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Icaro

La ruvidità dell'asciugamano sfrega contro i miei denti impazziti. Ma. Non devo urlare. Mordo con forza
la stoffa serrando così la mia bocca in un ghigno assassino odorante di instabilità mentale mentre elimino accuratamente con il rasoio gli ultimi residui che mi decorano la schiena in un macabro motivo osseo e vermiglio. Piume bianche giacciono spirando ai miei piedi mentre altre volteggiano e si contorcono ancora in aria prevedendo malinconiche la loro sorte di innocenti petali bianchi ammassati in una fossa comune agli angoli di una strada asfaltata percorsa da ombre lugubremente indifferenti. Sofferenti sopportano il sangue che copioso continua a macchiare con chiazze asimmetriche la loro candida superficie. Tristi mi osservano mentre combatto la mia battaglia interna tra il primordiale istinto di autoconservazione e la razionale paura dell'essere emarginata. Gli eserciti si scontrano in un cozzare metallico di armi mentre taglio, tronco, mutilo le bianche ali che sbocciano sulla mia schiena. Ossei moncherini spuntano dalle spalle martoriate. La mano che regge il rasoio trema ed assume un colore innaturalmente pallido. Ma. Non devo urlare. Proseguo. Stringo le dita attorno allo strumento di premeditata autolesione e con un urlo soffocato dall'asciugamano accolgo il nuovo lembo di pelle strappato alla mia schiena scarnificata. Rivoli vermigli improvvisamente sgorgano dalla carne viva e pulsante scivolando sinuosi lungo la linea della spina dorsale. Gocce di vita bollenti cadono sul pavimento con un impercettibile tintinnio che le mie orecchie tese percepiscono come uno schianto di alberi uccisi da un implacabile fulmine. Ma. Non devo urlare. Sento rumori al di là della porta chiusa a chiave. Ascolto voci arrabbiate che penetrano dalle fessure. Stringendo le palpebre mi esorto a continuare la lacerazione nonostante l'inorridita ribellione del mio corpo. Implacabile utilizzo l'altra mano per fermare il tremore compulsivo dell'arto incaricato di eseguire la dolorosa decapitazione di angeliche protuberanze. La mia mente è avvolta da un'anestetizzante velo di folle stupore e di insana determinazione al martirio. Improvvisamente la porta precipita a terra con uno schianto e sguardi minacciosi si appuntano sulla mia figura debolmente appoggiata sul lavandino. Assisto ad una teatrale trasmutazione di espressioni mentre miriadi di occhi spaziano dalle piume insanguinate che cospargono le piastrelle alla mia mano esangue che stringe il rasoio. Annuso orrore e disgusto mentre la mia mente si assopisce sempre di più al suono di urla orripilate e di parole crudeli. Uno strato di insofferenza si posa lentamente sui miei ragionamenti frenetici. E poi il Buio. Apro gli occhi. Non ho nessuna razionale concezione del tempo a cui aggrapparmi. Quanto tempo è passato? Dove sono? Quando sono? Percorro con le mie pupille annebbiate il perimetro del luogo in cui mi trovo senza peraltro riuscire ad individuarlo. Sembra un ambiente di geometria regolare. Quadrato forse. Non sono in grado di scorgere alcun elemento particolare, tutto sembra inghiottito da un'oscurità densa ed allo stesso tempo leggera. È completamente vuoto a parte un'enorme finestra che troneggia al centro dello spazio scuro ed angusto. Il vetro si affaccia su un cielo limpido illuminato da un sole che cola oro fuso su tutto ciò che riesce a baciare, filtrando una luce pura e meravigliosa che irrompe potente nella stanza. Io sono stesa a terra. Anche il pavimento sembra fatto di oscurità calda ed inconsistentemente solida. Guardo in direzione dell'unico collegamento con il mondo esterno. Non capisco. Non capisco. Dove mi trovo? Questo luogo è reale o no? Ascolto la mia mente che cerca di ritrovare un brandello di lucidità per analizzare la situazione e scegliere a quale mondo far appartenere tutto questo. Sento i meccanismi del cervello che si costringono a decidere tra parto di una psicologia sotto shock e crudele realtà discriminante. Lavorano instancabili. Come se potessero trovare una risposta. Come se questo risolvesse qualcosa. Un ricordo sbiadito che sembra appartenere a qualcun altro lampeggia improvvisamente nei meandri della mia memoria ostile. Chiudo gli occhi e lentamente porto la mano all'altezza delle scapole. E. Le dita sfiorano soffici piume. Il palmo accarezza angelici arti che si innalzano candidi contro l'ingiustizia di questo mondo che ci vuole tutti uguali. Lacrime calde mi affiorano agli occhi. Continuo ad accarezzare le morbide ed innocenti ali mormorando ringraziamenti nel buio della mia solitudine. Il mio sguardo offuscato dalle lacrime improvvisamente cattura il sole fra le ciglia umide di commozione. Mi alzo in piedi. La gambe obbediscono fluidamente, come se avessi abbandonato un imponente peso che mi schiacciava il corpo verso il basso. Con passi lenti e misurati raggiungo la finestra. Spalanco i vetri. Assaporo l'aria fresca che accarezza il mio viso tirato. Inghiotto il calore che mi regala il sole. Guardo la fonte di tanta luce. E mi lancio nel vuoto. Precipito pesantemente per qualche metro. E quando sono a pochi centimetri da terra le ali si aprono maestose effettuando un eroico salvataggio e trasportandomi verso l'azzurro intenso del cielo come a dirmi volevi assassinarci ma sei perdonata guarda anziché punirti ci doniamo completamente a te osserva tutto ciò che ti circonda soffermati sulla sensazione di incredibile potere che provi in questo momento e godi delle emozioni che provoca in te questo leggero librarti in aria. Volo sopra il regno degli automi mortali riempiendomi i polmoni di effervescente incredulità. Mi nutro del mio stesso meravigliato stupore mentre la mia ombra scivola veloce sulle grigie strade. Sfrutto le correnti d'aria che percepisco sulla mia pelle fremente e mi innalzo al livello degli innocenti volatili. Osservo il sole. Il mio cuore è stretto da una morsa di struggente e malinconico desiderio nei confronti di una luminosità così pura e limpida. La brama di possedere ancora ingenuità-bambina si impossessa della mia mente. Inizio a volare in direzione dell'oggetto della mia devozione. Volo decisa verso l'astro rovente e mi sento timido insetto-farfalla attratto dalla fiamma eppure intimidito da tanta brillante imponenza. Il calore diventa sempre più insopportabile. Il corpo perde idratazione mentre le ali proseguono magnifiche la loro folle corsa. Inizio a prevedere il finale di questa favola per adulti disillusi. Nella mia mente è già vivida l'immagine di me che cado volteggiando simile alle piume assassinate in un bagno sporco di sangue e disperazione. Ma. Non importa. Perché anche se morirò prima di raggiungere il mio obiettivo. Anche se precipiterò su una strada tra gli sguardi attoniti dei passanti. Anche se spirerò senza aver assaggiato un morso di quella luminosa purezza. Ciò che più ricorderanno i miei occhi morenti sarà l'aria che sferza le orecchie in un frenetico volo. Il sorriso dolce appoggiato sulle mie labbra esangui sarà rivolto al vigore che anima il cuore quando si ha uno scopo. Quando si possiede una rotta. E ora. Volo. Mi libro tra nuvole morbide e suoni distanti. Volo. Verso il sole. Verso la speranza. Verso la libertà.

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1 commenti:

  • Katia Gusmini il 02/12/2011 02:18
    Così realistico da fare male..
    Mi piace come descrivi scenari macabri ma lasci sempre e comunque una sottile venatura di sentimento.
    Continua così!
    Dopotutto, siamo tutti angeli dalle ali spezzate..

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