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Io, dentro la grande tela

Mi piace il verde.
Il mio lavoro, la mia vita, si sono sempre divisi tra il verde di questo prato e i depositi dove, insieme a tante altre come me, sono costretta, immobile, ad aspettare.
Mi piace il verde, ho detto.
Mi piace quando è asciutto, pulito, liscio.
Non è sempre così.
Quante volte il prato dove lavoro è bagnato, e quante volte è sporco, polveroso, nemmeno più verde!
Quanti prati sono pieni di buche!
Il mio è un lavoro duro. Il contratto mi impone di subire continue violenze, ed è considerato tanto più bravo chi è più preciso, o più energico, o più tempestivo e veloce nel procurarmele.
Precisi non lo sono sempre. Quando accidentalmente mi scagliano fuori dal prato, mi sostituiscono con una collega, del tutto uguale a me.
A me piace quando, facendomi rientrare nel prato, vengo afferrata da mani robuste, e lanciata sul petto (sì, preferisco sul petto) dell'altro uomo, vestito nello stesso modo.
Non mi piace quando - è capitato anche questo - vado incidentalmente ad incocciare, con tutta me stessa, i coglioni di qualcuno.
Mi piace quando qualcuno tenta di afferrarmi, ma non ci riesce; ed allora capita di imbattermi in una grande tela, a larghe maglie. Ed allora c'è, nel prato, un grande movimento: tanti sono felici, radiosi, tanti altri - con un vestito diverso - sono tristi, o raggelati, delusi. Anche rabbiosi.
Ho compreso di essere io la protagonista. Questo lavoro è spettacolare. Io però mi prendo, mi sembra, solo il peggio: i calci, dovunque.
Chi mi guarda mi ignora. Guarda, apprezza, critica, commenta, paga solo loro: quelli che mi maltrattano.
Oggi è stata una serata speciale.
Appena entrata, un triste argentino mi ha scaricata ad un calvo basso olandese - sguardo intelligente, gelida determinazione - che mi ha subito destinata ad un africano gentile e sorridente. Mi ha accolta con dolcezza e dopo sei passi veloci mi ha spedita verso l'angolo basso della grande tela.
Non mi hanno mai guardata - decine di migliaia, decine di milioni - con tanto stupore.

Londra, 16 marzo 2010: Chelsea-Inter 0-1; goal di Eto'o al 78. mo.

 

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5 commenti:

  • Anonimo il 15/02/2011 22:34


    Suz
  • Maria Lupo il 27/06/2010 01:52
    Riletto con piacere.
    Perchè non provi a riscriverlo applicandolo ai recenti eventi... mondiali?
    In questo caso si perderebbe il mistero ma il testo potrebbe essere inserito in "racconti dell'orrore". Pensaci...
  • Anonimo il 26/06/2010 20:53
    Santi numi! Io credevo che... ma sì, spesso nei racconti l'ultima frase è la più gigantesca espressione chiarificatrice! Dal fiato sospeso, si arriva a trarne respiro normale. Opera geniosa!
  • luigi deluca il 25/03/2010 18:36
    oh, giuro che l'ho capito subito, che a "parlare" fosse la sfera più idolatrata del mondo ) potevi, dunque, evitare di indicare la "partita" che ti ha ispirato questa novelletta
    ciao
    gigi
  • Maria Lupo il 23/03/2010 00:06
    Dovresti renderlo un po' più misterioso. A parte questo, è un esercizio di stile veramente raffinato a cui non manca una venatura sentimentale.
    Chi sono "il triste argentino"e "il calvo basso olandese"?(si vede che non sono un'interista e neanche una informatissima di calcio ma una banale tifosa occasionale del Napoli...).

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