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La principessa dei fiori - 7° capitolo
(la risposta)
Avvolto dai pensieri, non mi accorgo che è già l'ora di cena, così sento il richiamo della fame e preparo un bel piatto di pasta col sugo, di solito mangio solo il primo piatto, oppure il secondo, dipende da cosa ho nel frigorifero, la pasta mi piace troppo e difficilmente ci rinuncio, non me la faccio mai mancare.
Dopo cena, decido di fare una piccola passeggiata per digerire un po' e per fare luce su tutti gli eventi, penso al mio futuro, l'ambiente che troverò, i francesi sono tanto diversi dagli italiani, la loro cultura è più aperta rispetto alla nostra, non si sente la presenza della Chiesa, per cui il laicismo è più concreto rispetto al nostro.
Torno a casa e vado a dormire stanco della giornata trascorsa, domani dovrò occuparmi delle ultime cose rimaste da fare prima che arrivi Gerard.
Il mattino ultimamente sono sempre agitato, mi capita quando devo fare qualcosa d'importante, così anche oggi mi sento ansioso, fa parte del mio carattere emotivo, eppure non dovrei, considerando che il mio amico non mi crea nessun tipo di pressione.
Esco in strada e vado a cercare Luciano, devo comunicargli che lascio l'alloggio e che può ritirare le chiavi da mio figlio dopo che sarò partito.
L'incontro al bar che frequenta normalmente, lui è un assiduo giocatore di carte, quando lo cerchi, sai già dove trovarlo, sembra un monumento del bar con la sua voce grossa e roca, quando lui non c'è si sente e come se nella stanza mancasse un mobile o qualche altro elemento dell'arredamento.
Lo chiamo in disparte e gli racconto i miei ultimi avvenimenti e per quale motivo lascio l'appartamento, ovviamente come sospettavo, la prima cosa che mi chiede sono i soldi per non aver rispettato gli accordi, mortificato gli dico che non li ho, posso solo dare in cambio i miei mobili come risarcimento. Dopo un po' di discussione, in mancanza di altro accetta.
Soddisfatto, gli faccio firmare un foglio per il nostro accordo, questo perchè non voglio lasciare nei guai mio figlio, Luciano è un tipo pericoloso, spesso immischiato in lavori poco leciti, è un personaggio particolare, un viso segnato da una cicatrice, indice di qualche brutta avventura, capelli un po' brizzolati, alto circa un metro e ottanta, tarchiato, sempre vestito con una tuta blu da meccanico, fondamentalmente è considerato un elemento appartenente agli ambienti della malavita, quindi meglio lasciare tutto tranquillo senza equivoci.
La giornata scorre veloce, riesco a concludere tutti i miei giri, completando tutto il da fare.
La sera vado a casa di mio figlio per cena e dopo gli dico che domani sarei partito con Gerard, lo stringo forte a me lo bacio e lo saluto con la tristezza nel cuore, anche lui lo sento triste baciandomi mi consola dicendomi che ci rivedremo presto di stare tranquillo, gli addii non mi sono mai piaciuti, troppa angoscia.
Dopo cena subito a letto, domani sarà un giorno troppo importante e voglio essere in forma; come sempre in questi casi la notte è sempre tormentata e non riesco a prendere subito sonno, ma poi mi addormento senza accorgermene, così mi ritrovo all'alba pronto ad alzarmi ed affrontare il giorno con tutta la forza del mio spirito.
Alle otto in punto mi suona il cellulare è Gerard, mi avvisa che sarebbe arrivato a San Remo alle dieci, sarebbe passato direttamente da casa mia, ha un appuntamento alle undici e gli avrebbe fatto piacere portarmi con lui.
Sono molto nervoso, guardo in continuazione l'ora, ma non passa mai, penso che l'uomo è sempre schiavo del tempo, si sovrappone sempre tra te e qualsiasi cosa che devi fare, non si può fare a meno di evitarlo.
Per distrarmi esco e vado al bar sotto casa, ordino un caffè, faccio colazione, dopo prendo il giornale che è su un tavolino e leggo distrattamente qualche articolo, guardo ancora l'orologio appeso alla parete del bar, entra anche un conoscente, scambiamo alcune parole di poco conto, mi offre una sigaretta, la tengo in mano spenta, poco dopo lui esce dal bar, deve andare a lavorare.
Nervoso ritorno a casa, mi siedo in poltrona e ruoto tra le dita la sigaretta spenta, non so cosa fare non fumo più, qualche volta mi capita di fumarne una ed è sempre una meraviglia assaporarne il gusto, preso da questi pensieri mi viene automatico accenderla, che buona penso, l'aspiro profondamente e resto un attimo senza respirare, trattengo il fiato e gusto il profumo che emana, ne sento gli odori resto estasiato, fumo lentamente, voglio che duri il più a lungo possibile, ogni aspirata è un rito d'amore verso la sigaretta, gioco quando butto fuori il fumo lo faccio salire in aria verso il soffitto formando cerchietti, li guardo mentre si sovrappongono l'uno sull'altro, chiudo gli occhi e continuo ad aspirarne ancora fino la fine, certe volte basta una sigaretta per farti stare bene.
Mi sento più tranquillo, chissà perché la sigaretta mi ha sempre dato un senso di calma, lo so che è solo un fattore psicologico, se ci penso serenamente ne deduco che parte della mia ansia è dovuta proprio al fumo che ne caratterizza i miei limiti, preso dai pensieri suona il campanello:
"Chi è"
"Ciao sono Gerard scendi?"
"Arrivo"
scendo in strada saluto il mio amico e saliamo in auto.
Alle undici in punto c'incontriamo con la persona con cui aveva l'appuntamento, dopo le presentazioni discutono mezz'ora, quindi Gerard fa l'ordinazione dei fiori e piante che serviranno a Parigi per la sua attività, infine andiamo al ristorante a mangiare.
"Allora hai pensato alla mia proposta di lavoro?"
"Certo che ci ho pensato e molto, se sei d'accordo partirei subito con te, ho già preparato i miei bagagli e sorrido leggendo nei suoi occhi la soddisfazione di avermi vicino"
"Benissimo volevo sentire questo sono felice, dopo pranzo partiamo subito abbiamo molta strada da fare e poi devi sistemarti nella tua nuova casa di Parigi".
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