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Raccontagli

" raccontagli, raccontagli di me.
Ti prego:il silenzio è così insopportabile.
Ti prego, prima che il vuoto esploda!"

Comprammo quel quadro così, per sfizio: era carino e si intonava con la carta da parati. Ripensandoci forse non era propriamente una buona idea mettere in salotto una ragazza in lacrime vestita di nero.
Riflettendoci meglio era stato un gesto veramente stupido.
Fu mia moglie a volerlo, diceva che il colore dei capelli di quella fanciulla, dipinta con tanta maestria, la estasiava, anche se ora credo che la sua fosse piuttosto invidia.
Le pennellate si susseguivano precise e quasi vivide ripercuotevano la tela macchiandola di colore e rendendola quasi vibrante di riflessi in quei capelli biondi che sembravano così leggeri e che, quasi senza peso, si posavano delicatamente sul viso candido e bagnato da una sola lacrima che imperturbabile colava, quasi fosse fresca, appena dipinta, sulle labbra gentili e rosse da far paura...
È molto probabile che mia moglie l'abbia voluto per vendicarsi in un certo qual modo della straordinaria bellezza del soggetto ritratto in lacrime ponendolo in un posto in cui riecheggiavano solo risate.

Vi sembrerà assurdo e non crederete mai ad una confessione simile ma io vi giuro che a volte io stesso non riuscivo a trovare altra spiegazione plausibile a ciò che i miei sensi percepivano se non quel che era ovvio: che tutto fosse reale.
Mi crederete folle ma mi rassegno alla coscienza che non crederete a nulla di questa storia e che storcerete il naso con presunzione e scetticismo allontanando da voi queste pagine con aria infastidita.
Ebbene, a volte, posso giurare di aver sentito singhiozzare quella tela, proprio nei momenti in cui c'era più chiasso, quando le risate si alzavano, occludendo l'aria grasse e prepotenti, da quei divani ricoperti di tessuti pregiati e luridi porci compiaciuti della propria ostentazione del lusso, si poteva sentire un lieve lamento... All'inizio non capivo, ritenevo che fosse frutto della mia immaginazione e della noia che scaturiva puntualmente da quei thè organizzati da mia moglie con tanto orgoglio con i suoi conoscenti, ma poi iniziarono ad accadere degli strani eventi e tutto lentamente prese forma e chiarezza.

L'aria è più pesante che mai

Accadde una di quelle sere, durante uno dei soliti banchetti allestiti da mia moglie con il solo scopo di poter ostentare la "sua anima ricoperta di oro", come diceva lei, "ricoperta di nulla " come tacevo io nella mia mente.
Più la guardavo e più mi domandavo se un tempo fossi io ad esser stato cieco, ad avere occhi patinati di sogni e illusioni, o fosse lei ad esser cambiata.
La vedevo bellissima nei miei ricordi, in quelle giornate di sole ai giardini pubblici, quando la sua pelle candida rifletteva il tenue verde della vegetazione di cui il suo corpo, nel mio rimembrare, aveva un forte odore. Era una ninfa per me. I suoi capelli, vagamente rossi, le incorniciavano il viso in un arabesco gentile imperlato a tratti del verde dei suoi occhi così innocenti. La ricordo come in un sogno. Bellissima. Eppure, mentre vedevo, davanti ai miei occhi, improvvisamente, i suoi occhi lacrimare sangue nel riflesso dei visi inorriditi dei suoi tanto amati invitati, che terrorizzati, avevano improvvisamente smesso di ridere, e il suo volto contorcersi in una maschera di dolore, la sua bocca rossa spalancarsi in un urlo muto, io non riuscivo a ricordare, pur sforzandomi, non riuscivo a ricordare il suo viso. Era una bambola. Ecco cosa vedevo: una vecchia bambola di porcellana tutta piena di crepe che impietosa si frantumava. Un viso ricoperto di cerone sino a diventare una maschera e null'altro. La maschera di se stesso. La maschera del suo ricordo.

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6 commenti:

  • ayumi il 26/08/2010 11:42
    il fatto che tu abbia intravisto Poe nel mio racconto mi riempie di orgoglio dato che lo ammiro molto. =)
  • Giovanni Sicuranza il 25/08/2010 23:42
    C'è Poe nel racconto. Anche lo stile, in parte, lo ricorda. Descrizioni che fanno vedere. Una critica, dettata da un gusto personale: avrei usato di più il dialogo.
  • ayumi il 30/07/2010 18:20
    LOL!
  • Anonimo il 30/07/2010 12:14
    La maledizione in un dipinto, unica via per chi ne è stregato.
    Idea originale. Sotto l'aspetto grammaticale, ho notato alcuni errori e ridondanze. Per i miei gusti ti sei spinta troppo nella descrizione, arrivando ad appesantire la linearità del monologo. Certo l'evolzione introspettiva del povero uomo è resa bene, anche se alcuni dettagli li andrei a rivedere (alla fine ad esempio hai scritto che gli manca il sorriso della fanciulla, mentre hai sempre ripetuto che piangeva contrastando l'allegria nella stanza in cui è stata appesa).
    Si può essere lucidamente pazzi? E scaricare la propria illminazione deviata in un oggetto inanimato? Come dare a questo il potere di cambiarci, tanto per giustificare il cambiamento stesso. Ok, molto probabilmente questa mia 'analisi' non ci azzecca per nulla e questo tuo racconto l'hai scritto con il preciso ed unico intento di spiazzare chi legge. Il fatto di interpretarlo, e vederci dentro quello che magari non c'è, fa parte dello stesso gioco che in ultimo hai descritto piuttosto bene!
  • Ivan il 11/07/2010 09:28
    Vedo che vai sempre sul... leggero. Ritmo incalzante e la solita capacità descrittiva. Un noir? Forse... o forse un modo per descrivere attraverso questi personaggi una socità che di pazzie, ossessioni e mediocrità ha fatto quasi una ragione di vita. Brava.
  • Guido Ingenito il 17/06/2010 02:09
    yeah Katia. un nel noir di follia totale condito di efferato amore. più che la moglie è il protagonista a sembrare una bambola, manovrato dalla proprie pazzie e ossessione. scrivi bene e questo lo sappiamo ormai già da tempo. ma devo dire che dopo che ho riletto le tue prime opere sei inevitabilmente migliorata. continua Katia, continua.
    buonanotte
    Guido

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