È vero che le parole volano e forse è anche per questo che scrivo, quando penso ai racconti di mio padre. Rapivo l'universo dentro le sue parole, quando raccontava della sua infanzia, della guerra che aveva lasciato i suoi graffi nell'anima chi di l'aveva vissuta.
Io, figlia del boom economico, di un paese ferito che aveva appena rialzato la testa, non mi accorgevo che ero frutto di un progresso che da lì a poco avrebbe rivoluzionato tutto il nostro modo di essere e di comunicare, in meglio o forse in peggio.
Potessimo comunicare con i nostri cari via internet, forse anche nel cielo esiste un internet-point o residuati di cabine telefoniche a gettoni, anche loro in fondo... sono morte.
Scrivo per fermare il tempo, ieri è già passato, consegnato agli archivi della memoria che troppo labile, spesso dimentica.
Sono flash che tornano e poi fuggono...
Avevo un cestino di plastica traforata e dentro un bavaglino e due fette di pane e tante scarpe allineate in fila che aspettavano le quattro del pomeriggio, la nostra uscita. O meglio come dicevamo noi... quando scappavamo dall'asilo. Il primo lavoro... crescere, un compito difficile che ti assegnano già dalla tenera età, ed una maestra antica, un po' burbera e severa. Le facevamo "sputar sangue", espressione che non dimentico, con la nostra vivacità.
Ma le sue mani creavano dal nulla, bastava un po' di carta e di ovatta e nascevano i pulcini per Pasqua e le stelline a Natale.
Le recite e le parole dimenticate, con voce tremante, le nostre attese, le nostre speranze.
Amavo le bambole, ma quelle erano solo per la foto di rito, a noi lasciavamo dei mattoncini di plastica colorata, sbeccati che non stavano neanche insieme, non mi piacevano e forse è per questo che non ho mai imparato a costruire, ma in compenso penso molto.
Forse è per questo che fino a poco fa, con la scusa di mia figlia, comperavo le barbie, forse quando rubavo le uova a mia madre e le nascondevo tra la lana sperando di veder spuntare un pulcino, era molto di più di apparire... essere, un regalo che la vita mi ha concesso, oggi mamma di due splendidi e complicati adolescenti.
Ma mi ricordo ancora quella frase... vedrai, questo è niente...
Alla scuola della vita l'allentamento è come per i marines, superata una tappa ci sono tappe successive.
Le ho superate tutte gioie immense che hanno un prezzo, ripagate da dolori altrettanto grandi, la vita, tutto ha un prezzo...
e non ho mai smesso di sentire quella frase... un crescendo, come in un concerto di note basse, alte, acute.. In fondo mi basta già questo, ascoltare, per fare, come si dice.. chi vivrà vedrà ed è già un bel vantaggio.
Vorrà dire che io sarò ancora qui, su questo pianeta a ridere, a piangere, a sudare, a fermare quei flash rubati dalle mani avide del tempo archiviatore per professione.
Li consegnerò alla memoria di chi mi vorrà ascoltare, la potenza di uno scritto che consola, ascolta e parla. Anche l'eco di una coscienza è una buona amica...
Mi domando spesso chi sono, io figlia del boom, in crisi di identità, fra crisi economiche, sentimentali e quotidiane...
ma per fortuna... non sono ancora scoppiata!