La partenza: il mare, il vento, la sete, l'agonia, la fame, l'emozione, il pentimento, la perdizione, la vertigine. Scivolerò in vascelli di ghiaccio, fumerò ghirlande di salvia. Incoronerò ogni pietra con le mani, mi nutrirò di esse: dei sassi rotondi di lago. - Sputerò così lontano, verso il cielo; perderò il senno forse; lo ritroverò adagiato sul letto caldo di rovi. L'amore, sarà dismesso. La sofferenza, - non - mi scalfirà il cervello. Solamente il mio, mai, perdonato sodalizio con la felicità. E il vizio, l'entusiasmo puerile, gli schiamazzi, le urla ed i gemiti; le chiassose confessioni, la menzogna, la verità - saranno lontani? Forse vorrò tornare alle grigie e terribili croste della strada. Forse mi scoprirò ozioso e dipendente. Ma che importa? Le mie mani non hanno rughe. Ubriachezze di montagna potranno bastare a sostentare lo spirito ribollente di acidi veleni, che ho. - Non c'è mai pace, non c'è più pace. Adeguarmi al distacco, discendere la rupe dorata e infrangermi come pelle di serpente secca. Il nostro sarà un epilogo dannato. Sarà lieto e dolce, come il miele sulle mie labbra di prima mattina. Il brivido che, ancora, l'altissima Vertigine mi percuote dentro. Solo. Solo, come mai prima.