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Atlantide (Prima parte)

Un vento impetuoso schiaffeggiava la superficie dell'oceano aprendo in essa effimeri squarci e facendone sgorgare lacrime di candida schiuma. Un unico manto di nubi scure copriva il cielo fin dove vista umana potesse allungarsi, lugubre sudario che metteva fine al gioco di successione tra giorno e notte, risolvendolo in un'unica, eterna oscurità. Si sarebbe potuto dire che in quel luogo non v'era notte come nel deserto non attecchiva la vita, che fosse una condizione naturale ed immutabile. Appropriata, addirittura.
Sulla riva, lambito dalle dita più impavide che il mare protendeva, giaceva il corpo inanimato di un uomo vestito di stracci appesantiti dall'acqua e recante ferite ancora fresche sulle mani e sul viso. Un granchio stava per saggiare la sua consistenza con una chela quando un tremito lo scosse da capo a piedi e gli occhi gli si spalancarono. Privo di forze, il viso in parte affondato nel suolo molle, per lunghi momenti si contentò di scrutare la piccola fetta di mondo che gli era concesso di vedere.
Che si trovasse su una spiaggia era ovvio, e notò anche un piccolo molo di legno al quale erano attraccate diverse barche da pesca. Dove si trovasse quella spiaggia e a che città appartenesse quel modesto porto non riusciva proprio ad immaginarlo.
Con un sforzo immenso di volontà, pregando di non avere niente di rotto, incominciò a puntellarsi prima sulle spalle e le ginocchia, poi sui gomiti ed infine sulle mani, trovando che mettersi in piedi non fosse mai stato tanto difficile e che, a ben vedere, era un operazione abbastanza complessa da meritare qualche trattato ad essa dedicato. Barcollò e si tenne forte la testa perché temeva che potesse esplodergli, socchiuse gli occhi per ridurre il dondolio che minacciava di farlo vomitare. Quando finalmente trovò una sufficiente lucidità e riuscì a stare del tutto eretto, poté vedere qualcosa in più del luogo nel quale era naufragato.
<<Dove diavolo sono finito?>> chiese a nessuno o al vento o al granchio di poco prima.
Si trovava al centro di una spiaggia che doveva misurare all'incirca seicento metri in larghezza e che si protendeva verso l'interno per almeno cinquanta. La sabbia era nera, di evidente origine vulcanica, ma non fu questo il particolare che attirò maggiormente la sua attenzione, bensì il villaggio che si adagiava tra questa e le ripide colline dell'entroterra, assaggio di una maestosa montagna della quale si poteva scorgere soltanto la sommità.
L'aspetto dell'abitato non differiva da quello di moltissimi borghi marinari nati col miraggio della ricca pesca ed imprigionati dalla delusione: file disordinate di casette in legno e baracche fatte di lamiera si alternavano di rado con abitazioni in pietra vulcanica dall'aspetto signorile e antico; stradine in acciottolato o terra battuta, illuminate da pochi lampioni di foggia ottocentesca, si inerpicavano verso il centro del villaggio, dominato da una chiesa imponente e dal suo alto campanile.
L'uomo si tastò le tasche, alcune delle quali sfondate, con un'urgenza disperata. Sospirò, sollevato, non appena trovò il telefono satellitare chiuso nella sua custodia impermeabile, tuttavia quell'urgenza non si attenuò. Premette il tasto d'accensione e si guardò intorno furiosamente mentre attendeva, poi cercò sullo schermo, in basso a destra, data e ora attuali.

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l'autore Vincenzo Mottola ha riportato queste note sull'opera

Questa è una round-robin story, un racconto a staffetta. A questa prima parte farà seguito una seconda scritta da Stefano Galbiati, poi altre due in identica alternanza. Che la lettura vi sia gradita!


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5 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Anonimo il 13/06/2013 16:36
    ... scrittura piana e lineare
    molto interessante
    complimenti...

5 commenti:

  • Asia Argenti il 11/10/2013 18:37
    Inizio interessante. Mi piace il tuo stile, leggerò la seconda parte
  • Vincenzo Mottola il 26/06/2010 18:05
    Eh, si, Atlantide aveva proprio cerchi concentrici, brillava delle finiture d'oro e nelle sue piazze zampillavano fontane di magnifica foggia... a volte le apparenze ingannano!!
  • Giuseppe Tiloca il 26/06/2010 16:28
    Atlantide? Vincenzo, questo vostro racconto mi è stato consigliato da Stefano, e constato che è diversissimo da tutto quello che io possa avere letto sul mito di Atlantide. Avete utilizzato parole giuste, davvero ottime. Il racconto, è ottimo. Un uomo che naufraga ed il destino lo porta in u nisola.. che a dire la verità! Non mi sembra Atlantide! Ma non aveva cerchi concentrici che si addentravano nel suo interno?
    Non pensavo a dun paesino! Forse è un inganno, forse non so.
    Lettura gradita, quindi i miei dubbi vanno colmati.
    Passo al secondo
  • Vincenzo Mottola il 07/05/2010 20:41
    Che diamine, il primo a commentarlo sei proprio tu?!? Speriamo che qualcun altro si degni, altrimenti ci faremo i complimenti tra noi e basta!! Grazie, ad ogni modo, devo dire che mi sono piaciuto anche più che nell'esempio. Sono certo che farai altrettanto, e sono anche curioso.
    p. s. ottima scelta per l'immagine del profilo!!
  • Stefano Galbiati il 07/05/2010 20:21
    ti sei impegnato molto, lo si nota dai termini che hai usato... bene, come promesso niente domande! Ora tocca a me, ma prima permettimi di farti i complimenti, davvero ben scritto

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