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Nel nome del padre (Prima parte)

Nel pomeriggio inoltrato di tardo autunno, in una giornata tiepida che i torinesi avrebbero rimpianto fino alla primavera successiva, un uomo alto e massiccio se ne stava davanti alla Fontana dei Dodici Mesi, nel cuore del parco del Valentino, con le mani ficcate a fondo nelle tasche di uno sformato cappotto scuro, spostando il peso del corpo obliquo da un piede all'altro e contraendo il viso oblungo in una smorfia di malcelato terrore. Singhiozzava sommessamente, mordendosi di tanto in tanto il labbro inferiore, e versava lacrime grosse quanto palline da golf. Si fosse trattato di un bambino, quel broncio avrebbe suscitato tenerezza, ma su quel colosso deforme suscitava soltanto inquietudine.
La bellezza della fontana era per lui orrore, la grazia delle statue raffiguranti i mesi era minaccia, l'acqua limpida che spruzzava gocce dal bagliore diamantino gli metteva voglia di fuggire lontano, i fiori, semplicemente, lo disgustavano. Non avrebbe mai voluto trovarsi lì. Non v'era luogo, in effetti, che lo rasserenasse, ma quello era un vero coacervo di incubi.
Sapeva di destare una strana impressione, sapeva che un uomo grande e grosso non dovrebbe piangere, ma non biasimava se stesso più di quanto facesse con le persone che gli gettavano occhiate timorose o divertite, poiché lui, quantomeno, sapeva, mentre la loro ignoranza li condannava a cadere nelle trappole del demonio.
La bellezza altro non era che l'abito buono di Satana, ciò che indossava per ammaliare i deboli. Lui vedeva il mondo per quel che era, non per come appariva, perciò sapeva questo e sapeva riconoscere le manifestazioni della bestia, come suo padre gli aveva insegnato senza mai ammettere dubbi. Nella grazia scorgeva gli ammiccamenti del peccato, nell'acqua riconosceva la fetida urina del diavolo e trovava che i fiori fossero il trucco più misero che quell'angelo caduto avesse mai inventato.
La tentazione ottenebra i sensi, disse suo padre con la consueta voce severa. Ma colui che vede non rischia di cadere.
Già. Colui che vede. Quel parco era zeppo di fiori, ne brulicava come un cadavere brulica di mosche e larve. Era la stagione dei crisantemi, quelli che molti considerano i fiori dei morti, ma di certo nessuno aveva idea di quanto quella definizione fosse vicina alla realtà. Tramite i fiori il demonio emette il proprio respiro dalle viscere sulfuree della sua dimora, un respiro esalato dalle fauci che divorano le anime dannate, un respiro che l'illusione rende odore, un'illusione che finisce non appena il fiore marcisce, quando il lezzo del male si rivela.
Il parco era pieno di fiori, e ciò lo disgustava, ed era pavimentato di foglie morte, il che lo costringeva a ricacciare in gola continui conati di vomito. Tutto ciò che nasceva dalla terra era opera di Satana, come la terra stessa e quanto su di essa si ergeva; non v'era luogo, per lui, che fosse abbastanza lontano dall'inferno da non affondarvi le radici, non v'era posto che il male non potesse raggiungere, perciò tremava di fronte ad una fontana, piangeva nel mezzo di un parco e si affondava le unghie nei palmi per impedirsi di correre via.
Tu sei Goffredo, lo rimproverò suo padre, il crociato di Dio. Un cavaliere non piange e non conosce la paura!
<<Si, padre>>, bisbigliò l'uomo asciugandosi le lacrime col dorso di un'enorme mano guantata e sforzandosi di apparire dritto e fiero come quel glorioso eroe di cui portava il nome.

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l'autore Vincenzo Mottola ha riportato queste note sull'opera

Questo racconto è in collaborazione con Roberta Pizzuto, sarà lei, infatti, ad occuparsi della seconda parte. Che la lettura vi sia gradita.


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6 commenti:

  • Stefano Galbiati il 26/11/2010 13:18
    mmh... io non mi ero accorto dell'errore
    E per il "copia e incolla" l'ho utilizzato la seconda volta, ma a quel punto avrei anche potuto farne a meno.
  • Roberta P. il 25/11/2010 22:10
    Auhahahahah!!! STEEEEE! Il "copia e incolla" in questi casi torna sempre utile!
    Comunque trepiderete ancora per poco, perchè l'ho già praticamente terminato. Come ben sapete anche voi però, le riletture e gli aggiustamenti dell'ultimo minuto sono d'obbligo!
    ps: non ho il modo di correggere l'errore perchè i commenti non si possono modificare. Per chi se lo fosse chiesto, lo so: "ingegnarmi" si scrive così.
  • Vincenzo Mottola il 25/11/2010 15:34
    Sono certo che l'altro commento fosse fantastico, ma anche questo mi piace parecchio!!
    Anch'io sono curioso per il seguito, e ti avverto da subito che sono previste più di due parti, come avrai immaginato da te. In effetti questa prima parte è essenzialmente una presentazione, infatti l'omicidio avviene solo alla fine ed è quasi marginale tanto avviene in fretta... per la storia del martello, devo dire che una delle cose che più apprezzo di Koontz è la predilezione per gli oggetti contundenti e gli utensili apparentemente innocui, insomma, mi piace che non si risolva sempre tutto con un colpo di pistola!!
    Grazie, comunque, e aspetto con la tua stessa trepidazione!!
  • Stefano Galbiati il 25/11/2010 13:48
    Dannazione, avevo fatto un così bel commento e tanto per cambiare non me l'ha salvato... va beh, riproviamo.

    Oh oh!!! Ora sono veramente curioso di sapere come Robi proseguirà la storia... avrei una vaga (anzi, molto vaga ) idea ma non voglio sbilanciarmi.
    Per quanto riguarda questa prima parte... direi ottima, hai spiegato già qualcosa sulla psicologia dell'assassino e sul suo modo di agire. Inoltre sei stato molto preciso nell'ambientazione (conosco personalmente l'utilità di Google in casi del genere )

    Ps. il passaggio dove il killer estrae il martello e colpisce una delle vittime mi ha ricordato molto da vicino "Mostri" di Koontz... ricordo che anche lì c'era un assassino che, in un caso, utilizza proprio un martello. Beh, inquietante comunque!!

    Attendo con trepidazione il seguito!!!
  • Vincenzo Mottola il 25/11/2010 10:48
    Oh, finalmente eccolo!!
    Grazie dell'apprezzamento, Robi, tra Wiki e Google ho fatto un bel giro turistico e devo dire che ci sono bellezze a Torino che non immaginavo, in particolare il parco del Valentino, col borgo medievale, la fontana, i fiori... non è stato difficile ambientarmi!!
    Ok, dai, vediamo un po' come dovrò comportarmi per evitare un facile arresto!!
  • Roberta P. il 25/11/2010 09:02
    Questa volta le stelle mi sono state fedeli: cinque piene!
    Complimenti per la tua prima parte, Mottola!
    Non sei del posto, ma nel leggere sembrava che ti sentissi perfettamente a tuo agio tra le strade di Torino.
    Il tuo killer mi piace. Il suo modo d'agire e le descrizioni in generale, pure.

    Ora tocca a me... vado ad ingengnarmi!

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