cibi più prelibati nei posti più introvabili, per poter dire all'indomani:- Stanotte l'ho offerta io la cena ad Annina -.
Annina, oltre ad una vista sopraffina, aveva sviluppato un olfatto da cani vivendo a casa dello "zio".
Aveva imparato a digiunare durante il giorno e a compiere i suoi bisogni fisiologici solo di notte.
Tutti la conoscevano in paese e chi passava sotto lo zio le chiedeva: -Annina! Tutt'apposto?-
-Si, si, potete andare che non ho bisogno di voi!- rispondeva Annina solennemente come un re a un suo suddito.
Così cominciarono gli scherzi:- Annina, scendi! Casa tua sta prendendo a fuoco!!- le dicevano.
- Da qua vedo tutto, sta prendendo a fuoco l'anima tua!!- rispondeva.
E un'altra volta:- Annina scappa, la polizia ti cerca che devi pagare cinque anni di tasse!!- continuavano imperterriti.
- Se vogliono sanno dove trovarmi! E poi, che tasse devo pagare io per vivere su un albero??- diceva lei.
Aveva sempre la risposta pronta come la lingua di un camaleonte.
Adorava la musica e gli unici a cui si rivolgeva cordialmente erano i gruppi che suonavano all'ombra dello "zio".
Lei li pregava di fare quella canzone e poi quando stavano per andarsene ne chiedeva un'ultima.
Una volta si presentò un diciottenne molto timido, carino e affascinato dalla leggenda di Annina.
Cantò quattro o cinque canzoni a mò di serenata per la sua fonte d'ispirazione; e quando fece per andarsene, Annina che fino ad allora si era limitata ad ascoltare in silenzio, lo invitò a salire da lei per un ultimo sfoggio delle sue qualità canterine.
Accettò.
E non una, bensì altre quattro canzoni le dedicò fino a notte fonda; così finirono per conoscersi meglio, anzi del tutto.
Da allora non passava giorno senza che i due non si vedevano, ma al ragazzo non confortava l'idea di vedersi sempre lassù, e decise di invitarla a scendere con le più cortesi e gentili maniere.
Anche lei accettò, ma solo dopo tre giorni e a patto che sarebbe tornata dallo zio prima dell'alba e che nessuno avrebbe dovuto sapere.
Così andarono le cose: lui si presentò con la più bella delle scale, ella scese e andarono a mangiare a casa di lui, che abitava a due isolati dal parco.
Si divertirono moltissimo lontani dallo zio e tornarono come d'accordo prima della prima luce.
Ma accompagnandola fin su, il nostro eroe, segnato dal buon intento come dal buon vino, cadde e si ruppe l'osso sacro.
Lei se la prese con lo "zio".
Come aveva potuto farle questo?? Come aveva potuto fare cadere proprio il suo amato??
E una volta scesa per soccorrerlo, solennemente e con parole inequivocabili, lasciò lo "zio" per fidanzarsi col giovane, rinfacciandogli di essere sterile e di non aver mai potuto darle dei figli!!
Dopo tre giorni lo "zio" fu trovato disteso al suolo, colpito da un colpo di fulmine caduto durante la notte precedente.
Al suo posto venne costruito un ristornate cinese.
Annina diede alla luce un figlio dopo otto mesi, lo chiamò Andrea, ma le malelingue del paese preferirono chiamarlo "Zio".
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