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Picnic

Gio ha la fronte alta e gli occhi nerissimi leggermente vicini; con questo non voglio dire che sia brutta - sono assolutamente certo del contrario - ma la sua bellezza è di quelle che scopri poco per volta, quasi controvoglia e alla fine ne rimani catturato.
La sua camicetta azzurra la riempie davvero bene, bisogna riconoscerlo e dai mini-short bianchi le sue gambe lunghe e abbronzate agiscono sui pedali con un movimento lento e ipnotico che mi fa desiderare di rinascere sottoforma di sellino.
Mi viene da ridere e per fortuna non se ne accorge.
Pedaliamo insieme, in una domenica tiepida e luminosa, scivolando su sentieri umidi e spugnosi, all'ombra delle robinie in fiore.
Affrontiamo una leggera pendenza e Gio non frena; si preoccupa solamente di tenere premuto il cappello di paglia in testa, ma se dovesse sganciarsi il borsone dal portapacchi sarebbe un disastro.
Urla e ride, divertita per lo scampato "pericolo" e si gira verso di me, facendo una smorfia.
"Come farai a cavartela così bene con quei sandali dalla zeppa altissima? Lo sai solo tu..."
- Vedi di non perdermi di vista! - mi dice e devia improvvisamente a sinistra, in un fuoripista abbastanza impegnativo; ma grazie alle sue calzette rosse-fuoco, smarrirmi è davvero impossibile...
Dopo qualche minuto di ciclo-cross il terreno torna ad essere soffice e pianeggiante - con immensa soddisfazione del mio fondoschiena - e per un po' ci troviamo a costeggiare un ruscello striminzito dalle acque scure: un rigagnolo pigro e sottile che schiva rocce ed alberi, strisciando senza possibilità di scelta verso il proprio destino.
Gio frena di colpo e per evitarla, quasi mi ammazzo.
- Va bene qui. - dice.
Se così hai deciso...
Tolgo dal cestino un plaid più infuocato dei suoi calzini e lo stendo per terra, ad una decina di metri dalla riva del torrente.
Lascio cadere la bici e mi siedo sulla coperta; il sole filtra a malapena tra le foglie e i rami della fitta boscaglia, ma facciamo in modo di catturarne uno spiraglio.
Quando s'inginocchia di fronte a me, le sfioro le cosce con le dita e risalgo piano piano, fermandomi sull'ombelico, pericolosamente scoperto dai due lembi annodati della camicetta.
Mi guarda. Si leva il cappello e una ciocca scura le scivola dalla fronte...
- Sei bellissima...
Ci baciamo, intensamente, con sincerità e amore, elevandoci milioni di anni-luce oltre al piacere effimero che tutti gli orgasmi, le scopate o i trip dissociativi di questo mondo ci potrebbero mai offrire.
- È il Nirone. - mi dice, girandosi verso il ruscello, appena riprendiamo fiato.
- Ni-rone? Ti avviso che hai appena compromesso il pathos di questo momento ultraromantico!
Scoppiamo a ridere.
- Perché? - obietta, spostandosi i capelli dalla faccia - È dolcissimo, non ha una sorgente vera e propria... Si origina con le acque piovane e sceglie i terreni argillosi... Se non ha un nome poetico e musicale che differenza fa?

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2 commenti:

  • Anonimo il 14/04/2011 18:57
    assurdo!... ne ho apprezzato molto l'ironia, poi il tono teneramente adolescenziale... eppoi il finale sconvolgente! accidenti!!! bel racconto!
  • Noir Santiago il 19/03/2011 09:26
    Intenso, seduttivo, passionale, triste e romantico. La scrittura è fluida e ben legata, mi è piaciuto molto. Ottimo lavoro.

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