Nella sua sana razionalità, come dice parlando di lui R. La Valle, Ernesto Balducci, nelle sue opere e nelle sue relazioni, parlava di un uomo inedito, un uomo nuovo che sperava sarebbe emerso dal processo evolutivo della storia umana. Quest'uomo non sarebbe stato più lupo all'uomo, ma, dell'uomo, amico e fratello. La guerra sarebbe entrata nell'era preistorica e il mondo non sarebbe stato più il luogo di conflitti, tensioni, competizioni, ma il luogo d'incontro fra uomini solidali nella costruzione di una società liberata e regolata da una democrazia non formale e imperfetta ma sostanziale e compiuta.
A chi gli contestava questa speranza, definendola utopica, Balducci rispondeva: o un mondo così o nessun mondo. Le parole non erano esattamente queste, ma questo il concetto. E parlava di realismo dell'utopia.
Vivendo questo momento tragico della storia umana mi chiedo se la speranza di un profeta come Balducci sia definitivamente morta. Sarebbe terribile, apocalittico. Bush ha parlato di guerra preventiva ed infinita. Preventiva. Infinita. Due parole che, a breve o a lungo termine, sono in grado di fermare non l'evoluzione della storia, ma addirittura di porre fine alla storia e, con essa, a tutta l'umanità.
Tempo fa lessi un ironico e profondo articolo di Benni. Immaginava Bush e Blair rimasti soli in un mondo distrutto. E non erano desolati, ma, con le armi in pugno, scrutavano l'immensa devastazione per assicurarsi che non ci fossero più nemici. La scena è paradossale, ma i due potenti uomini mi appaiono come la metafora di un mondo ricco e potente che considera la parte povera e debole come una nemica che mette in pericolo il suo stile di vita e la sua sicurezza e che, quindi, va combattuta. Essa è il male che va estirpato in nome della democrazia e della libertà. E', questa, un'operazione di stravolgimento della verità che lascia allibiti.
Tornando al realismo dell'utopia di Balducci, mi sembra non del tutto improbabile che l'umanità si auto
Conoscete il Commercio Equo e Solidale? È una forma alternativa di commercio basata su una logica opposta a quella del libero mercato che libero non è perché basato sulla legge del massimo profitto, costi quel che costi. E il cosiddetto libero mercato costa moltissimo, esattamente 40 milioni di morti, per fame, ogni anno.
Stanno tutti del Sud del mondo, un Sud che sopravvive e muore avendo a disposizione il 20% delle risorse del pianeta mentre il Nord, tutto l'occidente, dispone dell'80% di risorse. Questo iniquo rapporto è garantito dal WTO
(Organizzazione mondiale del commercio) che protegge le multinazionali con leggi capestro per i paesi in via di sviluppo che meglio sarebbe chiamare impoveriti dall'Occidente prima attrsverso la conquista territoriale ed ora attraverso la colonizzazione economica. Basti pensare che i grandi latifondi del Brasile sono tenuti a pascolo o adibiti alla coltivazione di frutta esotica mentre i Paesi del Terzo Mondo sono costretti a comprare i cereali dall'America a prezzi altissimi fissati a Londra e Chicago. Il Commercio Equo e Solidale (Comes) vuole aiutare i Paesi sfruttati. non con aiuti economici che, quando arrivano vanno a finire nelle tasche delle oligarchie locali, ma acquistando prodotti dei Paesi poveri a prezzi mediamente superiori del 30% a quelli pagati dalle multinazionali. Sono prodotti di largo consumo come il the e il caffè che sono buonissimi. Il caffè è in prevalenza
qualità arabica al 100%. In Italia ci sono più di 250 Botteghe del Comes che si chiamano Botteghe del Mondo. Sono quasi tutte gestite da volontari che prestano la loro opera gratuitamente. Oltre ai prodotti alimentari potete trovare in queste Botteghe un artigianato proveniente dall' Asia, dall'Africa, dall'America Latina.
Il Comes non risolve il problema della fame ma, oltre al valore di testimonianza,
costituisce un piccolo ma concreto aiuto ai piccoli produttori del Sud organizzati in Cooperative. Un esempio per tutti: L
La funzione era finita. I fedeli, uscendo col loro preziosissimo fuoco, formavano una scia di lucciole mollemente traballanti ma di inspiegabile resistenza.
Si alzò con il suo cero spento in mano e aiutandosi col bastone si avviò all'uscita; il pullman non avrebbe tardato molto ad arrivare.
<<Professore, non accende il cero?>>
<< A dire il vero sono qui per motivo del tempo, ma tu chi sei?>>
<<Sono stato un suo alunno, non mi riconosce?>>
<<Ah sì? E come ti chiami?>>
<<Rossi professore.>>
<<uhmm... mi ricordo di un Rossi al Corridoni: era una vera peste, svogliato e piantagrane e pure somaro anche se dotato di una memoria fuori del comune... Si chiamava... si chiamava...>> fu solo per non dargli importanza e anche per controllare meglio l'accelerazione improvvisa del suo cuore che finse quell'aria da vecchio smemorato; in realtà ricordava benissimo il suo nome e tutto il resto.
<< Enrico, si chiamava Enrico, già professore sono io >>. Rispose l'altro con prontezza accennando un impacciato inchino.
<< Ah! Giovanotto, non posso dire che mi venga un accidente perché già mi è venuto, come tu stesso avrai ben notato, ma se tu sei quel Rossi mi viene da pensare che l'Onnipotente ha operato in te una sorta di miracolo. Che ci fai qui, non sarai mica diventato buono?>>
<< Faccio accoglienza in parrocchia e altre piccole cose un po' dove capita. Mi dia il cero, glielo accendo io... Sono cambiato sa professore, come rinato.>>
<< Allora ripeto a te quanto ho detto prima a una vecchia signora che mi ha dato del "figliolo" : è inutile che io accenda questo moccolo per portarlo a casa, si spegnerà inevitabilmente, per forza di cose.>>
<< Vecchia signora la Maria? Ah professore la sua vista è davvero un disastro e poi lei dà del
" figliolo " a tutti, nessuno escluso.>>
Senza accorgersene aveva incominciato ad ascoltare qualcosa di nuovo tra le panche di una chiesa ormai semivuota, qualcosa che gli suonava come un lontano s
Oggi ricorre l'anniversario della nascita di un grande scrittore e grande uomo. Vorrei ricordarlo in una sua veste meno conosciuta. quella di pedagogista. Nel 1859 Tolstoj aprì una scuola proprio a Jasnaja Poliana dove era nato e che faceva parte dei beni di famiglia. L'impostazione della scuola richiama la pedagogia di Rousseau, fondata sulla libertà dell'educando, ma c'è una grande differenza.
Rousseau elabora una teoria, Tolstoj fa pratica educativa. La sua scuola è fondata su una libertà "estrema". I ragazzi entrano nella scuola quando vogliono e quando vogliono ne escono. Non portano libri, non sono costretti ad ascoltare lezioni. Acquisiscono le conoscenze attraverso le esperienze che si fanno nella scuola, attraverso il dialogo fra loro e il maestro il quale è disponibile a fare lezione se i ragazzi lo chiedono. Tolstoj che, ricordiamolo, si era convertito al Vangelo dal quale aveva assorbito la lezione dell'amore e della nonviolenza, fa un'importante distinzione fra istruzione ed educazione. La prima è legittima, la seconda no. Nessuno ha il diritto di formare una persona secondo un suo modello di uomo. "Il diritto di educare non esiste"- dice.
E prosegue: " Lasciate che i bambini decidano da sé qual è il loro bene.
Essi lo sanno non peggio di voi. Lasciate dunque che si educhino da se stessi e che segnino la via che essi stessi sceglieranno." Nonostante queste affermazioni che risentono del nichilista che Tolstoj era stato, egli fu un educatore: con il suo esempio, la sua cultura, le sue esperienze, la sua sensibilità sociale. Volendo essere coerente con la sua sequela del Vangelo aveva donato tutte le sue terre ai contadini.
Penso che la migliore forma di educazione sia l'esempio e il rispetto di chi si vuole far crescere. "L'anima è il più alto ideale - dice Tolstoj - Essa è inviolabile: può essere vinta solo da chi la rispetti: dall'amore".
Nota: questo testo è stato scritto il 29 agosto 2005
Ogni giorno seduto sul divano guardo la televisione e nei miei occhi scendono le lacrime vedendo gli orrori di bombardamenti tra Palestinesi e Israeliani, vedo anche guerre nel continente Africano, nel continete Asiatico, in Armenia, e non passa neanche un minuto che un nuovo conflitto scoppia in qualche paese.
E mi chiedo: "Ma cosa frulla nella testa a quelle persone per decidere queste carneficine, essi adoperano le persone, i vecchi, i bambini come degli animali mandati al macello."
No, la mia mente non può capire tutto ciò, e mi sforzo di trovare una ragione valida perchè tutto ciò accade, ma senza trovare nulla che mi dia una risposta concreta alle mie domande.
Allora chiudo gli occhi e mi sembra di vedere la colomba bianca che portava l'ulivo dopo il diluvio universale a Noè annunciando la pace.
Riapro gli occhi e mi accorgo che nulla è cambiato, tutto rimane come prima, vedo solo una nera figura che impugnando una falce semina morte e distruzione.
Allora il mio cuore si apre e si rivolge a Dio chiedendogli con la mia preghiera di aiutarmi a poter far qualcosa per chi soffre, e di cercare nell'immensità del suo cielo
quella colomba bianca che reggeva nel suo piccolo becco l'ulivo, affinchè su questa meravigliosa terra possa regnare insieme a Dio anche un po di pace.
Sette del mattino. È lunedì di un uggioso novembre.
La testa mi scoppia, ho gli occhi gonfi, l’umore tenta di svincolarsi e liberarsi da un’ingombrante apatia e inquietudine.
Non ho dormito, il pensiero continuo e divorante va alla nostra ultima telefonata. Mi è arrivata addosso la sua voce rauca e stanca e una pungente sfiducia mista ad accettazione. Ha detto che al suo ritorno dal viaggio di lavoro avremmo dovuto parlare di noi. Non facciamo altro ultimamente.
“ … anche se Giorgio cerca di convincerti che avrete un futuro insieme, stai certa che non lascerà sua moglie. Non si sposa mai l’amante Mara, mai... ” mi dice sempre mia madre, col suo solito modo diretto e il tono preoccupato per il mio entusiasmo adolescenziale verso quella relazione.
Non la ascolto, sono frasi che si dicono in queste circostanze ma non è il mio caso, io e Giorgio siamo così innamorati, uniti dalla passione, dalla complicità, abbiamo ancora l’espressione inebetita dei primi appuntamenti e ci diciamo le frasi insensate prese dal linguaggio degli amanti, sentiamo il bisogno di viverci, di accoglierci!
Già penso a come avrei arredato la casa in cui saremo andati ad abitare in primavera. Con sua moglie sono separati in casa da mesi, vivono in due ali distinte dell’abitazione e lui passa ogni momento libero con me.
Ma quale amante!
Io sono la donna che lui ama. Non sono l’incontro di due volte a settimana, a cui non è permesso un futuro insieme. Mi ha sempre presentato a tutti come la sua donna. Non devo fare altro che aspettare che ottenga il divorzio.
Da qualche settimana, però, fatico a proseguire accanto a lui, mi impiglio sempre più spesso nei suoi mille impegni, nei ritmi di vita forsennati, inciampo nel suo umore intrattabile. .
La complicità prosegue con qualche attrito, la passione ha perso il bagliore accecante di un tempo.
Sette e quindici. Mi scrollo da questi mesti pensieri che possono di diventare grigi nuvoloni sulla mia giornat
L'idea del lumino che ardeva incustodito nella stanza di sotto accanto all'ingresso, lo svegliava nel cuore della notte.
Una assurda paura unita alla strana sensazione di minore solitudine lo spingevano ad andare a controllare quella piccola fiammella.
"Non è bene- pensava - sottovalutare un fuoco. Anche se pur lontana ed improbabile, la possibilità
di un incendio è sempre in agguato: una sola scintilla può causare danni impensabili." Chissà, forse mentre egli stava ancora pacifico nel letto, un ritorno di fiamma era già in atto; magari le tende sintetiche da quattro soldi accanto al cero stavano già ardendo e tra breve le fiamme avrebbero intaccato anche il crocefisso che si era portato da Medjugorje.
Che idea portarsi un crocefisso!
Tutti compravano Madonne di ogni fattura e colore, lui no!
Lui aveva voluto comprare un crocefisso e pure grande tanto da riempire quasi una parete: perché se una croce doveva portare, voleva portarla a casa quasi sulle spalle e voleva parlarci con quel Gesù, a tu per tu, da uomo a uomo. Voleva chiedergli il perché di quel tumore al cervello che lo stava rendendo quasi cieco e perché sua moglie lo aveva abbandonato proprio nella malattia e non aveva atteso che fosse stata la morte a separarli, come insegna il sacramento.
Voleva sapere perché il giudice era stato così poco illuminato da assegnare alla sua ex l'appartamento in città comodo su un piano, con tutti i servizi a portata di mano e di cui ancora stava pagando il mutuo, mentre a lui, quasi invalido e malato, aveva assegnato la casa colonica ereditata dai genitori lontana dal paese, isolata, scomoda e pure un po' cadente. E anche dei figli voleva chiedergli, del perché se ne vanno senza curarsi di chi li ha cresciuti, come se l'amore fosse solo discendente e mai il contrario.
Quante cose voleva dire a quel Gesù ma in realtà non ci parlò mai, anzi se poteva evitava di entrarci in quella stanza dove aveva riposto tutte le sue scart
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