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Gioa di vivere

Soffriva di perdite di memoria, adorava usare questo come scusa. Poteva chiedere infinite volte il suo sguardo, lui forse. Lui l'avrebbe fatto. E non ci sarebbero state solo parole, ma vento e sputi di ricordi un po' ovunque. A lui piaceva fare cose strane, piaceva sedersi ed aspettare che lei parlasse nonostante sapesse e conoscesse la sua loquacità. Pietre di ferro, create apposta per una lapidazione platonica, cadevano sui loro cervelli bruciati. C'erano droghe leggere usate con sapiente pesantezza, e lui voleva solo altri giorni. Altri soli e lune. Quando taceva, batteva ripetutamente il dito destro sul braccio sinistro. Era ritmo da non perdere, per discorsi ermetici come loro. Incelofanati in allegorie alle Nietzsche, in piccole parole balbettate. Si raccontavano sogni, esperienze tanto passate da strisciare agonizzanti ai loro piedi. Erano solo ricordi. Non sarebbero tornati. E sapevano che un giorno anche loro sarebbero diventati tali l'uno per l'altra. Ma i sassi di ferro continuavano a rotolare, c'era ancora tempo prima del silenzio sulle labbra. C'era ancora un po' di. Gioa di vivere.

 

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