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La Donna Eterna
È difficile l'inizio, quando si parte in dubbio, in difficoltà o in smarrimento. È difficile l'inizio quando le idee non sono chiare per nessuno. Non sono chiare per te, le idee, nè per chi ti sta intorno.
Scrivere l'aiutava ad assopire il dolore, scrivere era l'unica cosa che la faceva sentire viva, era la sua vita. E benchè non fosse l'unica cosa di cui si occupasse, la cosa che amava di più al mondo durante il periodo della sua giovane e vecchia età era scrivere. Scrivere per se stessa, per gli altri, per chi non avrebbe mai letto, per chi la leggeva di continuo, scrivere per il mondo.. scrivere.
La mano andava da sé, e la penna era come una bacchetta magica:sfornava magia, la sua mente, anche se in gabbia, era capace di sfornare magie, magie di spirito. Chi altro poteva esserne in grado se non lei?
Era magica, lei e di seguito chi le stava attorno. Vedevi la folla, in mezzo alla città, e lei in mezzo, e non guardavi nessuno se non lei, appariva una sorta di luce, e lei al centro e gli altri che le facevano da cornice. Era avvolta dall'aura del mistero ed era... così affascinante, oh se lo era!
Non le piaceva la città, non si sentiva a suo agio. Avrebbe preferito di gran lunga stare nei posti della natura, in riva all'oceano magari. Stare in riva all'oceano è come stare in riva alla vita, come stare a galla e nello stesso tempo affondare, come stare accanto a un mostro e il secondo dopo vedere l'amore, poi vederlo tradirti e di nuovo abbracciarti. Stare sdraiato sulla sabbia, e sentire solo il mare era come stare nel suo paradiso immaginario. Creatura divina e di umano aspetto..
I capelli rossi, lunghi, mossi.. gl'occhi neri. Ogni suo movimento, era come il movimento di una maretta: ti travolgeva d'improvviso. Ti scombinava i pensieri, il cuore, i ricordi. E avevi continui e inaspettati deja-vù che venivano da chissà dove, e capivi che lei, e solo lei sulla faccia di quel pianeta, era in grado di poterti denudare con uno sguardo, con una parola, di fronte a lei potevi essere solo nudo, perchè ti prestavi così com'eri davvero. Tutti hanno le proprie maschere di fronte agli altri, con lei, potevi metteri d'impegno quanto volevi, ma bastava un tocco, e ti trovavi l'anima sbudellata e sconquassata, senza niente indosso se non la vergogna di farti vedere com'eri, e non coprirti. Un po' come quando hai freddo e hai bisogno di coprirti, e la coperta che cerchi, te la leva di dosso lei solo con una falciata di passo.. Incredibile, come se fosse eterna, irragiungibile, un fiore in mezzo al fiume, e a proteggerlo le acque tortuose.
L'amore secondo lei non esisteva, forse non ne aveva bisogno, o chissà forse nessuno ne era all'altezza..
Eppure un giorno d'inverno, quando la neve cade e tu sei costretto a rimanere chiuso a casa con la tua tazza di cioccolata calda seduto vicino a una finestra con lo scaldino ai piedi, a goderti lo splendido panorama che ogni anno o quasi ti si piazza davanti gl'occhi senza preavviso, lei uscì di casa, doveva comprare il regalo di compleanno per la madre. La madre: una donna di una bellezza stupefacente, l'unica persona a cui voleva e poteva donare amore, era la madre, la donna che l'aveva messa al mondo, che l'aveva curata e accudita perchè l'amava davvero, che mai l'aveva tradita e mai la tradirà. L'unica vera donna amica che aveva sulla terra. Sarebbe uscita solo per la madre. Una delle tante pazzie commesse per lei, solo e unicamente per la Madre. L'amore della sua vita.
Quando perse il padre aveva solamente 10 anni. Così, d'improvviso, le venne a mancare una delle due figure più importanti della sua vita, fu un dolore atroce, per lei, per la madre. Condividevano il dolore senza darlo a vedere agli altri, era una cosa ristretta, la sentivano solo loro.
Gli altri possonoo provare dolore per il tuo - di dolore - ma mai sono in grado di capire il soffrire senza starci dentro.
Mai. Loro preferivano così e facevano bene: mai farsi vedere, agl'occhi degli altri, deboli fragili e indifesi, perchè al primo tuo cedimento sei già in trappola. E allora meglio far finta di niente, camminare a testa alta, con la magia di sempre, e autoconvincersi e convincere gli altri che va tutto bene, anche se hai perso metà della tua vita. L'unica cosa che devi fare è convincerti che passerà, che starai bene e tutto il resto diventerà un ballo in maschera.
"Un modo per iniziare
un modo per continuare
e cadere
e rialzarsi
sprofondare
rialzarsi
far vedere che puoi
far vedere che vuoi
che sei forte
che non sei fragile
che vivi
Crederti vivo
mentre marcisce il
cuore.
E vedere
l'anima prendere
vita
al posto del tuo
corpo."
Un regalo unico. Un regalo originale, per una persona senza aggettivi per la troppa perfezione.
Uscì sbattendo la porta, in tensione per paura di non trovare nulla che potesse soddisfare i bisogni e i desideri della madre. Un cappotto nero con dei ricami grigi l'avvolgeva, i capelli facevano da contorno e intrappolati in una sciarpa argentata, andavamo a destra e a sinistra, per respirare. Gli stivali neri diventavano bianchi ad ogni passo per causa della neve. Camminava lentamente, il suo camminare lento e disinvolto faceva sì che anche la neve l'amasse, lei e la neve:perfetta sinfonia.
Mentra camminava sul marciapiede pensava al regalo: "Che posso fare?" - Parlava dentro sé -
"Ho già usato tutte le mie risorse, sta volta non ho idee, 'sta volta la deluderò" -Pensava- "Ma no! Non posso permettere di rovinare un giorno così bello dalla mia poca forza e voglia di volontà! Dev'esserci qualcosa, e quel qualcosa io troverò".
Improvvisamente, un lampo.
Il cielo da grigio si fece nero, le nuvole si spostarono e aprirono un cerchio in mezzo all'aere, e lì, in mezzo a quel nero-grigio -spento e vivo-vide nel lutto di quell'istante, un meravigliosa luce: una stella. "Papà" -Pensò-. Credeva l'avesse aiutata a scegliere la sorpresa per la madre, credeva fosse un indizio, e anche se così non fosse stato, colse al volo quel lampo di genio. Una stella, la più luminosa di tutte. Perchè aveva visto solo quella?
Così, prese la decisione un po' folle e improvvisa, di regalarle la stella più luminosa che c'era in cielo, la più bella, e decise di regalarle anche quella più nera vicina a quella luminosa: buio e luce in perenne dualismo, formano una cosa sola attraendosi.
"Una figlia che regala una stella del cielo alla madre, per ricordare il padre, e dare alla stella il nome del padre" Pensò. Divino.
Così si informò e comprò due stelle. Angelica (la madre) e Germano (il padre). Tornò a casa con la mappa delle stelle, e le due stelle segnate, con il nome.. Si fece aprire casa, bagnata dalla neve e dalla pioggia che poco prima era scesa, il padre la guidava da lassù.
Poi fu tutto veloce, l'attimo prima del paradiso, si girò verso la strada innebbiata, infangata, innevata, annacquata, profumata e alzò gli occhi al cielo, le nuvole per due secondi uscirono dal palco scenico, e un arcobaleno, di mille colori le si piazzò di fronte. Infilò la mano dentro la borsa, prese la macchina fotografica, si sdraiò sulle scale, e fece uno scatto: "Ciak!" , chiuse gli occhi e perse il respiro per qualche secondo, quella foto, le entrò in ogni tessuto del suo corpo, e ancor di più le entrò profondamente, quasi a formare una cicatrice, nell'Anima. Improvvisamente si rigenerò, e tornò a vivere quella strana parte di lei, ormai morta. "Di quella, voglio che tu ne faccia un dipinto" L'anima le comandò o la voce dell'inconscio?
E così fece. Salì nella sua stanza, piena di libri, di spartiti, un violino buttato all'angolo, un piano al centro. Un cavalletto con una tela bianca, come la bruma del mare, se non più, pronto per essere intaccato, di peccato o di purezza solo lei poteva saperlo. Aprì la finestra, per far entrare la luce opaca delle nuvole sulla stanza, e inizio a stuzzicarsi la cicatrice.. le cicatrici, gli scatti. All'anima, dell'anima, profondi.
Tocchi, piacevoli, come dita sui violini, sui piani, soffici, morbidi, veloci ma morbosi, impazienti di sfornare capolavori d'artista.
Prese i colori, li mise sulla tavolozza, si armò tutto il necessario. Faceva tutto con un tatto magico, incantato. Mani d'arte, muovevano dita d'arte, di piacere, di rumore silenzioso, dentro il cuore. Occhi chiusi, mani dentro al petto, conficcate come pali, e dipingeva con l'anima e con il sangue delle cicatrici:blu, rosso, nero, viola, giallo, rosa. A dirotto scendeva, intingeva ad occhi chiusi e stendeva come fosse un manto d'erba, fresco e profumato. Verde, come la natura, profondo, come il mare abissale. Sudava profumi d'erba, dolcissimi e amarissimi.. ma pur sempre buonissimi.
Soffiava una brezza gelida, i capelli legati erano intrappolati ancora nelle goccie di pioggia, e non si fermava dipingendo. Sulla punta delle ciglia, che sembravano quasi bruciate, colava vernice rossa, era ovunque, era arcobeleno, stupendo e indomabile. Era indomabile. Come fuoco.
Il colore che colava ovunque, come fosse un quadro appena creato che viene bagnato. I colori colano.
Finì che era notte fonda, sudata, coprì il suo duro lavoro con un telo e chiuse a chiave la stanza.
Si buttò in vasca. La riempì di oli e profumi essenziali, mise sul bordo delle creme che avrebbe usato una volta asciutta, e intanto aspettava che la vasca fosse piena di schiuma e acqua, per immergersi dentro senza pensieri e angoscie. Preparò il suo accapatoio blu sulla sedia, con i vestiti puliti. E dopo qualche minuto, si immerse, come sottofondo Yann Tiersen: magia indomabile, calma spaziale.
La vasca era grande e spaziosa, c'era posto per altre tre persone. Profondità fino alle sue ginocchia. I colori che aveva indosso, si sciolsero subito diventando bianco e confondendo il caldo con il freddo, le braccia all'infuori, rilassamento totale, un'ora così non aveva paragoni. Il bagno una sauna, lei il vapore. Uscì che sembrava una dea, si asciugò e si mise all'azione sul corpo, profumato in pochi attimi, i capelli asciugati con cura cadevano a comando come e quando volevai lei. Era un fiore di loto, delicatissimo. La pelle delicata, gli occhi..
Si avvolse nel telo, asciugò i capelli, e andò a dormire. Riaprì la stanza, il letto a destra, pronto ad accoglierla. Il quadro immobile, coperto dal telo. La finestra chiusa, il freddo.
Si fermò al centro della stanza, diede un rapido sguardo a tutto ciò che la circondava, e si diresse senza paura verso la finestra chiusa, la aprì e prese con i polmoni tutto ciò che riuscisse a respirare quel nasino piccolo, sentiva la notte dentro sé, e fu subito stanca.
Si addormentò con tutti i pensieri in sobbuglio. Sognò, tanto, tantissimo.
E mentre si rigirava nel letto fresco sognava, il letto faceva da mare.. si agitava in mezzo al mare, senza nessuno che chiedeva aiuto, affogava ma nessuno la sentiva, nessuno.. All'improvviso una barchetta sudicia, le si avvicinò, una mano la prese da sott'acqua e la porto sulla barca. Mano di un uomo, forte e robusta che si schiantò con forza sulla sua per prenderla e potarla di nuovo, alla luce. Per la prima volta, ne rimase incantata, gli occhi neri dell'uomo, parevano bianchi per la luce che emanavano, i capelli mossi gli incorniciavano il volto, ramati. La creatura più bella che avesse mai visto. Un dio, sceso da chissà quale pianeta per venirla a salvare.
"Sento che con te, mi aprirò come ancora non ho fatto con nessuno". Non ci aveva mai parlato, eppure nel sogno, disse la frase più importante che il suo essere poteva percepire:aprirsi, agli altri, ad un uomo poi, come non aveva fatto con nessuno. Darsi. Completamente a qualcuno, e fidarsi.
La fece sdraiare sulla barca, la asciugò per bene, la curò, le tolse l'anima la pulì e gliela fece rindossare.
Miracolo.
Si sedette vicino a lei, lei si accovacciò su lui, voleva protezione, le mani tra i capelli, e anche nel sogno fu un attimo. La baciò.
Si svegliò sudata, il respiro corto, non ne voleva sapere di ristabilizzarsi. Sentì le labbra umide, strane.
Sentì l'uomo, la presenza, poi di nuovo assenza di una passione remota. Prese sonno e continuò a sognare. Quello che passo in quella notte, dal momento della fine di quel sogno, fu tutto sfocato e intricato. Riprese sonno, e rivide il volto dell'uomo, poi vide il suo, poi il respiro, l'affanno mentre cadeva a mare, la sopresa per la salvezza. Ma tutto sfocato, come intorpidito. Forse rifiutava tale possibilità, forse mai prima d'ora aveva preso in seria considerazione gli uomini. Forse perchè si era resa conto che erano tutti uguali, forse perchè per lei, mai nessuno sarebbe stato in grado di starle vicino come lei volesse e forse era lei, dopo tutto, a non dare la possibilità di farsi guardare dentro. Il suo oceano era innavigabile perchè non dava i mezzi, quelli necessari, per navigarci. Così tanti segreti, tante cose chiuse a chiave nel cassetto, e poi i desideri.
La luce che traspareva dalle finestre la accecò a tal punto da permettere agli occhi di aprirsi, e così si svegliò. Con movimenti vellutati si alzò, con grazia, senza neanche pensarci, un tocco, due tocchi, tre. E il letto era come nuovo, come se quella notte, avesse dormito fuori.
Passò accanto al quadro e si diresse verso la finestra, per aprirla, per sentire aria.
Il sole sparì per lasciare spazio, ancora una volta, al grigio delle nuvole.
Prese poi coraggio e scoprì il suo dipinto: era stupendo, con dei colori vivissimi.
Quel giorno regalò le due stelle alla madre, si commossero entrambe, la madre aveva una gioia indosso pari a quella di un bimbo al parco giochi per la prima volta. Un momento unico dove non servono né parole dette né scritte. Serve solo ascoltare e immaginare, solo immaginare e ascoltare e felicitarsene.
La sera uscì, lasciò la madre a casa con sua zia: parlavano e ridevano, felici dentro e fuori. E lei uscì.
Nel cuore la speranza di incontrare qualcosa, qualcuno che le facesse ricordare il sogno. Cercava quella sensazione di benessere che nel sogno aveva avuto.
Era ancora giorno, il cielo coperto.
Un giubbotto, dei capelli legati in modo alternativo, occhiali da vista, per coprire la verità con il vetro.
Passi cadenzati, ma che rapiscono. La luce sempre più forte.
Si sedette su una panchina in mezzo a un parco bellissimo. Si intravedeva la strada. Le persone in bicicletta le passavano davanti. Vedeva negli occhi di tutti, una strana noia: la noia verde la chiamava, verde perchè anche la natura a volte le sembrava annoiata, un po' abbattuta. Mente astratta.
D'improvviso sentì un rumore enorme, un incidente, due feriti, si alzò correndo verso le strada tutti chiamavano aiuto, le ambulanze. Precipitata sul posto, vide schiantato a terra, l'uomo del sogno. Così, forse era destino, forse un caso, forse già sapeva. Sentì un enorme senso di impotenza, lì. Eppure era così carica di spirito, di magia. Si sentiva in dovere di fare qualcosa per quell'uomo. Arrivarono le ambulanze, e tra urla e schianti di dolore, gli uomini furono portati all'ospedale, lei si intrufolò prepotentemente nell'ambulanza dove l'uomo stava, si chinò verso lui, gli prese le mani e se le porto al petto. Ebbe una visione, un dej-vù. Lasciò cadere le mani, di colpo sedendosi accanto a lui. Il comportamento strano, che lei non si sarebbe mai aspettata di avere, specialmente nei confronti di un uomo, di quell'Uomo! Era entrata, forse, nel circolo vizioso dell'uomo, dell'umanità?
Oh, sperava di no ma forse ci credeva perchè vedeva la realtà. Si sentiva un po' dannata, destinata a questo.
"Infondo sono come tutti, non ho niente di speciale". Pensava. Sbagliava, ma non lo sapeva.
Pianse durante la corsa per l'ospedale, le condizioni dell'uomo peggioravano, non si diceva ma si percepiva nell'aria. Quell'uomo doveva essere il completamente della sua luce o era lei a completare quella creatura tanto apparentemente magnifica e surreale quanto viva?
Lo desiderava, come si desiderano le cose che hai paura di perdere o che sai che mai potrai avere.
Il desiderio tormentato di chi sa che quello che desidera non l'avrà mai. Sperava non fosse il caso suo, sperava forse, che lui con la madre, sarebbero state le due persone - e solo quell'uomo e la madre- che avesse amato durante la sua vita.
Lo amava di un amore leggero, impalpabile e probabile.
La faccia segnata dal soffrire lungo e luttuoso dell'uomo, faceva annerire anche il suo corpo.
Entrò nella stanza dell'ospedale dopo qualche ora, dopo una operazione delicatissima al cuore:proiettile.
Capì, non era un incidente:qualcuno lo voleva finito.
Ma l'importante è che ora era in salvo. Lo avevano salvato.
Lei stava bene, lui ancora dormiva nel letto, sotto farmaci.
Prese una sedia e la mise accanto al suo letto, si sedette e con il telefono avvisò la madre che per quella notte non sarebbe rientrata a casa per stare in ospedale perchè qualcuno di speciale si era fatto male, e lei stava al suo posto.
Apettava con pazienza, il risveglio di un uomo che avrebbe potuto procurarle altre migliaia di cicatrici di seta.
Ma l'uomo di svegliarsi non voleva saperne. Passarono due lunghissimi mesi, per guardare avanti e vedere tutte le risposte alle sue domande.
Guardare lontano: era quello che voleva fare da tempo.
Ed era strano come una persona sconosciuta possa trasmetterti una sensazione di pre-morte, così, d'improvviso, senza avvisi le era piombata l'idea della morte indosso. Immaginava quel che poteva vedere l'uomo, strascichi di oscurità e cerchi pieni di luce per inondare la speranza e spezzare gli affani. Magari l'anima ansimava o era più libera:chiudere gli occhi già era un messaggio che l'anima recepiva come via libera, pian piano.. inizia a fuori uscire e tu senza accorgertene ti ritrovi svuotato e pieno allo stesso tempo..
Poi aprì gli occhi, delicatamente, come fosse stato risvegliato da un incantesimo. Subito si rese conto di dove si trovava e cosa faceva quella ragazza lì seduta: se l'era immaginato così il suo angelo custode.
E infine aprì gli occhi lei, che si credeva vigile e pronta, dormiva, stava male. Nel suo letto, al suo fianco, un uomo.
Gli occhi fissi su lei, blu, bianchi, neri erano insiemi.
E sprofondò nell'abisso nero. Nero ed eterno. Come lei:Donna Eterna.
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