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La linea rossa

La sottile linea rossa. Togliere sottile. Sean Penn e Nick Nolte. Togliere Sean e Nick. Il cast reale -invece- è un po' quello di sempre: passeggeri, utenti, clienti, vittime e carnefici. Ambientazione metropolitana. Piu' precisamente un capolinea della linea. Curiosamente, al nord, porta il nome di una citta' del sud. Milano incontra Bisceglie. Ma è solo un gioco di parole. Qualcuno non sa giocare, qualcun'altro non puo' giocare.

Dentro alla stazione, se fossi fermo osserverei, se osservassi forse capirei. Ma non sono fermo, non osservo veramente, non capisco fino in fondo. Sono solo un passeggero. Innocente. Vergine.

Loro li incontro spesso, nelle vicinanze della porta di entrata, che per loro non è un'entrata, porta che non porta a nulla, ma forse lontano da qualcosa. Da quella che noi, ingenuamente, chiamiamo casa.
Lui suona un violino, lei bada al (loro) bambino nella carrozzina. Sguardi assoluti, speranze sopite, irrequietezza rassegnata. Le coppie crescono, i bimbi rimangono sempre gli stessi, sempre piccoli, disperati, soli.
Nelle carrozzine improvvisate scoprono il destino, che ad esse li ha assegnati, lentamente aprono quegli occhi pieni di freddo e di lacrime.

Tante volte mi sono chiesto perchè proprio loro, perchè proprio io in quell'altra carrozzina, di quella marca dal suono cacofonicamente infantile, soffice ed accogliente, dove al minimo sussulto compariva un'amorevole sorriso materno, in luogo dell'indifferenza, della fretta dei viaggiatori senza nome.

"Te ne stai andando anche tu, come gli altri, tra gli altri, senza nemmeno un sorriso, neppure un cenno, neanche un secondo del tuo tempo, cosi' prezioso. Con la tua ventiquattrore sfrecci, ventiquattrore chiuso nel tuo silenzio, geloso di ogni parola, attento al minimo spreco di attenzione. Domani, invece, ne sono sicuro, allungherai a mia madre -forse- una moneta, ne pretenderai un sorriso, tu cosi' avaro, quasi fossi un suo cliente. Ne risulterai perfino sollevato: un po' più in pace col mondo. Ma non è questo il tuo mondo, lo sai. Quella stessa
moneta ti alleggerisce la coscienza, insieme al portafoglio. Ti lamenti sempre che le tante monete della tua moneta ti sfondano il portafoglio, hai trovato il modo per preservarlo dalla distruzione rapida, seppur certa. Il tintinnio di quella moneta ti aveva fatto sentire in colpa gia' da alcuni giorni: la pochezza di quel metallo e la grandezza della nostra miseria. Avevi progettato ogni cosa con cura, l'avevi destinata a noi, magari porta fortuna. La fortuna vera è che quella moneta l'avevi tu mentre mia madre aveva solo una mano tesa, anzi, a guardar bene -difficile da questo passeggino informe- aveva solo un grosso bicchiere di cartone di quella bibita che sei solito -ne sono certo- bere, tra un panino e l'altro della tua -come la chiamate- pausa pranzo. A mia madre di quella bibita di cui non ha mai conosciuto il sapore, il destino ha riservato solo il bicchiere, ridicolo -penseresti tu- strumento di lavoro. I tuoi strumenti di lavoro, invece, li tieni nella frettolosa ventiquattrore prediletta, che non posso minimamente rovinare col mio incomprensibile odio di bambino."

 

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2 commenti:

  • Anonimo il 12/02/2011 21:29
    Bello, mi è piaciuto, complimenti.

    Suz
  • Giacomo Scimonelli il 03/01/2011 19:17
    complimenti... molto bello

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