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Racconti sulla pace

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Le case

Le case sono le tane degli uomini. Ci sono da quando esiste l'uomo. Erano grotte, prima, poi palafitte. Erano e sono rifugi. Sono calde nicchie d'amore, ma possono essere anche luogo di scontri, qualche volta di tragedie.


Mi piacciono, le case. Le guardo con l'occhio di un'appassionata dell'architettura. Le case rinascimentali di Firenze, armoniche nelle linee e nei volumi, mi trasmettono serenità e la gioia della bellezza. Quelle erano le case dei ricchi. Le case dei fattori non erano case di ricchi, ma nemmeno di poveri. Avevano ( oggi molte si sono trasformate ) un fascino particolare. Sobrie ma eleganti. Nella cucina c'era sempre una vecchia madia dove la fattoressa impastava la farina per il pane e per le sportelline da servire agli ospiti con il vinsanto.
Dalla preistoria ad oggi, l'uomo ne ha inventati di tipi di case! Ville, condomini, villette a schiera, case in montagna e case al mare. Ed ha moltiplicato il suo desiderio di case. C'è chi ha una casa in città, una al mare e un'altra in montagna. E c'è chi ha otto o dieci case. Esagerato! Qualcuno le case in eccedenza le affitta, altri preferiscono tenersele tutte,
magari per lo sfizio, una volta ogni tanto, di farci una bella festa elegante, con signore e signori eleganti, un buffet ricco ed elegante. Tutto elegante. Qualcuno ha case anche all'estero, nella Grande Mela o nel mitico Brasile. Case eleganti a Manhattan o a Rio de Janeiro.
Ma le case non si possono moltiplicare senza toglierle a qualcuno oppure deturpando splendidi paesaggi. Nella Grande Mela è crescente il numero degli Homeless, i senza casa e in Brasile, a Rio e non solo a Rio, ci sono le favelas. ( Che bel nome! Evoca le favole ). Ma le favelas non sono favole, sono incubi. Accatastate sulle colline, sono costruite con materiale di fortuna: cartoni, pezzi di lamiera, tetti strani che non proteggono niente. E fogne a cielo aperto. Quelli che abitano nelle case eleganti forse non alzano mai lo sguardo alle colline e, se lo alzano,

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Profeti di speranza: Arturo Paoli

Nel suo libro "Prima che l'amore finisca" R. La Valle ha detto che la minaccia dell'estinzione del genere umano a causa della tragica situazione planetaria dominata dalla violenza, dal culto del denaro e del potere, dalla militarizzazione dei territori, dai conflitti in atto e dalla devastazione ambientale, non si realizzerà fino a che ci sarà l'amore, l'amore per tutta la comunità umana.

Di donne e uomini colmi di un amore che li spinge a vivere con i poveri, come i poveri, ce ne sono tanti. Io li chiamo Profeti di speranza e vorrei trovare le parole adeguate per parlare di uno di loro: A. Paoli D'accordo con l'economista Susan Geoge, Paoli è convinto che il neoliberismo è un sistema che uccide milioni e milioni di persone e che uomini e donne di buona volontà, credenti e non credenti, debbano unirsi per opporsi e sconfiggere, con la nonviolenza attiva, questo mostro che si traveste da progresso, da portatore di benessere. Benessere di chi? Di un quinto dell'umanità. E gli altri quattro quinti? È stato documentato che questi quattro quinti valgono meno di una mucca il cui allevamento ha un costo che varia (da Paese a Paese) dai 2 ai 5 dollari al giorno. La stragrande maggioranza dei quattro quinti vive con 1 dollaro o meno di 1 dollaro al giono. Ma torniamo ad Arturo Paoli. È nato nel 1912 a Lucca. È stato dirigente dell'Azione cattolica giovanile; poi ha conosciuto i Piccoli Fratelli della Congregazione di P. Charles de Foucauld ed è diventato uno di loro. Ordinato sacerdote nel 1938, nel 1959 parte per l'America del Sud. Vive in comunità in Argentina e in Venezuela e infine si ferma in Brasile, a Foz de Jguacu, un luogo bellissimo che attira molti turisti. Ma Arturo non è un turista, Non ama la beneficenza. Vuole giustizia. Per realizzarla si mette subito all'opera, sostenendo le lotte dei contadini che reclamano la fiforma agraria. Ha condiviso con loro momenti molto duri quando hanno occupato le terre ed hanno dovuto fronteggiare i poliziotti sc

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Una colomba bianca

Ogni giorno seduto sul divano guardo la televisione e nei miei occhi scendono le lacrime vedendo gli orrori di bombardamenti tra Palestinesi e Israeliani, vedo anche guerre nel continente Africano, nel continete Asiatico, in Armenia, e non passa neanche un minuto che un nuovo conflitto scoppia in qualche paese.

E mi chiedo: "Ma cosa frulla nella testa a quelle persone per decidere queste carneficine, essi adoperano le persone, i vecchi, i bambini come degli animali mandati al macello."

No, la mia mente non può capire tutto ciò, e mi sforzo di trovare una ragione valida perchè tutto ciò accade, ma senza trovare nulla che mi dia una risposta concreta alle mie domande.

Allora chiudo gli occhi e mi sembra di vedere la colomba bianca che portava l'ulivo dopo il diluvio universale a Noè annunciando la pace.

Riapro gli occhi e mi accorgo che nulla è cambiato, tutto rimane come prima, vedo solo una nera figura che impugnando una falce semina morte e distruzione.

Allora il mio cuore si apre e si rivolge a Dio chiedendogli con la mia preghiera di aiutarmi a poter far qualcosa per chi soffre, e di cercare nell'immensità del suo cielo
quella colomba bianca che reggeva nel suo piccolo becco l'ulivo, affinchè su questa meravigliosa terra possa regnare insieme a Dio anche un po di pace.



Racconti di un altro Brasile

La segnalazione e la recensione del libro "Gli occhi e il vento. Racconti di un
altro Brasile", fatte da ADISTA, mi hanno fatto ricordare PioCampi, figura
eccezionale, inserito in un gruppo di persone straodinarie. Ve lo presento.

La segnalazione e la recensione del libro "Gli occhi e il vento. Racconti di un altro Brasile", fatte da ADISTA, mi hanno fatto ricordare Pio Campo, figura eccezionale, inserito in un gruppo di persone straordinarie. Ve lo presento.


Lo Spazio Culturale "Vila Esperança" nasce nel 1989 a Goiás, in Brasile, dallo sforzo comune di Pio Campo e Robson Max De Oliveira Souza, all'epoca novizio del locale monastero benedettino. Robson, racconta Campo, già da tempo faceva teatro con le prostitute e i bambini di strada a Belo Horizonte e fu il primo a concepire l'idea di uno "spazio" rivolto ai tanti piccoli abitanti della zona per offrire loro quelle opportunità di crescita, gioco e relazione che spesso una realtà sociale e familiare intrisa di miseria e violenza negava loro. A muovere il progetto, dunque, semplicemente il "desiderio di seminare momenti tranquilli e magici nella vita dura dei nostri bambini".
Oggi Vila Esperança è una realtà consolidata e avviata, grazie a chi vi lavora da anni, ai tanti bambini e adolescenti che vi sono passati e all'aiuto esterno del gruppo di italiani che ne sostengono le attività tramite la Rete Radié Resch. La "Vila", entità privata, offre un servizio pubblico e gratuito, e ospita una scuola materna, una ludoteca, un asilo nido e attività artistiche di vario genere, molte delle quali, come la danzaterapia, incentrate su una valorizzazione della corporeità a fini terapeutici e relazionali. Nel volume, Campo ci offre, a partire da ricordi, riflessioni e esperienze personali, uno spaccato di quindici anni della sua vita: "A farmi crescere - dice - non sono state le parole, ma i momenti in cui ho potuto guardare la diversità e lasciarmi interrogare".
Questo è uno stralcio della rece

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I Sustrano La saga 1 Cionni la voce

"Ma ti ricordi Cionni, Cionni Scalzino?
"Minchia, quello dalla voce stridula che voleva fare il cantante lirico nonstante fosse sconsigliato da tutta la famiglia!"
"Si, lui, proprio lui. Frustrato da questo diniego ha incendiato teatri, chiese con cori, scuole di musica, come ritorsione, un cane sciolto
"Cane, si con tutto il rispetto per il cane che quando abbaia è più intonato
"Fu escluso dal primo provino all'età di sei anni a "Nemici", il noto talent scout organizzato da qualla famiglia calabrese...


"Mi ricordo... marunna, li fece fuori con un falso petardo di quelli piccoli, per la fine dell'anno, finiti tutti sbruciacchiati. Ma insomma, ancora libero è ? È un vero pericolo per l'organizazione e per il mondo dela musica in generale. Ne ha parlato male di lui anche la Tautini, vinictrice di non so quanti premi internazionali. Se lo trovò nudo dopo un concerto, che si credeva tra l'altro un sex simbol, e lei lo freddò con l'estintore proprio lì, nonostante le sue innocenti intenzioni di chiedergli un parere sulla sua voce.
"Innocenti?! Che carattere Cionni, un mito, nonostante tutto


"Insomma, e quella volta che andammo a fare quel lavoretto eliminando Billi Terrazzino...
"Si... che appena lo vide, pur di non sentire un suo acuto si buttò dal Terrazzino del suo garage, prendendo la mira per spaccarsi la testa, pur di non subire la tortura canora
"Che classe, l'unico che ha compiuto i suoi lavoretti senza mai usare un arma, a parte quella propria della sua voce
"E noi che con lui per le esecuzioni, giravamo sempre con le cuffie quelle anti-rumore dai martelli pneuamtici...


"Che son rimasto sordo dall'orecchio destro, mi tolsi la cuffia distrattamente, e non aveva finito l'esecuzione... dove lanciava acuti lui i bicchieri di cristallo invece di frantumarsi, scappavano prima con un qualsiasi pretesto. Mi ricordo un bicchiere una volta dire "Ragazzi andiamo in cucina a farci di nuovo lavare, qui si mette male.
"Ma insomma, come è fi

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   0 commenti     di: Raffaele Arena


All'ombra della grande quercia

Sono qui, ad occhi chiusi, sdraiata sotto questa grande quercia.
Sento il rumore del fogliame maestoso, smosso da un venticello che non disturba ma fa compagnia... allieta... distende, è la migliore delle musiche. Sento alcuni raggi del sole che mi scaldano e anche se non vedo nulla dato che tengo gli occhi chiusi, sono sicura che il mondo è tutto intorno a me. Mi godo e assaporo appieno questi istanti di tranquillità, sento di essere viva, di essermi solo fermata, ad ascoltare il mio respiro e i rumori della natura, come non si fa mai di questi tempi.
Mi sento parte del tutto. Se dovessi morire vorrei che fosse adesso. Nella pace dei sensi, e nella pace di questo micro scorcio di mondo e di universo; all'ombra di questa grande quercia, vecchia di decine e decine di anni... sa cose che non può raccontare ma le sa, è saggia, mi infonde tranquillità e protezione, potrebbe garantirmi l'eternità. Il mio corpo dimenticato qui da tutti e ritrovato da nessuno, potrebbe reinserirsi nel ciclo della vita e vivere ancora, entrerebbe a far parte della terra, le radici della quercia potrebbero arrivare ad assorbire il mio non essere e portarlo fino in cima alle sue fronde, rigogliose, verdi, fresche, offrendomi una visuale del cielo meglio di quanto qualsiasi religione possa prospettarmi. E non smetterei di esistere neppure quando le foglie lascerebbero il loro posto ad altre più nuove.

   3 commenti     di: cristiana melis


Canti per la pace.

Sono andata a sentire un concerto di Moni Ovadia. Tema: "Canti per la pace". Mi aspettavo canti più o meno conosciuti e, andando al teatro, cercavo di richiamare alla mia memoria quelli che conosco.
Ovadia mi ha spiazzato. Quello che ha sentito una sala affollatissima è stata una straordinaria operazione culturale. Moni Ovadia è cantante e attore, nato in Bulgaria da una famiglia ebraica. Parla un italiano perfetto e colto. Ha introdotto i canti che lui stesso, insieme ad altri cantanti, ha interpretato. Ha spiegato che i canti delle tre culture monoteiste, quella cristiana, quella ebraica e la musulmana sono splendidi esempi di reciproca, feconda contaminazione ed ha negato con pacatezza, ma con forza che lo scontro di civiltà che l'odierno pensiero unico dominante vorrebbe accreditare, è una menzogna. Le tre culture, nonostante le persecuzioni e le intolleranze, nel corso dei secoli hanno sempre convissuto pacificamente incrociandosi e fecondandosi a vicenda.
Lo spettacolo è stato una testimonianza di quanto affermato da Ovadia.
L'orchestra, il Theatrum Instrumentorum, è formata da strumenti tipici delle tre culture: violino, percussioni, cennamella, rebab, oud, viella, flauto da tamburo. Le voci sono di italiani, serbi, croati, palestinesi. I canti, bellissimi, evocano suoni orientali, iberici, italiani. I temi vanno dall'amore alla preghiera, dallo scherzo alla meditazione coranica. La sintonia tra strumenti, voci, gesti è di un rigore matematico, ma anche di un calore sconvolgente. La voce di Faisal Thaer, palestinese, ha un'ampiezza di registro incredibile: passa dai toni acuti a bassi profondi, sostenuti a lungo.
Merita una sottolineatura l'abbigliamento maschile e femminile, ispirato anch'esso alla bellezza delle diversità: dal severo grigio allo scintillio di scialli rossi, gialli, turchini, agitati in sintonia con il ritmo dell'orchestra.
Il pubblico ha capito il messaggio e, con l'insistenza degli applausi, ha richiamato più volte i cant

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