In una notte buia sento fremere dentro incertezza e malumori.
Dalle caviglie sale lento il cigolio antico dei miei passi incerti.
Alle orecchie mi giunge il tintinnare delle chiavi al mio rientrare tardi la sera.
Gli occhi si inumidiscono col passare dei secondi del grande orologio sulla mensola verde.
Mi ricorda i rintocchi del cuore.
Quando immobile attendevo un tuo lamento o un tuo sorriso.
Lesta lascio il mio letto, scendo le scale e mi ritrovo davanti al frigorifero.
So che stanotte sarà la solita notte.
Io di fronte al cibo.
Io che aprirò buste, disferò pacchi, scuoterò bottiglie.
Io ammaliata da sempre dal niente mi riempirò del tutto che troverò.
Berrò latte a litri.
Prima a piccoli sorsi. Poi con vogliosa frenesia mangerò un biscotto, poi un altro e poi la scatola intera.
Guarderò negli occhi la pasta avanzata dalla cena.
La fisserò come fossi un bambino alle prese con la televisione.
La mangerò ma come con tutto il resto, non la gusterò.
E poi tonno, fagioli, burro, merendine, pane, nutella e ancora tonno.
Le ore delle sfinimento arriveranno puntuali.
Arriverò alla porta del bagno come fossi una ladra.
Poserò la testa sul lavandino e attenderò la forza e la rabbia crescere insieme.
Svuoterò me stessa dalle angustie del tempo mi ripeto ogni volta.
Ma come sempre lascerò cadere giù quello che del cibo ingoiato rimane.
Poltiglie d'affetto si mescolano agli avanzi di una mangiata inattesa.
Di una mangiata non voluta.
Gli occhi dallo sforzo si tingono di un rosso esperto e cupo.
Mi si rompe un capillare. Ma questa è abitudine.
Racconterò del freddo in centro domani ai miei.
Le mani piene del mio dolore ora le asciugo con lo scorrere feroce dell'acqua.
La mia pelle è disidratata, i miei capelli secchi, i miei occhi lampade di fuoco, la mia pancia gonfia come le coscie e le ghiandole del collo gonfie.
Muovo un passo per poi tornare indietro.
Muovo un pensiero per poi sopprimerlo violentemente.
Pregherei ne se ne avessi la capacità.
Ne parlerei con qualcuno se solo trovassi il coraggio.
Calpesto il mio corpo con abbuffate irrisorie.
Spesso non vomito dopo aver mangiato.
Trattengo il troppo. Non lo lascio straripare fuori dai bordi.
L'auto controllo lo raggiungo. Ma solo dopo aver scombinato i piani.
Solo dopo essermi nutrita molto piu del necessario mi fermo e rifletto.
Alle volte devo rimettere per trovare la pace.
Tutto un turbinio di violenze e carezze fasulle è il mio tempo.
Dormirei tutto il giorno cullata solo da un silenzio profondo.
Lascerei scorrere i giorni lasciandoli vivere agli altri per me.
Non chiederei nulla a nessuno se non essere lasciata sola.
Rimango interdetta davanti alla normalità degli altri.
Come fanno tutti a vivere la vita come andrebbe vissuta?
Perchè gli altri hanno voglia di alzarsi la mattina e io no?
Perchè per me il momento in cui tutto si spegne è il momento migliore e non per gli altri?
Depressione la chiamerebbe un medico.
Mal di vivere forte e chiaro aggiungerei io.